Salute sessuale e riproduttiva della donna con disabilità: un approccio ostetrico

di Simona Lancioni*
Da una recente Tesi di Laurea in Ostetricia, emerge un quadro in cui le donne con disabilità intellettiva lieve hanno scarse o confuse conoscenze nella sfera sessuale, in materia di anatomia, di prevenzione di gravidanze e infezioni, ma anche di prevenzione oncologica. Mentre poi la maggioranza delle ostetriche interpellate considera inadeguata la formazione ricevuta in materia di disabilità, le principali difficoltà riscontrate in gravidanza dalle madri con disabilità sono state l’incompetenza e la mancanza di empatia di alcuni operatori, nonché la scarsa accessibilità delle strutture
Pablo Picasso, "Donna seduta sulla spiaggia", 1937
Pablo Picasso, “Donna seduta sulla spiaggia”, 1937, Musée des Beaux Arts de Lyon

«Ho deciso di esplorare il mondo della salute sessuale e riproduttiva della donna disabile da un punto di vista ostetrico perché, se di per sé la disabilità rappresenta un tabù, i binomi sessualità-disabilità e genitorialità-disabilità sono spesso considerati ossimori. L’ostetrica è, per eccellenza, il professionista sanitario che si prende cura della salute della donna e per questo deve essere in grado di occuparsi anche di quella delle donne disabili, in équipe con altri professionisti quando necessario»: Isabella Coppola illustra così le motivazioni che l’hanno indotta a preparare la sua tesi di laurea in Ostetricia sul tema Approccio ostetrico alla salute sessuale e riproduttiva della donna disabile [come abbiamo riferito a suo tempo, anche «Superando.it» ha avuto il piacere di collaborare alla realizzazione di questo studio, N.d.R.]. Richiama poi il Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’Ostetrica/o (approvato con il Decreto Ministeriale 740/94), e cita il Codice Deontologico – «l’ostetrica/o sostiene la salute globale nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e si impegna alla cooperazione per contrastare le diseguaglianze nell’accesso alle cure e promuovere la salute riproduttiva e di genere, nel mondo» (articolo 2.13), e ancora: «l’ostetrica/o tutela la dignità e promuove la salute femminile in ogni età, individuando situazioni di fragilità, disagio, privazione e violenza […]» (articolo 3.1) – per concludere che «spetta quindi anche alle ostetriche contribuire all’eliminazione di tutte quelle barriere, architettoniche e non, che caratterizzano la vita delle donne disabili, permettendo la loro piena realizzazione e garantendo un’assistenza adeguata e competente nel corso di tutta la vita [grassetti nostri nelle citazioni, N.d.R.]».

Questo lavoro di tesi ha perseguito due scopi principali: da una parte indagare il tema della salute sessuale e riproduttiva delle donne disabili, dall’altra l’atteggiamento delle ostetriche nei confronti della disabilità.
La raccolta dati è stata effettuata esaminando i database dell’attività ostetrica dell’Ospedale Filippo del Ponte di Varese, relativi agli anni 2002-2012 (le pazienti con disabilità sono state arruolate sulla base dell’anamnesi patologica, includendo solo le disabilità clinicamente rilevanti o invalidanti), e attraverso tre questionari appositamente predisposti.

Il primo questionario era teso ad indagare le conoscenze in materia di salute sessuale e riproduttiva di donne con disabilità intellettive, per confrontarle con quelle di donne senza disabilità. Le donne con disabilità che hanno partecipato sono state contattate coinvolgendo diciannove tra Centri Diurni Disabili e Centri di Formazione Professionale della Provincia di Varese e delle zone limitrofe. I criteri di inclusione utilizzati sono un’età compresa tra 15 e 44 anni e un grado di disabilità intellettiva lieve o moderato, al fine di ottenere risposte attendibili; un questionario con gli stessi contenuti è stato somministrato anche a un campione di donne non disabili, arruolato attraverso un social network, utilizzando come unico criterio di inclusione un’età compresa tra 15 e 44 anni.
Il secondo questionario è stato rivolto invece a ostetriche/ostetrici al fine di raccoglierne le esperienze e le opinioni in tema di assistenza alle donne disabili.
Il terzo questionario, infine, è stato creato per raccogliere le esperienze di gravidanza di donne con disabilità, considerando sia le gravidanze portate a termine sia quelle interrottesi spontaneamente o volontariamente.
I risultati dell’indagine sono considerevoli sia numericamente che qualitativamente. In questo nostro approfondimento abbiamo scelto di concentrarci su alcuni elementi scaturiti dalla somministrazione dei tre questionari che mettono in luce significative criticità.

Al primo questionario, dunque, hanno risposto 30 donne con disabilità di età compresa tra i 15 e i 44 anni, mentre il gruppo di controllo era composto da 75 donne non disabili di età compresa tra i 15 e i 28 anni.
Il 70% delle donne disabili (contro il 33,33% delle altre donne) non sa come viene effettuata una visita ginecologica. Il 33,33% di esse (contro l’1,33% delle donne non disabili) non sa a cosa serve un’ecografia. Il 66,67% delle donne disabili (contro il 34,67% del gruppo di controllo) non riconosce tra due elenchi di organi del corpo quali siano quelli esclusivamente femminili. Il 33,33% delle donne disabili (contro lo zero delle altre donne) non sa cosa sia un rapporto sessuale. Il 46,67% delle donne disabili (contro lo zero del gruppo di controllo) non sa che si possono prendere delle malattie avendo rapporti non protetti. Il 56,67% delle donne disabili (contro nessuna donna non disabile) non sa come si fa a rimanere incinta, né che esistono dei modi per non rimanerci (63,33%, contro il 2,67% delle altre donne); nel dettaglio, tre donne disabili pensano che si rimanga incinta «acquistando un test di gravidanza», una «innamorandosi». Il 33,33% di queste donne non sa come nascano in bambini. Il 76,67% delle donne con disabilità non ha mai sentito parlare di Pap Test, e nessuna di esse sa a cosa serva. Il 33,33% di esse non ha mai sentito parlare della mammografia, sono invece il 70% quelle che non sanno a cosa serva. Il 33,33% non sa cosa sia un tumore. Il 70% di loro non è mai stata dal ginecologo; molte di loro non sanno cosa voglia dire avere un rapporto sessuale protetto (83,33%), manifestano un desiderio di maternità (76,67%) e hanno ricevuto le maggiori informazioni su queste tematiche dalla scuola (80%).

Al secondo questionario hanno risposto 125 ostetriche, delle quali 73 (58,4%) hanno prestato assistenza a donne con disabilità (in maggioranza donne con disabilità sensoriale).
«63 ostetriche (86,3%) – si legge nello studio di Isabella Coppola – hanno personalizzato l’assistenza in base al tipo di disabilità e 64 (87,7%) si ritengono soddisfatte della propria assistenza. Ciononostante, 43 (58,9%) hanno sperimentato disagio e difficoltà nel rapportarsi con la donna. 50 (69,4%) ritengono che le donne disabili non ricevano un’assistenza adeguata dal periodo preconcezionale fino al puerperio e 111 (88,8%) sostengono che il personale ostetrico dovrebbe essere supportato da professionisti in materia di disabilità [grassetti nostri nella citazione]».
Sul fronte della formazione in àmbito di disabilità una maggioranza schiacciante afferma di non avere mai partecipato a corsi di formazione/convegni sul tema (93,6%), di non considerare adeguata la formazione ricevuta durante tutto il percorso formativo (92%), di avere comunque le competenze necessarie a fornire un’assistenza appropriata (76,8), e di essere interessate ad ampliare le proprie conoscenze (98,4%).
E ancora, per quanto riguarda le opinioni personali, il 99,2% delle ostetriche ritengono che le donne con disabilità debbano essere informate su tutto ciò che riguarda la sessualità e la possibilità di procreare perché sono donne a prescindere dalla loro disabilità; il 54,4% pensano che sia giusto che le donne disabili abbiano figli qualora lo desiderino, il 44% che dovrebbero averli solo se la disabilità fosse esclusivamente fisica, mentre per l’1,6% ritengono che le donne disabili non dovrebbero procreare.

Attraverso il terzo questionario, infine, sono state raccolte, come detto, le esperienze di gravidanza di 10 donne con disabilità (9 di tipo fisico e una di tipo mentale). Alcune di esse hanno avuto più di un figlio (per un totale di 18 gravidanze).
«In relazione al ruolo di mamma – scrive Coppola -, metà delle donne credevano di non esserne all’altezza a causa della loro patologia e per questo due di esse non volevano avere figli».
Il 40% ha incontrato difficoltà nell’effettuare le visite ostetriche (a causa dell’inaccessibilità del lettino ginecologico e degli spazi stretti, della scarsa attenzione prestata dagli operatori, delle spese da sostenere e a causa della propria patologia, rara e sconosciuta agli operatori), e sostiene di non avere ricevuto un’assistenza adeguata in gravidanza.
Per quanto concerne infine l’assistenza ostetrica in travaglio, parto e puerperio, solo 6 di esse sono state coinvolte nelle decisioni riguardanti loro e il loro bambino.

Alcune osservazioni conclusive. Il lavoro di tesi di Isabella Coppola, pur portando a risultati che non possono essere estesi alla popolazione generale (i diversi campioni utilizzati non sono stati selezionati con criteri probabilistici), ha confermato molte criticità, in linea con quanto risulta dalla scarna letteratura sul tema.
Qualcuno potrebbe pensare che tali difficoltà siano imputabili alla presenza della disabilità; che, ad esempio, le scarse o confuse conoscenze nella sfera sessuale, in materia di anatomia, di prevenzione di gravidanze e infezioni, e di prevenzione oncologica riscontrate nelle donne con disabilità intellettiva lieve siano una conseguenza di questo tipo disabilità. Ma questo, semplicemente, non è vero. Vero è che se queste donne avessero ricevuto un’educazione sessuale adeguata alle loro esigenze (per linguaggi, per supporti e per modalità di apprendimento), non sarebbero così impreparate, così sguarnite, così inconsapevoli. Vero è anche che le principali difficoltà riscontrate durante la gravidanza dalle madri con disabilità coinvolte nell’indagine sono state l’incompetenza e la mancanza di empatia di alcuni operatori, nonché la scarsa accessibilità delle strutture… vale a dire aspetti non afferibili alla presenza della disabilità, ma all’inadeguatezza del personale e dell’ambiente ad accogliere e ospitare le donne con disabilità.
Solo assumendo questa prospettiva possiamo sperare di migliorare l’accessibilità, la qualità e la sicurezza dei servizi sanitari, non solo quelli ostetrici.

Il presente approfondimento è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa) (con il titolo “Approccio ostetrico alla salute sessuale e riproduttiva della donna disabile”) e viene qui ripresa, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione. Come già ha fatto il Centro Informare un’h, anche la nostra testata ringrazia sentitamente Isabella Coppola per avere autorizzato la pubblicazione del testo della sua tesi.

A questo link è disponibile il testo integrale della Tesi di Laurea di Isabella Coppola , intitolata Approccio ostetrico alla salute sessuale e riproduttiva della donna disabile (relatore Maurizio Serati, Corso di Laurea in Ostetricia, Scuola di Medicina, Università degli studi dell’Insubria, Anno Accademico 2015-2016).

Per approfondire ulteriormente il tema:
° La pagina
Donne disabili: gravidanza e maternità, curata dal Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).
° La pagina Donne disabili: corpo, ginecologia e sessualità, curata anch’essa dal Gruppo donne UILDM.
° Coordinamento del Gruppo Donne UILDM, Il Comitato ONU richiama l’Italia sulle questioni di genere e disabilità, 20 settembre 2016 (ripreso con riadattamenti in «Superando.it», con il titolo Donne, disabilità e richiami dell’ONU).
° Tesi di Laurea di Eleonora Ciuffoni, Tutela del benessere ostetrico-ginecologico in donne con disabilità motoria: screening del cervico-carcinoma, contraccezione ed accesso ai servizi, relatrici Simona Sarta e Simona De Luca, Corso di Laurea in Ostetricia abilitante alla professione di Ostetrica/o, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Anno Accademico 2013-2014.
° Gruppo Donne UILDM, L’accessibilità dei servizi di ginecologia e ostetricia alle donne con disabilità. Rapporto di ricerca 2013, a cura di Simona Lancioni, Padova Gruppo Donne UILDM, 2013 (ripreso come sintesi e riadattamento in «Superando.it», con il tiolo L’accessibilità dei servizi di ginecologia e ostetricia).
° Tesi di laurea di Eleonora Sciascia, Assistenza dell’ostetrica e sessualità nelle donne disabili fisico-motorie, relatore Paola Vialetto, correlatore Mirella Di Martino, Corso di Laurea in Ostetricia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2012-2013.
° Tesi di laurea di Olympia Squillaci, Diritti Umani delle donne con disabilità e politiche di empowerment, relatore Paola Degani, Corso di Laurea Specialistica in Politica Internazionale e Diplomazia, Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2010-2011.
° Tesi di Laurea di Lucia Sciuto, Sostenere il diritto delle persone disabili alla genitorialità: servizi, competenze professionali, strumenti, relatore Andrea Martinuzzi, Corso di Laurea in Terapia Occupazionale, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2007-2008.

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