Una volta si chiamavano “notizie d’agosto”, per giustificare l’uso della carta e dell’inchiostro, altrimenti poco spiegabile. Ma ora siamo in luglio e di notizie gravi e gravissime siamo purtroppo strapieni e c’è soltanto l’imbarazzo della scelta.
Eppure, il desiderio di sensazionalismo è più forte e così leggiamo che si sta sperimentando un’automobile capace di muoversi da sola nel traffico e di raggiungere la sua destinazione. Fin qui nulla di nuovo, dato che questi studi sono ben conosciuti da parecchi anni e le applicazioni pratiche sono ostacolate da problemi di costi, più che da difficoltà tecniche. Ma la notizia mirabolante è che queste macchine in grado di muoversi da sole saranno “guidate” da ciechi, mediante corpetti vibranti che li indurranno a rallentare o ad accelerare e guanti speciali che daranno indicazioni di quanto dovrà essere girato il volante per non uscire di strada alle curve. Il tutto condito con “soffi di vento artificiale” per dar loro informazioni sulla realtà esterna…
Chi scrive non è un tecnico e quindi si esprime con molta cautela, ma, pur non sapendo risolvere delle equazioni differenziali, la semplice logica suggerisce qualche considerazione da uomo della strada. A quanto pare, nei prototipi già esistenti, i sistemi di bordo sono in grado di calcolare la traiettoria da seguire, la distanza da mantenere rispetto agli altri veicoli, la velocità da tenere in funzione del tipo di strada e del suo andamento e, sicuramente, le strade da percorrere per raggiungere la destinazione voluta, dato che questo è già fattibile oggi con un semplice navigatore satellitare da 180 euro.
Ora gli “scienziati” si sono inventati un sistema per comunicare al cieco tutti questi dati, in modo che egli prema sul freno o sull’acceleratore, giri il volante di poco o di molto, blocchi il veicolo in caso di pericolo. Ma che motivo logico c’è di inserire fra il computer – che acquisisce le informazioni esterne e calcola tutto ciò che è necessario al movimento sicuro dell’auto – e il servosterzo, il servofreno e tutti gli altri servomeccanismi di cui può essere dotata l'”auto-matica”, che utilità c’è, si diceva, di inserire un elemento quanto mai fragile, emotivo, lento nei riflessi, qual è un essere umano? Se la cosa è possibile e sicura, lasciate che il cieco si accomodi su un confortevole sedile e magari ascolti la voce del navigatore che, invece di dire «fra 100 metri svolta a destra», dica «stiamo a Via Veneto e fra poco raggiungeremo Piazza Barberini».
Esiste poi già la tecnologia di riconoscimento delle fisionomie che permetterebbe all’autista automatico di raccontare al passeggero cieco che all’ingresso dell’Hotel Excelsior ha notato lo splendido profilo della nota star di Hollywood…
Ma non è l’unico caso in cui il cieco viene preso come pretesto per coprire altri scopi scientifici o forse più che altro economici o, come altrove, per ottenere facili finanziamenti o vetrine prestigiose altrimenti irraggiungibili. Non si può certo asserire che sia questo il caso della “@-braille” [o “chiocciola-braille” che dir si voglia, N.d.R.], sulla quale si sa solo quel poco che è apparso recentemente su un quotidiano e che potrebbe essere effettivamente un sistema rivoluzionario per l’accesso dei ciechi alla messaggistica sul web [l’articolo cui si fa riferimento è stato pubblicato il 13 luglio scorso da «La Nuova Sardegna» ed è rintracciabile cliccando qui, N.d.R.]. Quel che è certo è che chi ha scritto il pezzo non ha reso un buon servizio al produttore, dato che, nel leggere il titolo Anche i non vedenti leggono le mail, molti degli appartenenti a questa categoria – proprio leggendo l’articolo pervenuto loro per posta elettronica insieme a centinaia di altri messaggi – si saranno fatte delle matte risate. Meno da ridere è la parte dell’articolo in cui il capo-software dell’inventore gli spiega, quasi lacrimando, la pietosa situazione del “povero cieco che deve ricorrere a qualcun altro per farsi leggere la posta elettronica”, dovendo rinunciare così alla sua privacy, senza però riflettere sul fatto che se il cieco ha un computer e un indirizzo e-mail, avrà anche un browser e una sintesi vocale o un display braille che gli legge i messaggi.
Già, perché insieme all'”acqua calda”, una ventina d’anni fa sono state inventate e poi prodotte e vendute in migliaia di esemplari le “barre braille”, mediante i cui punti a rilievo che si alzano e si abbassano, i pochi ciechi ancora esperti utilizzatori della scrittura braille leggono messaggi e romanzi o studiano matematica o informatica. Ma forse questo non lo sa neppure la «commissione voluta dal ministro Renato Brunetta, per riempire di contenuti il padiglione “L’Italia degli innovatori” all’Esposizione mondiale di Shanghai», come si scrive nell’artiolo citato e che ha incluso questa “novità” nello stand italiano.
C’è da augurarsi quindi che un articolo più completo e tecnicamente più esauriente chiarisca tutti i dubbi e ci apra prospettive migliori, anche sul piano dei costi.
*Presidente dell’ADV (Associazione Disabili Visivi).
Articoli Correlati
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…
- Sordocecità, la rivoluzione inclusiva delle donne Julia Brace, Laura Bridgman, Helen Keller, Sabina Santilli. E poi Anne Sullivan. Le prime quattro erano donne sordocieche, la quinta era “soltanto” quasi completamente cieca, ma non si può parlare…
- Il Disegno di Legge Zan e la disabilità: opinioni a confronto Riceviamo un testo dal sito «Progetto Autismo», a firma di Monica Boccardi e Paolo Cilia, che si riferisce, con toni critici, a un contributo da noi pubblicato, contenente due opinioni…