Come può un bambino che presenta deficit nella comprensione del linguaggio godere del piacere di una storia? Come può un bambino non verbale partecipare al racconto e poi esprimere il suo gradimento per un libro? Come può un bambino ipovedente apprezzare le immagini di un testo? E ancora, come possiamo intuire se un bambino con autismo si sta divertendo mentre sfoglia frettolosamente e con poca attenzione le pagine di un libro? È possibile misurare il piacere?
Queste domande interrogano quotidianamente noi educatori e ci portano a ripensare criticamente e costantemente la nostra disposizione educativa nella relazione con un bambino con disabilità e le nostre pratiche per istituire, all’interno di uno spazio di gioco, una “radura” dove potersi fermare e sostare per leggere, ascoltare, guardare o toccare una storia.
Lo Spazio Gioco dell’Associazione L’abilità di Milano, nato vent’anni fa, ha lo scopo di avvicinare e far vivere il piacere del gioco ai bambini con ogni tipo di disabilità di età tra i 2 e gli 11 anni.
A partire da questi interrogativi e dal presupposto che ogni bambino possa partecipare all’esperienza fondamentale e appassionante di una storia, abbiamo provato a pensare e a creare molteplici versioni di un libro, per consentire a ciascun bambino, a seconda dei suoi bisogni, di vivere il piacere di una storia.
La lettura del libro non è qui proposta in vista del raggiungimento di obiettivi didattici o riabilitativi, ma come esperienza che primariamente apre al “possibile”, all’opportunità di trasformare la realtà che può anche essere diversa da com’è, diversa dalla realtà invalidante della disabilità.
Una storia, come il gioco, si dispiega in molteplici forme, per aprire uno spazio e un tempo “extraordinario” dove il bambino con disabilità, nel benessere di un’esperienza adeguata alle sue capacità, possa oltrepassare i suoi limiti, conoscere mondi sconosciuti, assumere punti di vista differenti, riconoscere le sue emozioni, esperire il piacere che gli consente di aprirsi al mondo e a nuovi apprendimenti.
E se i bambini, nella maggior parte dei casi, non hanno le parole per raccontarci il loro vissuto, le emozioni e la loro esperienza legata alla lettura di una storia, possiamo fare il tentativo di restituire delle immagini che mostrano i segnali di piacere, spesso impercettibili, dei bambini e che possono essere colti dalla postura attenta, sensibile, predisposta all’ascolto e al silenzio delle educatrici.
Un sorriso, uno sguardo attento e concentrato, le braccia che fanno lo sforzo di allungarsi e le mani che provano a raggiungere un materiale piacevole, gli occhi che guardano ciò che le mani toccano, il tono muscolare rilassato, un bambino che riesce a rimanere seduto, un bambino che sceglie di giocare con un libro, costituiscono per noi il rimando positivo alla proposta di una storia.
Vi è dunque il libro tradotto con i simboli della CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa), che permette ai bambini con deficit di comprensione e attenzione, di partecipare attivamente, capire la storia e condividere la lettura con altri bimbi.
I libri tattili o uno story box – una scatola dove sono riposti gli elementi concreti della storia – possono essere invece proposti ai bambini ipovedenti e a quelli che faticano a focalizzare lo sguardo sulle immagini: l’oggetto concreto, infatti, facilita l’assimilazione e l’elaborazione dell’esperienza percettiva.
Infine, la lettura animata con il Teatro Kamishibai* offre ai bambini un’esperienza inedita e affascinante: essi assistono incantati allo spettacolo, lasciandosi rapire dalle immagini, dalla voce, dai gesti di chi narra. E attendono impazienti la ripetizione della storia.
Per concludere, abbiamo sperimentato, con alcuni bambini con disabilità intellettiva, un dispositivo interattivo, realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano, che ha permesso loro di immergersi nella realtà virtuale e aumentata della storia, per rendere l’esperienza più interessante e stimolante e per incrementare le competenze necessarie ad accostarsi ai libri in maniera adeguata e soddisfacente.
*Usato originariamente dai cantastorie giapponesi, il Teatro Kamishibai ha le sembianze di una valigetta di legno. La parola “Kamishibai” significa “teatro di carta”, perché non si anima con i soliti burattini o animali di pezza, ma al suo interno vengono inserite delle tavole con i disegni che raccontano la storia. Le immagini e i disegni colorati che “scorrono” all’interno del teatro sono accompagnati dalla voce dell’educatore-narratore che anima la storia (per approfondire, accedere al sito dell’Associazione L’abilità).
Pedagogista e coordinatrice dello Spazio Gioco dell’Associazione L’abilità di Milano.
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