Parecchie criticità in quella Proposta di Legge del Friuli Venezia Giulia

di Lorenza Vettor*
«Il Consiglio Regionale del Friuli Venezia-Giulia - scrive Lorenza Vettor, vicepresidente della FISH Friuli Venezia Giulia (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) - ha approvato nei giorni scorsi la Proposta di Legge recante “Principi generali e disposizioni attuative in materia di accessibilità”, ma pur riconoscendo che essa fornisce delle linee di intenti finora assenti, riteniamo che la stessa sia, sotto molteplici aspetti, alquanto generica e che non tenga conto di alcuni punti per noi viceversa fondamentali»
Pittogrami sull'accessibilità
Una serie di pittogrammi riguardanti persone particolarmente interessate al concetto di accessibilità

Il 13 marzo scorso, il Consiglio Regionale del Friuli Venezia-Giulia ha approvato la Proposta di Legge n. 253 (Principi generali e disposizioni attuative in materia di accessibilità). L’arrivo del testo alla nostra Federazione [FISH Friuli Venezia Giulia-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, N.d.R.] solo pochi giorni prima non ci ha dato modo di approfondire quanto esso meritava e soprattutto di aprire un fattivo confronto come avremo voluto. E in ogni caso, pur riconoscendo che la normativa fornisce delle linee di intenti finora assenti, riteniamo che la stessa sia, sotto molteplici aspetti, alquanto generica e che non tenga conto di alcuni punti per noi viceversa fondamentali, che qui di seguito riassumeremo brevemente.

Anzitutto, il mancato richiamo, in sede di Definizioni (articolo 2, lettera a), all’articolo 2, lettera g) del Decreto Ministeriale 236/89 («Per accessibilità si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia»). Noi riteniamo che siano fondamentali i concetti di sicurezza e di autonomia ivi formulati, poiché sanciscono il principio per cui a qualsiasi persona dev’essere assicurata la possibilità di potersi muovere da sola e agevolmente. Osserviamo inoltre che accanto alle persone con disabilità non vengono considerate quelle con ridotta mobilità, come ad esempio le persone anziane.

Nemmeno concordiamo, poi, con la definizione che sempre all’articolo 2, ma alla lettera b), viene data di «adattabilità»: se essa, infatti, può valere per l’edilizia residenziale privata, altrettanto non può dirsi dopo la ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – per altro recentemente fatta propria dalla Regione Friuli Venezia Giulia [se ne legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.]non essendo compatibile con l’articolo 9 della Convenzione stessa (Accessibilità). Infatti, mentre se è accettabile che un’abitazione privata possa facilmente diventare accessibile solo nel momento in cui viene acquistata da o locata ad una persona con disabilità, l’area o l’edificio pubblico (così come la struttura privata aperta al pubblico), proprio perché devono per loro stessa natura essere fruibili da chiunque, devono essere accessibili fin dall’inizio.

E a proposito di fruibilità, la definizione che ne dà l’articolo 2, lettera h) è, a nostro avviso, alquanto imprecisa, poiché confusa con l’accessibilità: la fruibilità – riteniamo infatti – è un’ulteriore specificazione rispetto all’accessibilità, che ne forma il presupposto. In altre parole, un museo è accessibile se la persona con disabilità può entrarvi da sola, circolare per i locali ed eventualmente fuggire in caso di emergenza; diventa anche fruibile se gli oggetti sono posti ad altezza compatibile con le persone su sedia a ruote o – per i non vedenti – se vi sono oggetti da toccare o riproduzioni, descrizioni vocali o mappe tattili ecc.

Rimanendo ancora a livello di definizioni – ma è facile comprendere come queste siano importanti ai fini dell’applicazione pratica della norma – osserviamo che trattando di barriere architettoniche, l’articolo 2, lettera e) non menziona espressamente (pur riportandone la nozione, quando parla di «mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi») le barriere senso-percettive.
Rileviamo altresì che detta definizione – presente sia nel DPR 503/96 (Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici) sia, con identico testo, nel già citato Decreto Ministeriale 236/89 per l’edilizia convenzionata e per le strutture private aperte al pubblico – era stata accolta nella bozza di nuovo Regolamento Unificato per il settore pubblico e privato, elaborata a suo tempo presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, constatando però che negli anni di vigenza della succitata normativa regolamentare, il concetto di barriera architettonica è stato quasi sempre limitato alle barriere fisiche e, nel caso delle strutture private aperte al pubblico, la dimenticanza delle barriere senso-percettive è avvenuta nel 100% dei casi.

E ancora, ci lascia alquanto perplessi la previsione di cui all’articolo 7, comma 1, ove si recita: «La progettazione finalizzata al miglioramento dell’accessibilità dello spazio aperto e dell’ambiente costruito è realizzata in una logica di risultato prestazionale, non vincolata da rigide prescrizioni tecniche, lasciando al progettista la possibilità di proporre soluzioni alternative, ugualmente percorribili, purché atte a riscontrare i criteri di progettazione di cui all’articolo 4». Non viene lasciata troppa discrezionalità al progettista, ci domandiamo?

Proseguendo con l’analisi, pur salutando favorevolmente l’istituzione di un «centro unico di riferimento regionale per lo svolgimento di attività di formazione, raccolta della documentazione, diffusione dell’informazione e consulenza gratuita in materia di accessibilità», facciamo notare che non è prevista la partecipazione, nelle decisioni generali, delle Associazioni di e per la tutela delle persone con disabilità, in applicazione dell’Articolo 4.3 della Convenzione ONU e del conseguente principio del Nulla su di Noi, senza di Noi.
Auspichiamo inoltre anche l’inserimento – a livello di organismi di carattere consultivo – dell’Osservatorio sul monitoraggio della Convenzione, sulla cui istituzione la presidente della Regione Serracchiani ci ha assicurato la sua collaborazione, in un recente incontro di cui si è occupato anche il presente giornale.

In conclusione, poiché sono parecchie le criticità che abbiamo rilevato, confidiamo che in un prossimo futuro vi sia una maggiore e più efficace comunicazione e collaborazione tra la Regione Friuli Venezia Giulia e la FISH Friuli Venezia Giulia, così da rispondere tempestivamente alle necessità delle molte persone con disabilità che ivi si trovano.

Ringraziamo sentitamente Giulio Nardone per l’indispensabile apporto dato nella stesura del presente contributo.

Vicepresidente della FISH Friuli Venezia Giulia (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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