E se ci fosse un disabile in ogni amministrazione locale?

Intervista a Stefano Viglione*
Si tratta chiaramente di una provocazione, fatta però nella consapevolezza che in ambito di politiche sociali e di attenzione alle persone che vivono un disagio fisico o psichico, sia necessario l’impegno di quelle realtà locali che sono più vicine ai cittadini, appunto le Amministrazioni Comunali. Ed è proprio partendo da quella provocazione che Dorotea Maria Guida - cittadina adottiva di Mondovì (Cuneo) - ha intervistato Stefano Vigliano, sindaco di quella città e persona con disabilità

Stefano Viglione, sindaco di Mondovì e anche campione di sci per disabiliDi recente ho ascoltato lo sfogo della mamma di una ragazza spastica che amareggiata mi raccontava di diritti basilari negati, di pregiudizi malcelati, di ausili sempre più costosi e alla fine – a denti stretti e con molto sarcasmo – ha avanzato l’ipotesi per la quale dovrebbe esserci una persona disabile presso ogni famiglia affinché tutti possano condividere problematiche sempre più difficili da affrontare quando le amministrazioni sono distanti e quando le leggi non vengono attuate.
Parafrasando le parole di quella madre, lanciamo una provocazione: e se ci fosse una persona disabile nell’ambito di ogni Amministrazione? Lo diciamo perché siamo consapevoli del fatto che in ambito di politiche sociali e di attenzione alle persone che vivono un disagio fisico o psichico, sia necessario l’impegno di quelle realtà locali che sono più vicine ai cittadini, appunto le Amministrazioni Comunali.
Stefano Viglione è il primo cittadino di Mondovì (Cuneo), disabile a causa di un incidente. Il quarantenne amministratore del capoluogo del Monregalese – del quale anche chi scrive è cittadina adottiva – ha conquistato i suoi concittadini già nelle fasi della candidatura a sindaco, confermando poi, dopo la nomina nel 2007, il suo modo di essere vicino alle persone, affermando cioè il fatto che un buon sindaco deve avere la capacità di ascoltare e di farsi interprete delle esigenze del cittadino, dichiarando in più occasioni e testualmente che «la mia porta è fin d’ora aperta per chi ha necessità di sottopormi i suoi problemi».
Ed è stato così anche per noi che abbiamo trovato piena disponibilità quando con slancio abbiamo chiesto di poter rivolgere alcune domande al Sindaco, laureato in economia, sposato e padre di una bambina. Siamo stati quindi ricevuti con garbo e gentilezza nello studio, al primo piano del Palazzo Comunale e abbiamo originato un breve momento di ilarità quando abbiamo lanciato la nostra provocazione iniziale. (Dorotea Maria Guida)

Signor Sindaco, e se in ogni amministrazione ci fosse una persona disabile?
«Sicuramente vivere con un handicap comporta una visione diversa, più attenta, circa le problematiche sociali. Una persona disabile matura più sensibilità in ogni contesto e riesce a dare un contributo diverso alle molteplici difficoltà che la gestione di un’Amministrazione comporta. Da parte mia considero questa maggiore sensibilità e attenzione come un bagaglio personale, in quanto il mio impegno, come primo cittadino, si evince a prescindere dall’essere parte in causa di un problema quale la disabilità. Infatti, non ho mai favorito un progetto più di un altro, ma sono stato sempre obbiettivo nella risoluzione di ogni piano di lavoro».

Potrebbe raccontarci qualcosa di lei?
«Mi piace raccontare la mia vita ripensando a un evento che ha profondamente influenzato il mio modo di pensare e di vedere le cose, ossia l’aver trascorso, all’età di sedici anni, un anno di studi negli Stati Uniti. Un anno nel quale ho avuto la possibilità di condividere altre culture, permettendomi di ampliare le mie vedute mentali. Ho continuato poi gli studi in Italia, conseguendo il diploma e recandomi ancora una volta all’estero, questa volta in Inghilterra, per arricchire il mio patrimonio di conoscenze.
Studi e arricchimento culturale hanno avuto un’improvvisa interruzione quando, a ventun anni, ho avuto l’incidente che mi ha reso paraplegico. Quell’evento malaugurato ha favorito, in seguito, un percorso di crescita personale. I momenti di difficoltà non sono mancati, ma, in seguito, mi hanno permesso di maturare e di apprezzare le cose belle della vita, di dare importanza a determinati valori».

Quali sono i traguardi ottenuti per i quali è più orgoglioso?
«Sono stato sempre fiero di ciò che ho realizzato, perché ho sempre cercato di soddisfare tutti con la stessa determinazione, attenzione e sensibilità in ogni settore. Ma se vogliamo necessariamente prendere in considerazione un progetto che mi ha regalato particolari soddisfazioni, ricordo che nell’ambito dell’incarico come giovane assessore alle Politiche Sociali e Giovanili del Comune di Mondovì, nel quadriennio dal 1998 al 2002, ho portato alla realizzazione una nuova struttura di assistenza diurna per persone disabili e un centro di aggregazione giovanile con annesse sale prove musicali».

Cosa auspica di realizzare ancora per i suoi concittadini?
«Mi piacerebbe far crescere sempre di più questa comunità che vive e lavora con impegno. Elevare il benessere delle persone che vivono nella mia città, migliorare gli standard culturali, sociali e politici dei monregalesi. Ottimizzare i servizi alla persona, investendo energie nel settore della sanità e della scuola».

Le è mai capitato di essere vittima di pregiudizi a causa della sua condizione? E ha mai avuto problemi nell’ambito del suo lavoro?
«I pregiudizi, in genere, ci sono, ma nell’ambito di Mondovì sono fugati; è diverso se ripenso a vent’anni fa, al mio ritorno in società dopo l’incidente, quando avvertivo attorno a me una sorta di perplessità generalizzata.
Negli anni Novanta era quasi insolito – anche per una realtà emancipata come questa – vedere una persona disabile in sedia a rotelle darsi da fare, partecipare a iniziative, promuovere eventi, impegnarsi a tutto campo. Alle volte si palesavano ipocrisie evidenti, pregiudizi nei primi approcci, ma mai così significativi.
Ritengo che una persona disabile non debba vivere “da disabile”, ma cercare di vivere dimostrando a se stesso e agli altri che si può avere una vita piena, fatta di lavoro, affetti, socializzazione, interessi di vario genere e sport».
Verissimo, lo sport! Stavamo quasi per dimenticare che lei è anche un valente atleta con un invidiabile palmares di vittorie e piazzamenti nella disciplina dello sci alpino per disabili, che l’ha vista aggiudicarsi il Campionato Italiano di Slalom nel 2005…

Ci congediamo dunque dal sindaco Viglione, augurandogli di ricoprire altri importanti incarichi politici, come è accaduto per altre persone con disabilità, quali l’ex ministro Antonio Guidi, la deputata Ileana Argentin o Mirko Tomassoni, già reggente della Repubblica di San Marino.
Ma Viglione, ringraziandoci per l’augurio, ci precisa che i suoi traguardi politici sono avvenuti tutti per caso, non rincorsi affannosamente, non ricercati allo spasmo, ma conseguiti attraverso la buona condotta, la dedizione al lavoro, il costante impegno, tutte qualità essenziali richieste ad ogni comune cittadino.

*Intervista realizzata per conto dell’Associazione Prodigio di Trento e qui ripresa per gentile concessione.

Share the Post: