Bisogna lavorare per abbattere soprattutto le barriere mentali

Intervista a Giovanni Viola*
«Più delle stesse barriere architettoniche pesano le barriere mentali e la stupidità, perché tutto quanto concerne la disabilità è ancora visto con occhi diversi». Sono parole di Giovanni Viola, consigliere della Prima Municipalità di Messina, persona con disabilità in carrozzina dalla nascita, a causa di una distrofia muscolare, secondo il quale, tuttavia, «non ci si deve mai arrendere, anzi è necessario "trascinare masse" affinché tutti insieme si possano superare proprio le barriere mentali»

Giovanni «Gianni» Viola è stato votato dal 50% circa degli aventi diritto nel suo paeseIl Sud Italia, la Sicilia, la mia terra! Luoghi incantevoli per trascorrere le vacanze, ma i diritti? L’applicazione delle leggi? Le pari opportunità, la disoccupazione alle stelle, la criminalità? Tutte queste domande senza risposta o con le risposte che non vorremo mai sentire, fanno in modo che quando si parla del Sud si scuota la testa. Senza futuro, senza speranza, io stessa che lavoro presso un’ASL del Piemonte. E invece, quando meno ce l’aspettiamo, saltano fuori buoni esempi, caparbietà e tenacia incredibili.
Conosco Giovanni “Gianni” Viola da tanti anni. Tra conterranei, poi, è più facile legare. Abbiamo “lavorato” dietro al monitor dei nostri computer per far crescere un sito internet che si occupa di problemi di disabilità e dopo anni lo ritrovo ad occuparsi egregiamente di politica, con l’impegno indomito per il progresso della sua città, Messina, che come altre è suddivisa in quartieri o circoscrizioni.
Gianni Viola è stato eletto nella prima circoscrizione comprendente alcuni paesi e insieme ad altri diciassette consiglieri, dipende dal Comune di Messina. Il loro ruolo è propositivo con delle segnalazioni e mozioni. Nelle riunioni deliberano e il tutto viene poi sottoposto al sindaco e agli assessori. Un ruolo che può sembrare semplice e tuttavia quei diciotto consiglieri sono posti all’anello di congiunzione tra il Cittadino e la Pubblica Amministrazione, ovvero i primi conoscitori del territorio, sempre a contatto con il pubblico.
Ho fortemente voluto che Gianni ci raccontasse qualcosa di sé, della sua vita, del suo lavoro e del suo instancabile impegno per i suoi concittadini. Ecco che cosa ci ha risposto. (Dorotea Maria Guida).

Gianni, potresti raccontarci qualcosa di te?
«Ho 43 anni e sin dalla nascita sono su una carrozzina a causa di una forma di distrofia muscolare. Sono un tipo abbastanza socievole, mi piace scherzare e sorridere insieme agli amici. Vivo in un paese in provincia di Messina. Ho tanti hobby, tra cui il computer, e sono anche radioamatore».

Come sei approdato a rappresentare i tuoi concittadini e qual è la carica che ricopri?
«L’idea di candidarmi è nata quasi per gioco. Come appunto dicevo, abito in un piccolo paese che non offre nulla, dove purtroppo l’andamento della vita costringe ad allontanarsi e a vivere in città, dove si ha tutto a portata di mano. Questo ha fatto scattare in me la voglia di far rinascere questa comunità e di riportare la vita agli splendori degli anni passati.
Come punto di partenza era necessaria una spinta a livello politico, per garantire la considerazione necessaria come paese, e per fare questo serviva una persona che cercasse di riunire un po’ tutti. Essendo io conosciuto e apprezzato in tutto il paese, la scelta è ricaduta su di me: ho messo tutti d’accordo, rappresentando uomini, donne, anziani, persone svantaggiate. Ho quindi ottenuto il 50% circa dei voti tra gli aventi diritto nel mio paese, risultato sperato quanto inaspettato.
Ecco, questa è in breve la storia che mi ha condotto fin qui. Insieme ad altre preferenze negli altri paesi, sono diventato consigliere della Prima Municipalità di Messina. Adesso pian piano, grazie alla collaborazione dei miei colleghi, stiamo lavorando per dei progetti, per fare in modo che nel nostro paese e soprattutto nella nostra zona di appartenenza ci sia una rivalutazione».

Nella tua vita ha mai incontrato ostacoli a causa della sua disabilità?
«Gli ostacoli ci sono per chi non ha problemi fisici, figuriamoci per uno costretto in una carrozzina! Scale, marciapiedi ostruiti, ma soprattutto barriere mentali, stupidità, perché ancora tutto quanto concerne la disabilità è visto con occhi diversi.
L’idea di abbattere le barriere architettoniche è ancora una battaglia da perseguire, invece dovrebbe essere qualcosa che fa parte della nostra civiltà, insito in noi e nel nostro modo di vivere. Ci sono delle leggi che impongono questo tipo di abbattimento, ma troppo spesso – per estetica o per interessi personali – vengono messe in secondo piano».

Per mezzo della tua, diciamo “parte in causa”, sei mai stato tentato di dare la precedenza alla realizzazione di progetti per le politiche sociali?
«Credo di essere abbastanza corretto e quindi non mi sono mai permesso di portare avanti un progetto anziché un altro. Certo è che la mia condizione mi ha permesso di notare e migliorare alcune cose alle quali, forse, chi è sano non bada o sottovaluta. Non nascondo per altro che quando ci sono dei progetti nuovi, durante l’esecuzione dei lavori, “sbircio” per controllare  che queste barriere architettoniche possano essere finalmente un ricordo, anche se l’eterogenea conformazione del territorio è per sua natura un piccolo ostacolo per la vita di un disabile. Ho presentato formalmente richiesta che nei paesi della mia zona, i luoghi pubblici quali chiese, uffici postali e negozi di generi alimentari siano accessibili per le carrozzine e per chi ha problemi di deambulazione. Come dicevo, il mio è un progetto arduo proprio per la struttura del paese nel quale vivo; ci sono infatti stradine strette e le classiche viuzze che non permettono “grandi manovre”. Il voler risistemare tutto, quindi, è una grande impresa, ma necessaria per il vivere quotidiano».

Quali sono i traguardi dei quali sei più orgoglioso?
«Mi sento orgoglioso e felice per aver portato a termine una situazione che si protraeva da tempo alla quale nessuno aveva mai trovato un’efficace soluzione, ovvero le passerelle sulle spiagge. Si tratta di un traguardo che ho perseguito e raggiunto nel giro di qualche settimana proprio prima dell’estate scorsa.
Credo infatti che la valorizzazione del Sud si persegua anche dal punto di vista turistico e un turismo accessibile nella zona del Messinese è una carta vincente per tutti! Spero che per gli anni futuri il rendere accessibile i luoghi non debba essere più il risultato di ulteriori richieste, ma una normalità del quotidiano.
Una cosa poi che più di ogni altra mi rende fiero è una vittoria personale: la mia determinazione, la mia tenacia! Ho la forza di dire a quanti vivono situazioni simili alla mia che nonostante le molteplici difficoltà, non ci si deve mai arrendere, anzi è necessario “trascinare masse” affinché tutti insieme si possa superare le barriere mentali, che sono certamente le più difficili e radicate».

Che cosa invece rimpiangi di non avere ancora realizzato e che sarebbe fondamentale per la  comunità che rappresenti?
«Il tempo purtroppo è tiranno e la burocrazia non permette di essere così veloci da quando si progetta a quando si realizzano le cose. L’unico rimpianto, se così si può dire, è appunto quello di non avere più tempo a disposizione».

Che rapporto hai con i tuoi colleghi di lavoro?
«Come in tutti gli ambienti di lavoro, collaborare e riuscire ad andare d’accordo è difficile ma necessario. Con i miei colleghi cerchiamo di discutere dei problemi e di trovare una soluzione ad essi».

Sei mai stato vittima di pregiudizi a causa della tua condizione?
«Usare questi termini mi sembra esagerato. Non sono mai stato vittima di pregiudizi per la mia condizione. Sono sempre stato considerato un collega al pari di altri nell’ambiente di lavoro, mentre in paese, visto il risultato alle elezioni, posso tranquillamente affermare di non essere vittima di alcuna situazione di pregiudizio».

I tuoi progetti per il futuro?
«Ti  stupirò. Niente politica; è stata infatti un’esperienza gratificante che ricorderò per la vita, sperando di riuscire a portare a termine egregiamente il mio lavoro, ma il mio progetto più grande è personale: il matrimonio, una famiglia».

*Intervista realizzata per conto dell’Associazione Prodigio di Trento e qui ripresa per gentile concessione.

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