E arriva anche una Regione ad adottare il Manifesto delle donne con disabilità

di Simona Lancioni*
Dopo le importanti adesioni di altre Associazioni (AIAS Bologna, AISM Nazionale, Federazione FIRST), assume un rilevante peso politico il fatto che, per la prima volta, un soggetto istituzionale, come la Regione Emilia Romagna, abbia adottato il “Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea”, come riferimento per integrare la variabile del genere nella programmazione delle proprie politiche sulla disabilità. In tal senso, la specifica Risoluzione votata in Emilia Romagna potrà anche servire da modello per tante altre Regioni

Primo piano di giovane sorridente

Dopo le nuove, importanti adesioni delle scorse settimane al Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea, provenienti dal mondo delle Associazioni, ed esattamente da AIAS Bologna (Associazione Italiana Assistenza Spastici), AISM Nazionale (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e FIRST (Federazione Italiana Rete Sostegno e Tutela dei diritti delle persone con disabilità), il 2 maggio la Commissione Assembleare per la Parità e per i Diritti delle Persone della Regione Emilia-Romagna, ha approvato all’unanimità dei presenti, con 29 voti favorevoli, la Risoluzione 5844 che «impegna la Giunta: a riconoscere un peso sempre crescente alle differenze di genere e alla questione della “discriminazione multipla”, che colpisce le donne con disabilità, nella programmazione nelle proprie politiche sulla disabilità, anche avvalendosi degli spunti offerti dal “Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea”. A diffondere la conoscenza del suddetto Manifesto fra i cittadini e, soprattutto, fra le associazioni regionali operanti nel settore, affinché si diffonda l’ottica di genere nell’approccio alle problematiche legate alla disabilità. A proseguire nell’impegno a tutto tondo contro la violenza sulle donne, che merita di essere affrontata e debellata in ogni sua forma e circostanza, avendo con ciò riguardo ad un approccio che sappia tenere in debito conto anche l’eventuale condizione di disabilità della vittima [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».

La Risoluzione presentata alla Commissione per la Parità, presieduta da Roberta Mori, prende le mosse dalla seguente considerazione sulla violenza di genere: «Quando all’essere donna si aggiunge l’essere disabile, la violenza si alimenta di una doppia discriminazione, se possibile ancora più becera e odiosa perché perpetrata ai danni di una persona che ha ancora meno possibilità di contrastarla».
Il testo evidenzia inoltre come ancora oggi l’approccio ai bisogni delle persone con disabilità sia asessuato, e non tenga conto delle diversi bisogni degli uomini e delle donne con disabilità, «legati alle medesime peculiarità di genere che sono tipiche anche delle persone normodotate».
In tal senso, i dati ISTAT – secondo i quali il 36% delle donne con disabilità ha subito violenza ed è doppio, rispetto alle altre donne (10% contro il 4,7%), il rischio di subire stupri o tentati stupri – inducono a «porsi pressanti domande […] che necessitano di celeri ed efficaci risposte». Un fronte, questo, sul quale l’Italia ha ancora molta strada da fare, specie se si considera che nel 2016 è stata richiamata dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità proprio per la mancanza di una prospettiva di genere nelle politiche della disabilità.

«Questo è un fenomeno complesso – osserva la consigliera della Regione Emilia Romagna Francesca Marchetti, prima firmataria della Risoluzione – che richiede un’integrazione tra tematiche di genere e disabilità nell’agenda politica della nostra Regione. C’è spesso difficoltà a fare emergere il sommerso e a intraprendere percorsi di fuoriuscita dalla violenza, è necessario un percorso specifico. Spero che da parte di questa Commissione arrivi un messaggio univoco per intervenire in questo àmbito ancora molto oscuro in termini di studio e ricerca».
La Risoluzione si è arricchita anche del contributo della consigliera Giulia Gibertoni, che ha presentato un emendamento – accolto all’unanimità – teso a sottolineare e rafforzare il concetto di “discriminazione multipla”.
Come confermato dalla presidente Mori, «la Commissione vigilerà e monitorerà l’azione della Giunta affinché dia piena attuazione ai contenuti della Risoluzione che sancisce l’adesione sostanziale della Regione Emilia-Romagna ai contenuti del Secondo Manifesto».

A questo punto non si può non cogliere il rilevante peso politico del fatto che, per la prima volta, un soggetto istituzionale abbia adottato il Secondo Manifesto come riferimento per integrare la variabile del genere nella programmazione delle proprie politiche sulla disabilità, e si sia impegnata a divulgarlo. Un’attenzione, quella dell’Emilia-Romagna, che merita tutto l’apprezzamento possibile.
Ci sono poi due ulteriori aspetti da porre in evidenza. La circostanza che la Risoluzione sia stata votata all’unanimità, mostra ancora una volta come alcuni temi – le politiche per la disabilità, quelle di genere, il contrasto alla discriminazione e alla violenza, e, più in generale, il rispetto dei diritti umani – debbano essere affrontati in modo trasversale, al di là degli orientamenti partitici.
L’altro elemento guarda al futuro. Da oggi chiunque può stampare una copia della Risoluzione e una del Secondo Manifesto, e presentarsi – individualmente o in forma associata – negli uffici della propria Regione con una semplice richiesta: «Voglio anch’io che la mia Regione integri le politiche per la disabilità con quelle del genere e viceversa». Dovrebbero farlo le donne con disabilità, perché è nel loro interesse, e anche perché la rivendicazione delle istanze che le riguardano non può prescindere dal loro coinvolgimento. Dovremmo supportarle tutte e tutti, perché, in quanto esseri umani, il rispetto dei diritti umani è un tema che ci chiama in causa personalmente.

Responsabile di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa). La presente nota è già apparsa nel sito di tale Centro, con il titolo “Emilia-Romagna, prima regione ad adottare il Manifesto delle Donne con Disabilità” e viene qui ripresa – con alcuni riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.

Per approfondire ulteriormente il tema trattato, oltreché fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Continuano le adesioni al Manifesto sui diritti delle donne con disabilità, si può anche accedere al sito di Informare un’h, alle Sezioni dedicate rispettivamente ai temi: Tutto sul Secondo Manifesto Europeo sui Diritti delle Donne e Ragazze con Disabilità, La violenza nei confronti delle donne con disabilità e Donne con disabilità. Per ulteriori informazioni: info@informareunh.it.

Le organizzazioni che hanno aderito finora al Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea:
° ADV
(Associazione Disabili Visivi)
° AIAS Bologna (Associazione Italiana Assistenza Spastici)
° AIPD (Associazione Italiana Persone Down)
° AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla)
° Associazione Blindsight Project
° Associazione Differenza Donna
° Associazione Femminile Maschile Plurale,
Ravenna
° AUS Montecatone (Associazione Utenti Unità Spinale Montecatone), Imola (Bologna)
° Casa delle donne, Ravenna
° CERPA Italia (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità)
° CGIL Catania, Dipartimento Politiche di Genere
° CGIL Nazionale, Ufficio Politiche Attive per le Disabilità
° Collagene VI Italia
° DPI Italia (Disabled Peoples’ International)
° Emilia-Romagna. Assemblea Legislativa: Commissione per la Parità e per i Diritti delle Persone
° FIRST (Federazione Italiana Rete Sostegno e Tutela dei diritti delle persone con disabilità)
° FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)
° UDI Catania (Unione Donne in Italia)
° UILDM Nazionale (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare)

 

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