Una Circolare del Ministero che fa a dir poco discutere

di Salvatore Nocera*
C’è chi parla di illegittimità per quella recente Circolare del Ministero, ove si chiede tra l’altro alle scuole «di riconoscere e valorizzare le diverse normalità, andando oltre le etichette, senza la necessità di avere alcuna classificazione “con Bisogni Educativi Specializzati” o di redigere Piani Didattici Personalizzati». «Non arrivo a tanto - scrive Salvatore Nocera - anche se l’ipotesi sembra godere di fondamento. E tuttavia, se il Ministero avesse prima chiesto un parere all’Osservatorio per l’Inclusione, probabilmente non si sarebbe creato tanto disorientamento nelle scuole»

Disegno di omino rosso (insegnante) alla lavagna di fronte ad alcuni omini blu (alunni)Sarà vietato formulare i Piani Didattici Personalizzati (PDP) per alunni “con ulteriori Bisogni Educativi Speciali (BES)”? Dopo la lettura di una recente Circolare emanata il 17 maggio scorso dal Capo Dipartimento per l’Istruzione del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, su L’autonomia scolastica fondamento di successo per ognuno, questa non è solo un’impressione, ma sembra una direttiva pressante alle scuole.
In quella Circolare, infatti, si esalta il ruolo dell’autonomia scolastica rilanciata anche dalla Legge 107/15 (cosiddetta La Buona Scuola) e la «personalizzazione» degli interventi educativi sollecitati da tutta la normativa inclusiva. Le scuole, quindi, in forza della propria autonomia didattica, debbono puntare al successo formativo di ciascun alunno, qualunque sia la sua situazione personale, indipendentemente da procedure burocratiche che rischierebbero di fare scambiare il mezzo (procedura) col fine (successo formativo).
A tal fine il documento svolge una critica, neppure tanto velata, alla normativa sugli «ulteriori BES», come indicata nella Circolare Ministeriale n. 8/13 del 6 marzo 2013 e nella Nota Ministeriale n. 2563 del 22 novembre 2013, senza però accennare alla fonte normativa di esse, costituita dalla Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012. Ecco un passaggio illuminante della Circolare recentemente prodotta:
«Oggi il contesto normativo è notevolmente modificato: si è assistito ad un’importante crescita culturale e sono stati introdotti nuovi assiomi di riferimento, nuove risorse professionali, economiche e strutturali affinché a ciascuno sia data la possibilità di vedersi riconosciuto nei propri bisogni educativi “normali”, senza la necessità di ricorrere a documenti che attestino la problematicità del “caso”, fermo restando le garanzie riconosciute dalla Legge n. 104/1992 e dalla Legge n. 170/2010».
La frase «senza la necessità di documenti che accertino la problematicità del caso» è chiarissima, ma si scontra con l’inciso conclusivo («fermo restando le garanzie di cui alla Legge n. 104/1992 e dalla Legge n. 170/2010 [“Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”, N.d.R.]»), che però, vedi caso, sono due Leggi che impongono documenti neppure pedagogici, ma sanitari, ovvero la certificazione. Si tratta, rispettivamente, della certificazione di disabilità e del PEI conseguente (Piano Educativo Individualizzato) per gli alunni con disabilità e di certificazione di DSA seguita dal PDP (Piano Didattico Personalizzato) per gli alunni con DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento). Pertanto, per esclusione, l’unico documento “vietato” dovrebbe essere l’individuazione di alunni “con ulteriori BES” (operata non dall’ASL, ma dal Consiglio di Classe) e il conseguente Piano Didattico Personalizzato.
Se però il principio dell’eliminazione di tutti i documenti burocratici è valido, deve valere contro tutti i “documenti burocratici”; ma ovviamente una Circolare, sia pure Direttoriale, non può abrogare le Leggi; di qui la “salvezza” delle certificazioni previste dalle Leggi sugli alunni con disabilità e DSA. E tuttavia ancora, una Circolare, sia pure Direttoriale, non può abrogare nemmeno una Direttiva Ministeriale, quale quella già citata sui BES del 27 dicembre 2012, che è gerarchicamente sovraordinata; donde la svalutazione delle Circolari ad essa susseguenti, lasciando però in vita quella stessa Direttiva Ministeriale, rafforzata per altro dall’articolo 1, comma 7 della Legge 107/15, che insiste appunto sulla tutela dell’inclusione dei casi di BES.

Come dobbiamo allora intendere il successivo paragrafo della Circolare prodotta il 17 maggio? «I docenti e i dirigenti che contribuiscono a realizzare una scuola di qualità, equa e inclusiva, vanno oltre le etichette e, senza la necessità di avere alcuna classificazione “con BES” o di redigere Piani Didattici Personalizzati, riconoscono e valorizzano le diverse normalità, per individuare, informando e coinvolgendo costantemente le famiglie, le strategie più adeguate a favorire l’apprendimento e l’educazione di ogni alunno loro affidato».
Qui è chiaramente esplicitato il principio che non occorre la dichiarazione di ulteriori BES in alunni con svantaggio o disagio di qualunque tipo, né la formulazione di PDP per il successo educativo per ognuno.
Ora, fermo restando che il principio per essere tale dovrebbe riguardare anche  alunni con disabilità e DSA, c’è il problema che in una scuola pubblica, se si deve agevolare qualcuno per motivi personali di qualunque tipo, occorre qualcosa di oggettivo, pena il rischio di precipitare nei favoritismi o peggio… Infatti, gli alunni “con ulteriori BES”, in forza della Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012, godono di «strumenti dispensativi e misure compensative». Come si fa, dunque, ad individuare un alunno al quale concedere tali agevolazioni senza qualcosa di oggettivo, come, nel caso dei BES, la Delibera del Consiglio di Classe e il conseguente PDP in cui tali misure sono indicate? Ci si rende conto a quanti ricorsi si andrebbe incontro da parte di alunni bocciati cui non siano state concesse le agevolazioni che, a discrezione dei singoli docenti, verrebbero accordate ad altri promossi?
Quando per legge venisse abolito il valore legale dei titoli di studio e della corrispondente valutazione, allora sì che sarebbe possibile dare pienamente seguito a quella Circolare e probabilmente ciò potrebbe essere accettabile. Ma sino a quando permane il valore legale dei titoli di studio, quanto auspicato dalla Circolare stessa sembra impraticabile.

Che valore dare, pertanto, a questa Circolare emanata in carenza di auctoritas ministeriale? Penso sia un auspicio alle scuole a lavorare più sulla didattica, ma non può considerarsi un invito a disattendere la Direttiva Ministeriale ancora in vigore sui BES e sui PDP.
L’autonomia scolastica è uno strumento assai importante, introdotto a favore del miglioramento di funzionamento delle scuole; ma è sempre e ancora subordinata all’autonomia legislativa e alla gerarchia delle fonti giuridiche.
La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità stabilisce all’articolo 4, comma 3 che tutti gli atti normativi concernenti l’inclusione delle persone con disabilità debbano ricevere un parere da parte del mondo associativo della disabilità. Alcuni sostengono che a causa della violazione di tale normativa, quella Circolare sia impugnabile per illegittimità. Personalmente non arrivo a tanto, anche se l’ipotesi sembra godere di fondamento. E tuttavia l’articolo 15, comma 1 (lettera e) del Decreto Legislativo 66/17 prevede tra i compiti dell’Osservatorio del Ministero sull’Inclusione Scolastica  anche quello di fornire pareri sugli atti giuridici concernenti tali argomenti.
Ebbene, se il Ministero avesse voluto sottoporre all’Osservatorio la Circolare per un parere non vincolante, probabilmente non si sarebbe creato tanto disorientamento nelle scuole. I Consigli di Classe, comunque, devono continuare a formulare Piani Didattici Personalizzati nei casi in cui lo ritengano necessario, autorizzati in ciò dalla Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 che,come abbiamo ampiamente sottolineato, è ancora in vigore.

Presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), della quale è stato vicepresidente nazionale.

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