Nata nei primi mesi di quest’anno dalla fusione tra l’Associazione di Volontariato AICH Milano e l’organizzazione non lucrativa di utilità sociale Huntington (se ne legga anche sulle nostre pagine), sarà l’Associazione Huntington a organizzare questa volta gli Huntington’s Days, giornate di sensibilizzazione e consapevolezza sulla malattia di Huntington – già nota anche come “corea di Huntington” – evento già avviato dal 30 maggio e che si protrarrà, fino al 6 giugno.
«Con famiglie e volontari che affrontano ogni giorno la sfida della malattia di Huntington – spiega Claudio Mustacchi, presidente dell’Associazione promotrice – , vogliamo creare consapevolezza sui bisogni dei malati e dei loro caregiver e sull’importanza della ricerca per le malattie genetiche e neurologiche. Questa quarta edizione degli Huntington’s Days sarà dedicata in particolare al silenziamento genico, una sperimentazione clinica i cui risultati potrebbero portare a una cura non solo per la malattia di Huntington, ma per tante altre patologie genetiche. Porteremo dunque a Torino, domani, 30 maggio, lo specialista Edward Wild, coordinatore di tale sperimentazione. E insieme a questo evento, vi saranno tante altre iniziative in cui la nostra comunità diffonderà la conoscenza della malattia».
Sarà dunque Torino ad ospitare i primi due eventi di apertura, a partire dal già citato convegno scientifico internazionale della mattinata di domani, 30 maggio, all’Accademia delle Scienze di Torino, intitiolato Huntington: il silenziamento del gene.
Aperto da Elena Cattaneo, senatrice a vita, e moderato da Anna Meldolesi, giornalista del «Corriere della Sera», insieme a Chiara Zuccato del Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Milano, l’incontro vedrà la presenza, tra gli altri, di Edward Wild – come anticipato da Claudio Mustacchi – che opera all’Huntington’s Disease Centre dell’University College di Londra e che, con Sarah Tabrizi, è tra i coordinatori mondiali dello studio sul silenziamento genico, che potrebbe aprire a possibilità di cura per le malattie monogeniche fino ad oggi insperate e inimmaginabili. Ci sarà inoltre anche Astri Arnesen, presidente dell’European Huntington Association, che presenterà HDCOPE, coalizione mondiale di pazienti e caregiver nata per aiutare i ricercatori a comprendere i problemi e le esigenze di chi è coinvolto nelle sperimentazioni.
Chiuderà il convegno una tavola rotonda con clinici e neurologi della Città della Salute e della Scienza dell’Ospedale Molinette di Torino, dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli (Isernia), del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma e dell’IRCCS Istituto Neurologico Besta di Milano.
L’evento, che si potrà seguire anche in diretta streaming (per informazioni: press@huntington-onlus.it), promuoverà certamente un positivo dialogo tra malati, scienziati e clinici che in Italia si occupano di Huntington, rappresentando una preziosa occasione di incontro e confronto per chiunque creda nel valore della scienza.
Nel pomeriggio di domani, poi, sempre nel capoluogo piemontese, verrà inaugurata alle 15.30 la mostra di design for all (“progettazione per tutti”), denominata Secondo Nome: Huntington, presso l’Università di Torino, dove sarà poi visitabile per tutto giugno nella Biblioteca Storica di Ateneo Arturo Graf.
«Frutto di un percorso di oltre due anni – spiegano dall’Associazione Huntington -, questa esposizione ha coinvolto familiari, studenti, designer, medici, ricercatori e laboratori di fabbricazione digitale milanesi (fablab/makerspace), che hanno superato i concetti di disabilità, malattia e difficoltà, per ripensare e progettare alcuni oggetti di uso quotidiano, conciliando funzionalità e bellezza e offrendo al visitatore la possibilità di diventare parte della nostra comunità».
«Perseguendo uno scopo informativo e di sensibilizzazione – sottolinea il curatore Davide Crippa – la mostra Secondo Nome: Huntington assume un ruolo propositivo volto a migliorare la qualità della vita domestica dei malati e dei loro familiari. In altre parole, il design si fa strumento per scardinare preconcetti, per regalare letture inaspettate, per innovare a partire dal “minuto” – che non è “minore” – e per migliorare la fruizione domestica di chi, necessariamente e spesso forzatamente, vive la casa come propria estensione».
Successivamente, per una settimana, centinaia di volontari saranno impegnati in tutta Italia in piccoli e grandi iniziative, per diffondere nei territori e sui social la consapevolezza della malattia.
E il 6 giugno, a Milano, un grande flash mob di chiusura – durante il quale verrà tra l’altro “srotolato” il gene la cui mutazione è causa della malattia di Huntington, rappresentato da uno striscione lungo ben 67 metri – che viene presentato così dagli organizzatori: «Dietro la ricerca, l’epidemiologia, la diagnosi di una malattia, ci sono professionisti impegnati e famiglie, storie, relazioni che vengono coinvolte nel suo dubbio, nella sua comparsa, nel suo decorso. Di tutte queste persone è costituita la nostra Associazione: a loro, agli amici che già ci conoscono, ai cittadini, diamo appuntamento nel pomeriggio di mercoledì 6 giugno a Milano per un flash mob dedicato all’insospettabile lunghezza del gene Huntington per chiudere gli Huntington’s Days 2018».
«Un gene affascinante e sorprendente – spiega a tal proposito Chiara Zuccato, responsabile scientifico dell’Associazione – che compare per la prima volta 800 milioni di anni fa nelle amebe e viene trasmesso nel corso dell’evoluzione fino a noi esseri umani. Un gene fondamentale per la vita dell’uomo. Svelarne le funzioni può aiutarci a superare lo stigma di una malattia come l’Huntington, che a volte è difficilmente riconosciuta, compresa e accettata».
L’evento di Milano – ma in realtà tutti quelli della settimana – intende in sostanza sottolineare quanto sia importante accendere la luce su una malattia poco conosciuta come l’Huntington, perché solo mediante la costruzione di una rete che se ne prenda cura, che aggreghi compagni di viaggio, che mobiliti conoscenze e entusiasmi, è possibile superare i tabu, la solitudine e l’isolamento. (B.B. e S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: press@huntington-onlus.it (Benedetta Brambilla).
La malattia di Huntington
È una patologia del cervello di origine genetica, determinata dalla perdita progressiva di cellule nervose. Anche se sono state descritte forme giovanili, si manifesta tra i 30 i 50 anni, con disturbi emotivi e del movimento. L’evoluzione della patologia comporta la perdita delle capacità cognitive e motorie.
La causa è stata individuata in una mutazione nel gene Huntington, all’interno del quale è stata identificata una sequenza di triplette CAG che si ripetono l’una dopo l’altra. La mutazione consiste nell’espansione del numero di triplette ripetute: se questo numero supera la soglia di 36, insorge la malattia.
La trasmissione del gene è indipendente dal sesso: se uno dei genitori è portatore, un eventuale figlio ha il 50% di probabilità di ereditare il gene mutato. Questo comporta che, spesso, nello stesso nucleo familiare più persone possono essere affette dalla malattia. L’Huntington diventa, quindi, una malattia della “famiglia” e la sua gestione richiede un intervento integrato di numerosi specialisti, quali il neurologo, il fisiatra, il nutrizionista, lo psichiatra, lo psicologo, l’assistente sociale e l’educatore professionale, con i relativi enti sanitari e socio-assistenziali.
Il silenziamento genico
Rappresenta uno degli approcci più innovativi per il trattamento delle malattie genetiche di base monogenica come l’Huntington. La strategia mira a “spegnere” il gene mutato, per impedire che si formi la proteina mutata e insorga la malattia.
La fase 1 del l primo studio clinico su un paziente Huntington ha preso il via nell’estate del 2015, cooordinata da Sarah Tabrizi ed Edward Wild dell’Huntington’s Disease Centre dell’University College London. La molecola silenziante (IONIS-HTT Rx), non produce effetti collaterali nei pazienti, riduce i livelli di proteina mutata nel cervello ed è recente la notizia che il trattamento migliora i punteggi in alcuni test clinici di malattia.
Sebbene preliminari perché condotti su un numero ridotto di pazienti (46 tra Regno Unito, Germania e Canada), questi risultati aprono direttamente alla fase 3 della sperimentazione, promossa dalla Roche, che includerà un numero molto più alto di malati e potrà quindi dire se IONIS-HTT Rx sarà in grado di rallentare la progressione della patologia.
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