Caro Ministro per la Famiglia e le Disabilità, noi siamo proprio i suoi utenti tipo: sposati, di due sessi diversi – ma questa, mi creda, è solo fortuna, perché l’amore non è questione di generi – con un ragazzo di vent’anni con autismo e ipovisione, e io stessa cieca parziale e con problemi motori.
Glielo dico subito: del suo Ministero avrei fatto volentieri a meno e lo sa perché? Perché mi sento una persona come le altre, che vive in una famiglia come le altre, anche se le mie esigenze sono diverse. Avere esigenze diverse non significa però essere diversi: per questo, io non sentivo il bisogno di sentirmi staccata dagli altri cittadini, per essere messa in una specie di “sottogruppo” che sembra tanto un ghetto. Sono fatta così, non amo essere etichettata e tuttavia ormai ci siamo e quindi, eccomi qui, a presentare il conto…
Prima però una domanda e mi perdoni se sembro polemica: ma lei si ricorda o meno che è il nostro Ministro? Perché mi sembra che in queste settimane non si sia affatto parlato di noi. Eppure vi sono parecchie cose da sistemare, a mio modesto avviso, ma anche secondo altri.
Vi è il problema scuola, il problema dell’interazione tra sostegno e inclusione, le carriere differenziate degli insegnanti di sostegno, quasi come dovessero diventare “docenti di un dio minore”, come i loro allievi, per i quali spesso non si fanno progetti che portino a vera crescita, a vera progettazione di un futuro. Un aspetto, questo, della Legge sulla Buona Scuola, ben noto e criticato, ma non affrontato, né per quanto riguarda gli insegnanti né per gli alunni.
La Legge sul “Dopo di Noi” [Legge 112/16, N.d.R.], che ci riguarda come famiglia e che mi riguarda come persona con disabilità, una norma criticata, contestata e decisamente migliorabile. Non è stata però affrontata né come spese, né come realizzazione, e non si comprende quale sarà la politica riguardo a “cosucce” come la vita indipendente, l’assistenza diretta e indiretta, i progetti di integrazione e di lavoro futuro per le persone con disabilità.
In questi giorni si è sentito parlare di aumento delle pensioni minime, da finanziare con il taglio delle “pensioni d’oro”, e sufficiente o insufficiente che sia questa copertura, la sua voce, o quella del suo Viceministro, non si è sentita per reclamare l’aumento delle pensioni di invalidità.
Il nuovo Nomenclatore degli Ausili e delle Protesi, non ancora entrato a regime e reclamato come “fiore all’occhiello” della battaglia di una parte importante della compagine di governo, non si capisce come e quando verrà applicato.
Malattie rare, indagini prenatali, ricerca, tutto questo in teoria e in pratica la riguarda come Ministro per le Disabilità.
E ancora, caregiver, malattie professionali degli stessi, progetti per alleviare e aiutare le famiglie con persone con disabilità a fare avere agli stessi disabili una qualità di vita degna di questo nome, nemmeno di questo lei ha mai parlato.
Insomma, Caro Ministro, il lavoro è tanto e lei e il suo Ministero, ci piaccia o meno, vi siete insediati. Portafoglio o non portafoglio, io mi aspetto di vedere affrontate le problematiche che riguardano la mia vita, quella di mio figlio e quella della mia famiglia.
Vorrei potermi alzare la mattina, anche in estate, sapendo che Giovanni non dovrà annoiarsi stando a casa o, nella migliore delle ipotesi, avere al massimo due settimane coperte con dei soggiorni; ma la realtà è questa: d’estate, senza la scuola e con un massimo di vacanze, tra me e mio marito, di un mese, la copertura per un ragazzo come Giovanni è assolutamente insufficiente come numero di ore e fino a settembre sarà solo sopravvivenza.
Vorrei io stessa sapere che non devo organizzarmi vacanze faraoniche, ma che anche nella mia città potrei divertirmi e svagarmi, e non solo nel centro commerciale, ma muovendomi in strade prive di buche e di pericoli per i cittadini che come me hanno dei problemi.
E vorrei già ora sapere che il prossimo anno, quando Giovanni finirà la scuola, ci sarà un posto dove potrò mandarlo e dove lui possa trovare degli obiettivi e, perché no, un lavoro futuro, senza farmi venire l’ansia, perché non so nemmeno se avrà la possibilità di andare in uno dei Centri Diurni che anche a Roma sono pochi e con delle belle liste d’attesa.
Vorrei che mio marito, che lavora a tempo pieno come portiere, mentre io sono part-time anche per assistere il figlio, non dovesse ammazzarsi di lavoro, perché magari non si pensa che il suo sia un lavoro usurante o perché lei valuterà la sua assistenza a me e a mio figlio come un lavoro in più, cosa che è.
Vorrei io stessa potermi curare in Day Hospital, perché non posso ricoverarmi e lasciare daa solo mio figlio; ma negli ospedali i Day Hospital per le persone con i miei problemi non li fanno più, e con i tagli alla sanità, molte visite e accertamenti si ottengono – se si ottengono – in tempi biblici.
Mi dirà che per molte di queste cose è necessario un coordinamento con altri Ministeri e che sono cose a cui hanno diritto tutti i cittadini e le famiglie. Converrà dunque con me che è il momento di cominciare a colloquiare, discutere, mediare. Chiedere fondi e possibilmente ottenerne, e prima si comincia…
Spero poi che a questa mia lettera se ne associno altre, perché si ricordi, nulla su di noi dev’essere fatto senza di noi, e quindi che sia questo l’inizio di una collaborazione proficua, dove i diritti di tutti vengano finalmente rispettati.
Siamo solo alla superficie dei tanti problemi che si dovranno affrontare, ma intanto cominciamo da questi.
Buon lavoro, Ministro!
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