Ci capita spesso, sulle nostre pagine, di parlare della sclerodermia, ben nota anche come sclerosi sistemica, malattia autoimmune invalidante, caratterizzata dall’infiammazione e dall’occlusione dei piccoli vasi sanguigni e dal progressivo ispessimento della pelle e dei tessuti connettivi interni. A seconda degli organi colpiti dalla patologia, tale ispessimento (fibrosi) può dare origine a complicanze anche gravi, come nel caso dei polmoni. A causare la fibrosi è la continua aggressione dei tessuti da parte del sistema immunitario e la loro successiva cicatrizzazione, che diventa cronica e disfunzionale. Fino ad oggi il meccanismo che innesca e che mantiene l’attivazione del sistema immunitario è rimasto poco compreso, ciò che non ha aiutato lo sviluppo di cure efficaci.
Ora, però, tutto potrebbe cambiare, grazie a uno studio pubblicato in luglio dalla rivista «Science Translational Medicine», realizzato grazie al sostegno dell’AILS (Associazione Italiana Lotta alla Sclerodermia) e condotto da un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
In sostanza, la ricerca ha consentito per la prima volta di identificare il ruolo chiave di una singola molecola nel coordinare l’aggressione del sistema immunitario verso i tessuti dell’organismo. Si tratta della molecola denominata HMGB1, che viene rilasciata nel sangue dalle piastrine, modifica il metabolismo e la funzione di alcune cellule del sistema immunitario, portando appunto al danno cronico dei piccoli vasi e alla fibrosi. Un meccanismo, questo, che se sarà confermato da altri studi futuri, potrebbe diventare la prima strada terapeutica per combattere la malattia.
Il duplice ruolo infiammatorio e rigenerativo della proteina HMGB1 era per altro già noto, grazie al lavoro pionieristico di un altro gruppo di ricerca del San Raffaele di Milano, guidato da Marco Emilio Bianchi, anch’egli tra i coautori dello studio appena pubblicato.
«Altri studi – sottolinea Angelo Manfredi, che ha guidato il gruppo di ricercatori – dovranno ora confermare ed espandere questi risultati, ma abbiamo ragione di ipotizzare che la presenza fuori dalle cellule di quantità eccessive di HMGB1 possa essere la prima responsabile del danneggiamento dei vasi e della fibrosi dei tessuti connettivi, e quindi dell’innesco della malattia. Se ciò è vero, questa molecola potrebbe diventare in futuro un target terapeutico per la sclerodermia: interferendo infatti con il suo rilascio in circolo da parte delle piastrine o rimuovendola dal sangue dei pazienti, potremo forse sperare di interferire con l’evoluzione della malattia». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ails@tiscali.it; ufficio.stampa@hsr.it.
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