Come trasformare l’inserimento lavorativo da obbligo ad opportunità

di Diana Quinto, Marino Bottà, Sergio Bevilacqua e Cristian Clemente*
Svoltosi in Lombardia, il “Progetto ROAD” (Rete Occupazione in Azienda di Persone Disabili) si è proposto di trasformare la visione dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità da obbligo ad opportunità. «Esso - scrivono gli Autori del presente contributo - ha proposto un vero e proprio cambio di paradigma, che crediamo dovrebbe sempre più affermarsi, all’insegna dell’ascolto dei bisogni di chi offre lavoro e non solo di chi lo cerca, basandosi inoltre sulla personalizzazione dei servizi e sulla continuità dell’offerta nel tempo»

Di spalle persona in carrozzina, di fronte uomo non disabile sfuocatoSi pensa generalmente che il mondo aziendale sia poco sensibile ai temi dell’inserimento al lavoro della persona con disabilità e del suo benessere nel luogo di lavoro, ma chi scrive non è affatto convinto che chi lo pensa sia nel giusto. Questa convinzione ha trovato conferma negli esiti di un progetto, finanziato dalla Provincia di Monza-Brianza, che si è svolto nel territorio lombardo e si è chiuso nel mese di giugno dello scorso anno.
Parliamo del Progetto ROAD (Rete Occupazione in Azienda di persone Disabili), realizzato dall’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro), dalle Società Umana, SLO (Sviluppo Lavoro Organizzazione) e IAL Lombardia (Innovazione Apprendimento Lavoro) e da CGM Gruppo Cooperativo (Consorzio Nazionale della Cooperazione Sociale Gino Mattarelli).

L’iniziativa si è situata nell’àmbito degli Avvisi per azioni di sistema a rilevanza regionale e ha avuto come finalità lo sviluppo della cultura dell’inclusione sociale e del Disability Management nelle aziende, proponendosi, più precisamente, di trasformare la visione dell’inserimento lavorativo della disabilità da obbligo ad opportunità.
Possiamo dire che le finalità del progetto rientrano pienamente nell’ambito della Responsabilità Sociale dell’Impresa, quando questa non solo soddisfa pienamente gli obblighi – in questo caso specifico quelli previsti dalla Legge 68/99 [“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, N.d.R.] –, ma va oltre, investendo di più sul capitale umano, sui diritti sociali, sull’attenzione ai bisogni della persona e per realizzare questi investimenti coinvolge lavoratori e territorio, creando così cultura diffusa rispetto alla diversità.
Quanto al Disabiliy Management, esso rappresenta una strategia d’impresa per coniugare, in modo soddisfacente, le esigenze delle persone con disabilità da inserire al lavoro o già inserite, con le necessità delle aziende. È attraverso l’impiego di questa strategia aziendale che, in un periodo  di grande crisi socioeconomica come quello attuale, diventa possibile trasformare un obbligo in opportunità: dall’obbligo previsto dalla Legge 68/99 e subìto dalle aziende quasi sempre passivamente, alla possibilità di assumere persone con disabilità che rispondano alle richieste di ruolo e/o mansioni dei quali le aziende stesse hanno bisogno.
I modi per farlo sono diversi, articolati, implicano conoscenze e competenze, ma la Legge 68/99 sta per compiere vent’anni e lo slogan nato con essa, La persona giusta al posto giusto, si è rivelato spesso una chimera. Forse, quindi, è l’ora di trovare appunto nuove strategie, nuovi metodi e soprattutto è ora di dare voce agli attori indispensabili quanto le persone con disabilità in questo importante incontro, ovvero le aziende.
La realizzazione di ROAD ha pertanto implicato un vero e proprio cambio di paradigma: non più il focus sui processi dedicati esclusivamente alle persone con disabilità, ma sui processi dedicati anche e soprattutto alle aziende.

Al progetto hanno partecipato undici imprese (Alstom Ferroviaria, Altea, Astrazeneca, Axxam, ASC Consorzio Desio Brianza, ERSAF Lombardia, Eureka, IBM, Istituto Europeo di Oncologia, Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Solaris), tutte nel territorio della Lombardia, la gran parte delle quali di dimensioni medio-grandi, alcune piccole, tre di loro pubbliche.
La costruzione del progetto personalizzato è partita da un’attenta e profonda rilevazione dei bisogni aziendali. In primis è stata costruita una griglia d’intervista per la rilevazione dei dati generali. Generalmente sono stati dedicati ad ogni impresa almeno due incontri, per alcune, con realtà complesse, anche tre.
È opportuno segnalare che ci si è accostati alle aziende con un atteggiamento di “ascolto” e questo ha favorito l’instaurarsi con i partecipanti all’intervista – generalmente responsabili delle Risorse Umane – di una logica di fiducia reciproca, del desiderio di collaborare per individuare soluzioni di problemi spesso endemici.
I partner hanno proposto alle aziende un variegato pacchetto di servizi, per accompagnarle nella soluzione delle criticità legate agli adempimenti della Legge 68/99 e alla gestione delle persone con disabilità in azienda. A tal proposito è stato creato un paniere di azioni/strumenti/metodologie/soluzioni organizzative per le aziende, con la finalità di supportarle nelle problematiche legate alla gestione della disabilità e alle disabilità acquisite in costanza di rapporto di lavoro.
I dati emersi durante quegli incontri e le risposte alle interviste hanno consentito di realizzare una fotografia nitida dell’impresa, nella quale si evidenziavano in dettaglio i bisogni espressi o non espressi. Su questi il Tavolo di Governance del progetto ha strutturato la proposta dei servizi da erogare, tutti su misura, personalizzati.

L’adesione al progetto, dapprima cauta, si è fatta via via più collaborativa, fino a suggellare “un patto” dell’impresa con il Direttore di ROAD per la realizzazione di servizi ad hoc.
Numerosi, come detto, sono stati i servizi offerti e realizzati che hanno riguardato la fase dell’inserimento lavorativo della persona con disabilità, come la consulenza sulla selezione del personale e nell’espletamento delle pratiche amministrative (COB-Comunicazioni Obbligatorie, Convenzioni ecc.). In tal senso ha sorpreso la limitata conoscenza della convenzione (ex articolo 14 del Decreto Legislativo 276/03*), e su questo argomento sono stati promossi incontri informativi tra le aziende che hanno aderito al progetto e le cooperative interessate.
Per la fase di permanenza in azienda si è utilizzato il tutoring, soprattutto nelle prime fasi dell’inserimento o durante momenti particolari della vita lavorativa della persona con disabilità; inoltre, sono stati presentati corsi di sicurezza generica e specifica, studiati appositamente anche per lavoratori con diverse tipologie di disabilità.

Qui vorremmo segnalare l’innovatività di tre servizi offerti: la formazione del disability manager e del tutor aziendale, la creazione degli Osservatori Aziendali e l’utilizzo dell’Inclusive Job Design.
La formazione del disability manager e del tutor aziendale è fondamentale per realizzare il Disability Management: l’uno progetta, gestisce, monitora i programmi di integrazione socio-lavorativa delle persone con disabilità; si occupa della pianificazione, ricerca, selezione e inserimento in azienda, fino allo sviluppo professionale e organizzativo; collabora inoltre con la rete territoriale e i servizi per l’inserimento. L’altro, il tutor aziendale, accoglie e inserisce la persona con disabilità nel contesto lavorativo, illustra le mansioni che dovrà svolgere, la guida nel perfezionare le proprie capacità lavorative e per gestire al meglio le relazioni sociali e la sostiene nei momenti di cambiamento. Inoltre, individua i segnali di crisi o malessere.
È evidente come queste due figure debbano lavorare in stretta collaborazione ed esse faranno parte di diritto del gruppo di lavoro dell’Osservatorio Aziendale. Quest’ultimo, nella sua accezione più completa, è una struttura che coinvolge ruoli aziendali diversi, che hanno la funzione di attivare un intervento virtuoso per la risoluzione delle criticità. Ha anche il compito di elaborare, indirizzare e monitorare le azioni aziendali volte alla piena inclusione e alla valorizzazione dei lavoratori con disabilità e a rischio di inabilità e di attivare la rete dei servizi. Ne fanno parte manager delle Risorse Umane e dei reparti dove lavorano persone con disabilità, rappresentanti dei lavoratori, RSPP (Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione), il medico competente e, ovviamente, il disability manager e il tutor aziendale.
La struttura dell’Osservatorio è legata alle dimensioni e alle caratteristiche dell’azienda e in alcuni casi la funzione può essere direttamente sviluppata dal disability manager, che agisce di volta in volta con il supporto di altre figure all’interno dell’azienda.
Sei sono le aziende che hanno deciso di aprire un Osservatorio e che sono state seguite nelle prime riunioni dal Progetto ROAD, per definire  funzioni e finalità.

Una menzione a parte, infine, merita il metodo cosiddetto Inclusive Job Design (IJD), letteralmente “Progettazione inclusiva del lavoro”, strategia nata e diffusa in Olanda.
Con tale approccio ci si prefigge in sostanza di identificare – all’interno di posizioni e routine di lavoro consolidate – attività semplici, ma sufficientemente significative e rilevanti in termini di tempo e di impatto sui risultati finali, che possano essere estrapolate dalla posizione principale. In questo modo i lavoratori più qualificati hanno più tempo a disposizione per le attività per cui sono stati formati e selezionati, mentre le attività semplici vengono riorganizzate in posizioni adatte a persone con disabilità.
Il metodo dell’IJD è finalizzato ad individuare posizioni regolari e a lungo termine, comunque significative nei processi di lavoro dell’azienda, con la possibilità di essere apprese attraverso la pratica, con bassa responsabilità, molto strutturate e chiare.
L’obiettivo è quello di supportare le aziende nell’adempimento dei loro obblighi, senza perdere produttività e dove possibile aumentando i rendimenti. Poiché possono emergere resistenze all’interno dell’organizzazione, il Job Design utilizza tecniche e strumenti per coinvolgere i lavoratori dell’unità in cui verrà inserita la persona con disabilità, favorendo decisioni condivise dal gruppo di lavoro.

In conclusione, pensiamo che debba continuare ed affermarsi il nuovo corso culturale o nuovo paradigma evidenziato nella sperimentazione del Progetto ROAD: il ruolo centrale dell’azienda nel processo di inserimento e mantenimento del posto di lavoro, e dunque il deciso orientamento all’ascolto dei bisogni di chi offre lavoro e non solo di chi lo cerca; inoltre, la personalizzazione dei servizi e la continuità dell’offerta nel tempo.
Attualmente è in fase di studio e organizzazione un servizio che offrirà alle aziende quanto sperimentato in ROAD e che opererà inizialmente sul territorio lombardo, allargandosi successivamente alle altre Regioni.

*La convenzione, fissata dall’articolo 14 del Decreto Legislativo 276/03, è uno degli strumenti di politica attiva del lavoro che permette alle aziende di assolvere agli obblighi previsti dalla Legge 68/99, consentendo contestualmente l’inserimento lavorativo in contesti protetti delle persone con disabilità che presentano particolari difficoltà di integrazione/inserimento nei cicli lavorativi ordinari.

Diana Quinto è disability manager della Società SLO (Sviluppo Lavoro Organizzazione di Milano); Marino Bottà è esperto dei servizi di inserimento lavorativo, già responsabile del Collocamento Disabili e Fasce Deboli della Provincia di Lecco; Sergio Bevilacqua è amministratore della Società SLO; Cristian Clemente è responsabile dell’Area Politiche del Lavoro dell’ANMIL di Milano (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro).

Share the Post: