L’amministrazione di sostegno, l’uguaglianza e il rispetto del beneficiario

di Giulio Rufo Clerici*
La Corte di Cassazione ha recentemente condiviso l’orientamento secondo cui l’amministrazione di sostegno - introdotta nel 2004, per superare i ben più rigidi istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione - ha la funzione di «rimuovere ostacoli di natura psichica o fisica che impediscono al beneficiario di esprimere e sviluppare la propria identità». Tale Sentenza, dunque, ha attuato la volontà del Legislatore, di «tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana»
Dipinto che può ben rappresentare l'amministrazione di sostegno
Un dipinto che rappresenta la funzione dell’amministratore di sostegno

La Corte di Cassazione, recentemente, ha condiviso l’orientamento secondo cui l’amministrazione di sostegno [strumento introdotto dalla Legge 6/04, che ha consentito di superare i ben più rigidi istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, N.d.R.] ha la funzione di «rimuovere ostacoli di natura psichica o fisica che impediscono al beneficiario di esprimere e sviluppare la propria identità» (Cassazione, 28 febbraio 2018, n. 4709).
Il caso in esame riguardava una persona anziana – priva di disturbi sul piano cognitivo – in favore della quale era stata aperta un’amministrazione di sostegno, a motivo dell’analfabetismo della beneficiaria e dell’opportunità di conservarne il patrimonio, su richiesta dei familiari. La Corte d’Appello, successivamente, aveva accolto il reclamo della donna, sia perché le sue patologie, legate all’età, risultavano poco significative, sia perché le domande apparivano dirette alla tutela di interessi economici, piuttosto che al suo benessere. La Cassazione ha infine confermato la decisione della Corte d’Appello, alla luce – tra l’altro – dei princìpi di uguaglianza, di rispetto della vita privata e di proporzionalità tra le effettive esigenze della beneficiaria e il contenuto dei provvedimenti del Giudice.
Infatti, se l’interessato è lucido, contrario alla nomina dell’amministratore e in grado di gestire se stesso con un’organizzazione adeguata – ha rilevato la Cassazione in un caso precedente – «il Giudice non può imporre misure restrittive della sua libera determinazione» (Cassazione, 27 settembre 2017, n. 22602): un principio che vale, a maggior ragione, quando l’amministratore di sostegno non giova alla persona anziana e lede la sua dignità, ponendola in secondo piano, rispetto a problematiche di fatto come l’analfabetismo (Cassazione, 28 febbraio 2018, n. 4709, citata in precedenza).

Questo orientamento, in primo luogo, attua la volontà del Legislatore di «tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente» (articolo 1 della Legge 6/04) [grassetto nostro nella citazione, N.d.R.].
A ciò si è giunti mediante lavori preparatori di anni: il Disegno di Legge S375, approvato dal Senato il 21 dicembre 2001, prevedeva l’amministrazione di sostegno anche «per le persone in età avanzata». L’ulteriore Proposta di Legge C2189, lo stesso giorno, conteneva una previsione analoga. Solo il 15 ottobre 2003 la Camera ha approvato l’attuale formulazione dell’articolo 404 del Codice Civile: «la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio».
In tal modo è attuato il principio costituzionale secondo cui la Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (articolo 3 della Costituzione).

In secondo luogo, il riconoscimento dei diritti fondamentali di coloro che sono fragili e vulnerabili implica, sul piano processuale, la loro possibilità di difendersi al pari di ogni altro soggetto: di conseguenza, gli interessati possono impugnare i provvedimenti che li riguardano – autonomamente, senza l’intervento di un eventuale tutore, curatore, amministratore ecc. – al momento dell’apertura o chiusura della misura di protezione, come avviene tra l’altro in Germania, Svizzera, Danimarca, Estonia, Ungheria, Irlanda, Lituania, Polonia, Slovacchia e Turchia (si veda Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Stanev v. Bulgaria [GC], App. no. 36760/06, 17 gennaio 2012, § 93).
Il beneficiario risulta così tutelato in modo adeguato (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Mikhaylenko v. Ukraine, App. no. 49069/11, 30.5.2013).

Alla luce di questi princìpi, dunque, la Cassazione ha accolto le richieste di una donna capace di agire e ne ha riconosciuto i diritti, indipendentemente dall’età e da un analfabetismo che esisteva anche in gioventù, confermando che l’amministratore di sostegno promuove gli interessi di persone uguali a noi, quando è necessario, rimuovendo gli ostacoli che incontrano sul loro cammino: le parole della Cassazione incoraggiano pertanto gli amministratori di sostegno, i familiari e quanti si adoperano per i beneficiari, ogni giorno, rinnovando la promessa di un futuro migliore anche per i più deboli.

Avvocato, componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione di Promozione Sociale InCerchio di Milano.

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