Matteo Caronni, giovane affetto da amiotrofia spinale (SMA), conduce con Valentina Protasoni su Telelombardia un programma che si intitola io Tubo. Per scoprire di che cosa si tratta ne abbiamo parlato direttamente con i conduttori.
Come è nato io Tubo?
«L’idea è partita dal direttore responsabile di Telelombardia, Fabio Ravezzani, che ha ritenuto interessante fare scoprire ai telespettatori i video più spiritosi e originali caricati su YouTube, il noto canale di comunicazione del web su cui ogni giorno vengono inseriti circa 65.000 video. Un vero “oceano” di materiale, spunti e stimoli».
Come selezionate i video?
«Cerchiamo quelli più divertenti e curiosi. Altre volte, invece, scegliamo quelli più seri, per collegarci a un argomento specifico che riteniamo interessante affrontare».
Cosa ne pensate di YouTube?
«YouTube è un ottimo modo per condividere filmati divertenti realizzati amatorialmente. Ormai, però, è diventato uno strumento per soddisfare la voglia di apparire che tante persone hanno e non a caso oggi vi si trovano più video stupidi e diseducativi che divertenti».
Matteo, tu hai l’amiotrofia spinale. Hai sempre desiderato fare questo lavoro? E la disabilità ha condizionato il tuo percorso?
«Fare il giornalista sportivo, in particolare di basket, è sempre stato il mio sogno. Mi sono laureato alla Bicocca di Milano in Scienze della Comunicazione e mentre facevo lo stage a Telelombardia, mi è stata offerta la conduzione di io Tubo, che ho accettato. La mia malattia non mi ha creato ostacoli particolari, se non quello di vincere un po’ la vergogna iniziale».
Nello svolgimento delle attività professionali, incontri barriere architettoniche e/o psicologiche?
«Direi di no. E se ho qualche difficoltà, mi danno una mano i colleghi della redazione sportiva o Valentina stessa».
La tua partecipazione al programma rappresenta un esempio di integrazione sociale che passa per una crescita professionale e personale. A tal proposito, ti sembra che le cose stiano cambiando nel nostro Paese?
«Me lo auguro e se potrò essere utile in questo senso, nel mio piccolo, continuerò a farlo ben volentieri».
Cosa consigli ai giovani, con disabilità e non, che desiderano lavorare in questo ambiente?
«Di non autolimitarsi più di quanto già ti costringa a farlo la disabilità. A volte non è facile battere la timidezza e la vergogna, però bisogna avere un po’ più di “faccia tosta” e usare di più l’ironia, senza piangersi troppo addosso. Ovviamente restando consci dei propri limiti, che comunque ci sono». (Crizia Narduzzo)
*Intervista pubblicata dal n. 172 di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con il titolo Io Tubo, e tu?, qui ripresa per gentile concessione.
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