“Spulciando” tra i documenti del 2016-2017 dell’Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Istruzione Inclusiva e le raccomandazioni dell’ONU in merito all’applicazione della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, e confrontando i dati che ne emergono con quelli di una ricerca del 2004, condotta dall’Agenzia Europea Eurydice (Sistemi educativi e politiche in Europa), si può ricavare un quadro sull’evoluzione dei processi di inclusione scolastica avvenuta in questi anni nei vari Paesi europei.
Mancando per altro dei parametri oggettivi comuni che consentano una valutazione qualitativa del processo di inclusione, tale analisi può essere basata solo sul confronto di dati “quantitativi”; qualche indicazione sulla qualità dell’inclusione può tuttavia essere ricavata dall’esame delle citate raccomandazioni ai vari Paesi, rispetto all’applicazione concreta dei princìpi della Convenzione ONU.
In tal senso, detto che nell’Unione Europea, al di là di indicazioni derivanti da specifiche linee guida, l’organizzazione dei sistemi di educazione è lasciata ai singoli Stati, un’informazione complessiva sull’inclusione scolastica si può appunto ricavare dal bilancio sull’applicazione della Convenzione ONU guardando all’anno 2014, dove gli alunni con Bisogni Educativi Speciali, compresi quelli con disabilità, risultavano essere il 4,1% del totale.
Ebbene, la loro istruzione avveniva per il 60% in classi comuni e per il 40% in scuole speciali, ma tra i 16 e 19 anni la percentuale di abbandono scolastico degli alunni con disabilità era di oltre il doppio, rispetto a quella degli alunni “normodotati” (il 25% contro il 12,4 dei compagni).
Passando all’esame dei vari sistemi educativi, oggi, come nel 2004, troviamo presenti a diversi livelli, e a seconda del singolo Paese, tre principali sistemi di istruzione per gli alunni con disabilità: il sistema di inclusione (“tutti nella scuola di tutti”); il sistema multidirezionale (possibilità di scelta tra scuola speciale e scuola di tutti); il sistema bidirezionale (alunni senza disabilità nella scuola di tutti e alunni con disabilità solo nelle scuole speciali).
Diciamo subito che oggi in Europa – sia pur con diversità da Stato a Stato, rispetto alle varie tipologie di disabilità – nella quasi totalità dei Paesi è presente, anche se con modalità e percentuali di inclusione molto diverse, il modello multidirezionale, ovvero la possibilità di scegliere tra l’inclusione nelle classi comuni e le scuole speciali.
Come già nel 2004, in Grecia, Spagna, Portogallo e Italia vi è la piena inclusione in tutte le scuole di ogni ordine e grado: in questi quattro Paesi, infatti, solo in casi eccezionali e quando vi sia l’assoluta necessità di un presidio medico continuo, i ragazzi con gravi disabilità studiano in particolari centri.
In Francia, dopo l’approvazione nel 2005 di una legge sui diritti di parità delle persone con disabilità nella scuola, nelle università e nel lavoro, oggi, a differenza che nel 2004, gli alunni con disabilità sono inclusi nelle classi normali. E tuttavia, la famiglia, di concerto con il neuropsichiatra infantile e gli insegnanti, può chiedere l’inserimento del figlio in una classe speciale, comprendente sette od otto alunni, di norma tutti con disabilità intellettiva grave, ospitati nello stesso edificio in aule adiacenti alle altre, ma svolgendo un programma del tutto differenziato.
E comunque, per favorirne anche in questi casi l’inclusione, sono previste delle “ore di inclusione” in cui la classe speciale viene riunita ad una classe comune.
Nei Paesi della Penisola Scandinava, Svezia, Norvegia e Finlandia, pur permanendo sul piano giuridico il sistema multidirezionale, di fatto sono sempre meno i genitori che chiedono l’inserimento dei figli nelle classi speciali, le quali sono ormai pochissime e frequentate da un numero limitato di studenti.
Strana e particolare è la situazione in Islanda, dove gli alunni con disabilità sono inclusi, salvo quelli con disabilità intellettiva e/o relazionale. Qui una particolare attenzione all’inclusione viene riservata alle persone con disabilità sensoriale: il Braille e la Lingua dei Segni, infatti, sono riconosciuti dalla Costituzione Islandese come lingue ufficiali per la comunicazione.
Una situazione completamente opposta è quella che troviamo nel Regno Unito, dove l’inclusione, che nel 2004 era appena stata avviata (fino ad allora ogni regione aveva una scuola speciale a regime residenziale, specificamente dedicata a ciascuna tipologia di disabilità), vede oggi circa il 50% degli alunni con disabilità frequentare le classi comuni, ad eccezione di quelli con disabilità sensoriale, dove la percentuale di istituzionalizzazione presso i “collegi” per ciechi e sordi è ancora molto più alta.
Altra particolarità: l’inclusione scolastica in Scozia e Galles è del 30% superiore a quella rilevata in Inghilterra e la stessa apertura all’inclusione la troviamo anche in Irlanda.
Il sistema multidirezionale è presente anche in Danimarca, dove però l’inclusione è ancora in una fase sperimentale, ad eccezione che per gli alunni con disabilità sensoriali. Essa è per altro una prassi che va ormai consolidanosi, soprattutto per quanto riguarda la frequenza della scuola secondaria di secondo grado.
Percentuali maggiori di inclusione rispetto al 2004 le troviamo pure in Austria, dove i genitori scelgono tra la scuola speciale e la scuola comune, ma oggi quest’ultima viene preferita per i bambini e ragazzi con disabilità sensoriali e intellettive non gravi.
In Svizzera, invece, anche a causa di una legislazione poco chiara, il sistema multidirezionale viene applicato in modo diverso per ciascuno dei tre Cantoni: nel Canton Ticino l’inclusione è quasi totale, mentre in quelli di lingua francese e tedesca, essa è subordinata al parere di una commissione composta dai genitori dell’alunno con disabilità, dal dirigente scolastico, dal neuropsichiatra infantile e da uno psicologo. E in ogni caso, qualora l’alunno incluso in classe comune non riesca a seguirne i ritmi, la commissione di cui sopra può intervenire e indirizzarlo ad una scuola speciale.
Per quanto concerne i Paesi Bassi, il Belgio e il Lussemburgo, dove fino al 2004 il sistema di istruzione era totalmente bidirezionale, con istituti lontani dalle città, si stanno cominciando ad inserire in classi comuni gli alunni con disabilità motorie, mentre per tutte le altre tipologie di disabilità permangono gli istituti e le scuole speciali.
La nazione, però, che ancora oggi ha un sistema del tutto bidirezionale – tranne rarissime sperimentazioni di inclusione in alcuni Länder di qualche alunno con disabilità motoria – è la Germania, dove troviamo classi speciali (unico caso in Europa) anche per gli alunni con DSA (disturbi specifici di apprendimento). La dualità del sistema di istruzione è radicata, anche perché i docenti che insegnano nelle varie scuole speciali frequentano sin dall’Università un percorso formativo specialistico riferito a una singola disabilità e completamente diverso da quello dei colleghi delle classi comuni.
Infine, anche i Paesi dell’Europa orientale, Russia compresa, dopo la caduta del Muro di Berlino hanno lasciato tutti i precedenti sistemi bidirezionali, per adottare il sistema multidirezionale, per cui – sia pur con situazioni concrete molto diverse da Paese a Paese – i genitori possono di norma scegliere tra scuola comune e scuola speciale.
In particolare la Croazia, la Polonia, la Romania, la Slovenia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca sono le nazioni dove l’inclusione scolastica ha avuto il maggiore sviluppo, mentre in Estonia, Lettonia, Lituania, Russia e Ucraina, la percentuale di alunni inclusi arriva oggi al solo 20%.
Come si può vedere, dunque, l’istruzione degli alunni con disabilità realizzata in classi comuni si è nel complesso ulteriormente diffusa, rispetto a una quindicina di anni fa, ma permangono, in generale, grosse difficoltà per l’inclusione delle persone con disabilità intellettive medio-gravi e, in alcuni Stati, anche per quelle con disabilità sensoriali.
Pedagogista, esperto in Scienze Tiflologiche (paschetta.luciano@gmail.com).
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