Bambini, adolescenti e adulti con autismo sempre più indifesi: perché?

di Gianfranco Vitale*
«Perché certi fatti accadono e si ripetono con puntualità?»: a chiederlo è Gianfranco Vitale, riflettendo sul caso di ripetuti maltrattamenti - solo l’ultimo di una lunga serie - riguardante alcuni minori con autismo o altre disabilità intellettive in un Istituto della Puglia. «Molto dipende - scrive - dalla formazione scadente e dalla mancanza di controlli e vigilanza da parte delle Istituzioni Pubbliche». Nell’affermare poi la necessità della videosorveglianza all'interno delle strutture, ritiene che di tali casi dovrebbe rispondere anche chi non ha adeguatamente vigilato
Gabriele, giovane adulto con autismo
Gabriele, giovane adulto con autismo

La vergognosa vicenda dei bambini autistici, maltrattati e umiliati in un Istituto di Noicattaro, in provincia di Bari, ci sbatte in faccia, ancora una volta, la drammatica realtà che accomuna molti Centri Diurni e Residenziali sparsi – non sempre con una logica di facile comprensione – nel nostro Paese, e ripropone gli stessi inquietanti interrogativi seguiti , per esempio, all’incomprensibile assoluzione in primo grado dei colpevoli di Casa Alice a Grottammare (Ascoli Piceno) [se ne legga ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
Chi scrive amministra una pagina Facebook che conta su circa 22.000 contatti: i commenti più generosi, nell’esprimere sdegno e riprovazione per i fatti accaduti, invocano – come c’era da attendersi – innanzitutto la condanna esemplare delle quattro “educatrici” colpevoli. La mia impressione, però, pur comprendendo appieno l’indignazione che il caso suscita, è che questo giudizio sia insufficiente, se non si accompagna ad una più approfondita disamina della realtà che lo ha reso possibile.

La domanda che dobbiamo porci, in primis, è la seguente: «Perché certi fatti accadono e si ripetono con puntualità?». Naturalmente una sola risposta non esiste… Io credo che molto dipenda non solo dalla formazione scadente, e a volte inesistente, del personale preposto a un compito certo non facile, qual è la cura di persone affette da autismo, ma più ancora dalla deprecabile mancanza di controlli e vigilanza che dovrebbero essere assicurati dagli organi delle Istituzioni Pubbliche competenti, viceversa ridotte al ruolo di meri erogatori economici di servizi delegati all’esclusiva discrezionalità dei partner privati.
In questa delega assurda e unilaterale si nasconde il tarlo della spregiudicatezza che trasforma alcune comunità – sicuramente non tutte – in veri e propri gironi danteschi dove ogni cosa è permessa e, ciò che è persino più odioso e preoccupante, raramente nota all’esterno, soprattutto a causa delle critiche condizioni di pazienti fragili e indifesi.
Se questi Centri fossero monitorati con la giusta attenzione e frequenza e se, in presenza di palesi contravvenzioni dei protocolli sottoscritti, i Comuni e le ASL adottassero le sanzioni conseguenti (non solo di natura amministrativa, ma per esempio anche quelle che portano al recesso immediato della convenzione sottoscritta), io credo che alcuni scaltri “imprenditori della salute”, molto attenti ai profitti, ci penserebbero parecchio prima di violare le norme del diritto.
Nel caso di Noicattaro questi controlli ci sono stati? E se non ci sono stati perché i funzionari preposti non sono puniti per la loro omissione?

Altro nervo scoperto è quello che riguarda l’installazione di apparecchi di videosorveglianza all’interno delle strutture. Dico subito che sono del tutto favorevole all’adozione di questo provvedimento. Trovo risibili e pleonastici i richiami ricorrenti di pur autorevoli personalità che, a giorni alterni, ci ricordano che la priorità non deve essere quella di “reprimere” (l’installazione di videocamere reprime?), ma semmai di costruire strutture «non segreganti né votate alla sedazione e alla contenzione, in cui si affermino la formazione del personale e il suo aggiornamento continuo, lo sviluppo delle competenze, la preparazione nella gestione dei comportamenti disadattivi, l’adozione di strumenti e metodi per il benessere degli operatori».
Detto che aggiungerei a questo corposo elenco il suggerimento che diventi altrettanto prioritario il benessere degli ospiti, mi chiedo come si possa non essere d’accordo sull’esigenza di soddisfare gli obiettivi appena richiamati. Di più: a mio parere è sicuramente necessaria la valutazione attitudinale nell’accesso alle professioni educative e di cura, e con essa la verifica periodica della sussistenza dei requisiti di idoneità psico-attitudinale, in modo da tenere sotto controllo il progressivo logoramento psicofisico che deriva dal garantire una prestazione di assistenza continua a soggetti che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità.
Ciò che non capisco è perché questo irrinunciabile processo di sviluppo qualitativo, all’interno delle strutture, non possa accompagnarsi all’utilizzazione di altre risorse che, nella migliore delle ipotesi, lo avvalorerebbero, ma nella peggiore… Eh sì, perché realisticamente esiste anche un’ipotesi peggiore… Di buone intenzioni, si sa, è lastricato il mondo, ma è innegabile che non tutte diventino realtà. E poi: chi ci assicura che costruire strutture modernissime ci metta “automaticamente” al riparo da inadempienze e ricatti… di vario genere?

Piaccia o non piaccia, faremmo bene a ricordare che nel caso di Noicattaro le indagini sono partite non a seguito di un controllo preventivo di Comune e ASL – che, torno a ripetere, sarebbe stato doveroso -, ma dalla denuncia di una dipendente di quel centro privato convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, che ha riferito ai Carabinieri di avere assistito a ripetuti comportamenti violenti e vessatori nei confronti dei piccoli, cominciati almeno dal 2016.
Le telecamere hanno documentato in un mese almeno 100 (CENTO) episodi di maltrattamenti nei confronti di nove bambini tra i sette e i quindici anni! I piccoli (come riportato, tra gli altri, dal quotidiano «Il Messaggero») venivano legati alle sedie con le braccia bloccate dietro la schiena e messi a tacere quando urlavano e piangevano. Le educatrici pigiavano fazzoletti sulla loro bocca, fino quasi a bloccar loro il respiro.
Le intercettazioni audio nei bagni della struttura hanno documentato il suono di schiaffi sulla pelle nuda e i pianti dei piccoli, oltre a numerosi episodi di minacce e insulti.
Parliamo di bambini, affetti da gravi forme di autismo, che in molti casi non erano nemmeno in grado di comunicare le violenze subite. Una mamma ha raccontato di avere notato dei segni sulle braccia di suo figlio e quando ha chiesto spiegazioni le è stato risposto che era caduto.
Senza questa ingente documentazione, resa possibile solo dall’installazione delle videocamere, avremmo mai saputo di una vergogna così grande consumata sulla pelle di innocenti? Quante altre angherie e soprusi avrebbero dovuto sopportare prima che il virtuoso percorso disegnato da certi sapienti studiosi si compisse?
Posso permettermi di segnalare loro che a mio figlio è stata riscontrata, un mattino di due anni fa, l’“improvvisa” incrinatura di una costola, con prognosi di venti giorni rilasciata dall’ospedale, ma l’assenza di un circuito di videosorveglianza interna ha impedito di risalire ai responsabili, senza che nei confronti di costoro fossero adottati provvedimenti e soprattutto senza che la Procura della Repubblica desse seguito alla mia denuncia?

L’ordinanza di custodia cautelare nei confronti delle educatrici responsabili dell’infamia di Noicattaro non può bastare, anche se la decisione dell’autorità giudiziaria va naturalmente rispettata. Spero ancora, però, che le responsabili scontino la pena in carcere e vi rimangano a lungo.
Ma, in pari misura, non ho difficoltà ad aggiungere che l’input del potere mediatico, che mette la sordina ad altre responsabilità, non mi piace affatto. Trovo giusto, per le ragioni che ho provato a spiegare, che provvedimenti consoni siano assunti anche nei confronti di quei funzionari e dirigenti pubblici che non hanno vigilato adeguatamente, nonché nei riguardi di chi è al vertice di un istituto come quello pugliese, presentato, addirittura, come “centro di riabilitazione per l’autismo”.

Ora questi bambini, e le loro famiglie, vanno aiutati ad ogni costo, tenendo conto del dramma che hanno sofferto. Sarebbe bello se le Associazioni, oltre che esprimere scontate parole di circostanza, si costituissero parte civile, qualora ve ne fossero i presupposti giuridici.
A Lorenzo Fontana, invece, responsabile di un fantomatico Ministero per le Disabilità, rivolgo un accorato appello, da genitore di un figlio autistico adulto, perché dia a se stesso, magari grazie a un forte pizzicotto, un segno tangibile di esistenza, tale da metterlo in condizione di battere un colpo. È tempo infatti di operare concretamente, e non a parole, a sostegno di persone che soffrono ogni giorno per il deplorevole abbandono a cui sono condannate da politiche, queste sì, miopi e alienanti di chi ci amministra e governa!

Padre di un uomo autistico di 38 anni (www.facebook.com/autismoIN).

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