Assistenti all’autonomia e alla comunicazione alla ricerca di un riconoscimento

a cura di Michele Peretti*
Gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione sono certamente figure di grande importanza per un buon percorso di inclusione degli alunni con disabilità e tuttavia non godono ancora del giusto riconoscimento professionale. Entrambi gli aspetti emergono con chiarezza dall’intervista che presentiamo oggi, rivolta a Esther de Gennaro, che oltre ad avere creato il gruppo Facebook “Noi Assistenti all’autonomia e comunicazione”, è un vero e proprio punto di riferimento per il settore a livello nazionale
Un’assistente all’autonomia e alla comunicazione insieme a un bimbo con disabilità

Esther de Gennaro è un’assistente specialistica all’autonomia e alla comunicazione [d’ora in poi quasi sempre ASACOM, N.d.R.], sempre in prima linea per il riconoscimento professionale di tale figura e per la tutela del diritto allo studio degli studenti con disabilità, tanto da diventare un vero e proprio punto di riferimento a livello nazionale per genitori e colleghi che si rivolgono costantemente a lei per consulenze.
Ha creato tra l’altro il gruppo Facebook Noi Assistenti all’autonomia e comunicazione e sta preparando un blog ad esso collegato. «L’ASACOM – spiega – è l’operatore socio-educativo che affianca e supporta lo studente con disabilità sensoriale (sordo, cieco, sordocieco), psicofisica e con disturbo dello spettro autistico. Egli agisce nella compensazione delle difficoltà comunicative e relazionali conseguenti alla condizione di disabilità, favorendo il rispetto del diritto all’istruzione e all’integrazione sociale dello studente con disabilità e agevolando un adeguato rapporto comunicativo».

Quali sono le sue mansioni?
«Per quanto concerne l’assistenza diretta e il supporto scolastico, coadiuva il personale scolastico e sociale e gli operatori sanitari nell’assistenza dello studente con disabilità; assiste ad personam, in particolare nelle attività scolastiche, relazionali e di studio individuale; realizza attività di supporto all’autonomia, alla comunicazione e all’integrazione; collabora alle attività finalizzate al conseguimento di abilità comunicazionali, linguistiche e relazionali, allo sviluppo dell’autonomia, delle capacità, alla rieducazione, riattivazione e al recupero funzionale.
Per quanto riguarda invece il progetto educativo, partecipa all’individuazione delle politiche inclusive della scuola (PTOF); partecipa all’identificazione del Progetto di Vita dell’alunno; partecipa a tutti i momenti dell’integrazione scolastica; collabora alla redazione del PEI (Piano Educativo Individualizzato); propone strumenti e metodologie didattiche; illustra le modalità per migliorare la comunicazione diretta e la relazione tra i docenti, alunno e gruppo classe; è qualificato per offrire momenti informativi inerenti le metodologie utilizzate per specifica disabilità (Lingua dei Segni Italiana/Braille/Malossi/ABA/CAA/PECS)».

Come lo si diventa? Vi sono dei requisiti?
«Per l’accesso ai corsi di formazione per ASACOM, è richiesto oggi il diploma di scuola superiore (non è necessaria la laurea) e il compimento del diciottesimo anno di età alla data di iscrizione al corso. Al corso di qualifica professionale di ASACOM per studenti sordi si accede dopo avere conseguito i tre livelli LIS».

Esistono delle leggi a tutela di tale figura?
«La nostra figura professionale non è ancora normata. Purtroppo manca una definizione univoca di essa su tutto il territorio nazionale, sotto il profilo del ruolo, delle funzioni, delle competenze professionali, dei percorsi formativi, della relativa certificazione e del suo riconoscimento legale ed economico.
Poco più di due anni fa, insieme ad alcune colleghe, abbiamo presentato al Ministero una Proposta di Legge (Assistenti in ATA), con la quale chiedevamo la tutela del diritto allo studio degli studenti con disabilità (l’ASACOM deve affiancare lo studente dall’inizio alla fine dell’anno scolastico) e il riconoscimento professionale. La nostra figura credo meriti di essere riconosciuta quanto prima. Purtroppo ogni anno le famiglie e gli alunni con disabilità vivono un forte stato di disagio a causa dei continui tagli al servizio».

Ma qual è esattamente la differenza tra un ASACOM e un insegnante di sostegno?
«Sono due figure completamente diverse. Il primo è un assistente ad personam, ovvero assegnato allo studente con disabilità; l’insegnante di sostegno possiede un titolo polivalente sulla disabilità e viene assegnato alla classe. Ci terrei a precisare che non vi è nessuna normativa che vieti la compresenza delle due figure. Da dire infatti che l’ASACOM, oltre a fungere da ponte comunicativo, è anche un “consulente”».

Chi si occupa dell’assegnazione dell’ASACOM all’alunno con disabilità?
«La gestione del servizio è attribuita agli Enti Locali (Città Metropolitana, Comuni). Le ore di assistenza scolastica vengono indicate nel PEI (Piano Educativo Individualizzato) a seconda delle reali necessità dello studente. La scuola e le famiglie inoltrano la richiesta agli Enti Locali i quali sono obbligati, secondo la Legge 104/92, a fornire l’assistente specialistico, in caso contrario verrebbe leso il diritto all’istruzione sancito sempre dalla Legge 104».

Quali sono, a suo avviso, le qualità imprescindibili che dovrebbe possedere un ASACOM?
«Competenze acquisite mediante l’aggiornamento continuo, professionalità, creatività, passione per il proprio lavoro e soprattutto umiltà».

È importante per tale figura conoscere la Lingua dei Segni Italiana?
«La LIS è una competenza in più, che per altro viene usata non solo dagli studenti sordi, ma anche da studenti con disturbo dello spettro autistico che presentano un grave disturbo del linguaggio e comunicativo e dai bambini con sindrome di Down non vocali. Ritengo sia un’ottima risorsa, ma non è l’unica. L’ASACOM, infatti, deve necessariamente essere in possesso di altre competenze per svolgere il suo lavoro. È una figura in continua evoluzione».

Qual è invece la differenza tra un interprete LIS e un ASACOM?
«Sono due figure completamente diverse anche per quanto concerne il percorso formativo. L’interprete LIS non può affiancare l’alunno a scuola poiché non ne ha le competenze e l’ASACOM non può sostituirsi all’interprete, che opera soprattutto in àmbito universitario, televisivo e congressuale.
Un’ulteriore distinzione va fatta tra interprete LIS scolastico su richiesta della famiglia e ASACOM: sono sempre due figure diverse».

Esiste anche la figura dell’ASACOM sordo?
«Sì, affianca il bambino nei primi anni di vita, sia in àmbito domiciliare che scolastico».

Cosa le piace del suo lavoro?
«L’ho scelto perché amo lavorare con i bambini/ragazzi con disabilità. Penso ai loro sorrisi, ai loro occhi, alle loro emozioni e soprattutto ai loro progressi. Sì, i loro progressi, poiché l’ASACOM deve aiutare un bimbo a far da solo, ad essere il più autonomo possibile, ad essere protagonista e mai spettatore, senza mai sostituirsi all’alunno. Mi piace il mio lavoro perché mi piace mettermi in gioco, mi piacciono le “sfide”».

La presente intervista è apparsa nella testata in web «Vivere Fermo» e viene qui ripresa, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Sul medesimo tema suggeriamo ai Lettori anche un nostro recente articolo (a questo link), dedicato a una petizione lanciata nel web e tuttora attiva, con la quale alcuni assistenti all’autonomia e alla comunicazione chiedono che tale figura professionale sia prevista all’interno dell’organico scolastico.

Share the Post: