Gentile Direttore di «Panorama» Giorgio Mulè, sono il presidente di una cooperativa sociale che gestisce due (belle!) case famiglia per persone con grave disabilità a Roma, denominate Spes contra Spem [Luigi Vittorio Berliri è anche presidente dell’Associazione Casa al Plurale di Roma, N.d.R.].
Preoccupato per le vicende internazionali – come qualsiasi mio concittadino, immagino – spero di trovare sui settimanali approfondimenti e riflessioni. La Libia sull’orlo di una guerra che potrebbe trasformarsi in un conflitto mondiale, che vede la nostra nazione coinvolta in prima linea, il Giappone e il rischio nucleare (vorrei sapere se davvero c’è un rischio reale di radioattività…). Iniziano poi importanti processi che vedono coinvolto il nostro Presidente del Consiglio e anche in questo caso mi piacerebbe conoscere tutti i punti di vista, anche quello del suo giornale (in realtà a me piacerebbe conoscere solo i fatti, non i punti di vista, ma questa è illusione, e lo so bene).
E cosa sceglie invece come copertina l’ultimo numero del suo giornale? Una sedia a rotelle con Pinocchio sopra e a caratteri cubitali la scritta SCROCCONI. Associando così l’immagine dell’invalido a quella dello scroccone!
Bene, benissimo la lotta ai falsi invalidi, indifendibili da chiunque! Mi sarebbe però piaciuto leggere sul suo giornale anche una riflessione su come si potrebbe davvero fare la lotta ai falsi, senza mettere in angoscia i “veri invalidi”, spesso chiamati a improbabili visite… Basterebbe incrociare le banche dati (un cieco totale con la patente, tanto per fare un esempio…).
Guardi che sono proprio le persone con disabilità le prime a indignarsi contro i falsi invalidi, i falsi permessi per i posteggi (spesso usati dai parenti come un diritto…), le false pensioni che abbassano gli importi disponibili per tutti.
Ma la sua copertina, invece, rischia di fare di tutta l’erba un fascio (il “fare dell’erba un fascio” era abitudine di altri, settant’anni fa…) e di dare una comunicazione offensiva per le tante persone che in carrozzina ci vivono per davvero, additate dal suo giornale come “persone scroccone”.
Io vorrei invece raccontare dei veri invalidi, della bellezza delle loro storie di vita, a prescindere dalle difficoltà, vorrei poter dire di come sia difficile spiegare alle Istituzioni che per dare davvero una vita degna alle persone che vivono in casa famiglia, e che sono li perché una famiglia non l’hanno più, e da soli davvero non potrebbero autoimboccarsi, autovestirsi, autolavarsi: hanno bisogno di essere aiutate ventiquattr’ore ore su ventiquattro e questo aiuto, ahimè, ha un costo (o vogliamo ucciderli perché “improduttivi” o “troppo costosi”?).
Vorrei poterle raccontare le volte in cui per portare mio figlio a scuola, trovo il parcheggio a lui riservato dai “veri scrocconi”, persone cioè normalissime, senza neppure il tagliando riservato agli invalidi, che vivono realmente fregandosene e loro sì scroccando…
Vorrei infine aprire una riflessione sulla “vita”, sulla sua dignità anche nelle difficoltà, sulla possibilità di essere davvero felici, della Speranza, dell’eutanasia, dell’eugenetica. Mi piacerebbe che piuttosto che accanirsi su casi come quello di Piergiorgio Welby, ci si fermasse a riflettere che proclamare per le persone con gravissima difficoltà il diritto alla vita significa stanziare risorse affinché questo sia possibile, significa scegliere quali sono le priorità.
Ad esempio, se abbiamo pochi soldi, cosa costruiamo prima? Un Centro Congressi che costa 280 milioni di euro (come La Nuvola di Fuksas a Roma) o stanziamo 10 milioni di euro per le case famiglia per persone veramente disabili? Alla Politica il compito di rispondere a queste domande. Alla Stampa, però, il compito di informarci delle risposte e a noi Cittadini il dovere di scegliere.