Cristina Magrini ci indica la strada del diritto all’assistenza

di Fulvio De Nigris*
«Cristina ci lascia nel vuoto, nel dolore per la sua perdita, ma al tempo stesso ci indica gli altri casi come lei sparsi per l’Italia e che ci pongono con urgenza il problema dell’assistenza alle persone in stato vegetativo e minima coscienza. Un tema che si ferma prima della soglia del “fine vita”, per indicarci quell’impegno nel diritto di cura e nel sostegno da parte di famiglie che non possono farcela da sole»: lo scrive Fulvio De Nigris, ricordando Cristina Magrini, donna bolognese scomparsa nei giorni scorsi, dopo avere vissuto per trentotto anni in stato di minima coscienza
Cristina Magrini e il padre Romano
Cristina Magrini con il padre Romano

Cristina Magrini, donna bolognese che da trentotto anni viveva in stato di minima coscienza, è spirata all’età di 53 anni all’Ospedale Maggiore di Bologna. La sua triste vicenda, e quella del papà Romano, sempre battutosi per il diritto all’assistenza, anche grazie al sostegno dell’Associazione che porta il nome della figlia (Insieme per Cristina), era cominciata il 18 novembre 1981, quando, quindicenne, Cristina era stata investita a Bologna, finendo in coma vigile.
Ne affidiamo il ricordo a Fulvio De Nigris, direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma dell’Associazione Gli Amici di Luca, nella Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna.

Ci ha lasciato Cristina Magrini, una ragazza che in trentotto anni è diventata donna e bandiera di una resistenza alla vita gestita con dignità e determinazione in un àmbito familiare, quello dei suoi genitori (e, alla scomparsa della madre, solo il padre Romano), in una sorta di simbiosi coraggiosa. Vita che sosteneva vita, che ai più poteva sembrare mancante, sottratta, eppure vissuta e fatta vitale con tanto amore, devozione e voglia di cambiamento.
Quel cambiamento che purtroppo non è mai arrivato con il risveglio, in un primo tempo sperato e sostenuto anche con cure all’estero, ma con il miglioramento della qualità della vita sostenuta dall’associazionismo, quello di Insieme per Cristina, che in questi ultimi anni ne ha curato la sistemazione in un appartamento a Bologna, in un progetto di cura a Villa Pallavicini, sostenuto dalla Curia arcivescovile e dai Servizi Territoriali.
Cristina ci lascia nel vuoto, nel dolore per la sua perdita, ma al tempo stesso ci indica gli altri casi come lei sparsi per l’Italia e che ci pongono con urgenza il problema dell’assistenza alle persone in stato vegetativo e minima coscienza. Un tema mai troppo approfondito, che si ferma prima della soglia del “fine vita”, per indicarci quell’impegno nel diritto di cura e nel sostegno alle loro famiglie che non possono farcela da sole e che silenziosamente, con dignità, giorno dopo giorno, cercano di dare nuovi colori alla propria vita e a quella dei loro cari. Colori tenui, ma decisi.
La morte di Cristina ci lascia sgomenti, ma ci dice anche che non bisogna fermarsi. Nel suo ricordo e nel messaggio che ci ha lasciato: un messaggio di speranza che deve riverberare in una società più accogliente.

Direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma dell’Associazione Gli Amici di Luca, nella Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna.

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