Come abbiamo segnalato nei giorni scorsi – presentando l’importante Conferenza Internazionale di Roma sulla Vita Indipendente del 4 e 5 maggio (se ne legga cliccando qui) – all’interno di tale evento è previsto anche un momento culturale, durante il quale vi sarà tra l’altro la presentazione della prima edzizione del Premio per la Drammaturgia Teatro e Disabilità, a cura di Vittorio Pavoncello.
Si tratta di un’iniziativa lanciata dall’AVI di Roma (Agenzia per la Vita indipendente) – una delle organizzazioni promotrici della Conferenza di Roma – insieme all’ECAD (Ebraismo Cultura Arte Drammaturgia), in accordo con l’articolo 30 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport), con l’obiettivo di dare una voce all’anima delle molteplici disabilità, attraverso la scrittura di testi teatrali.
In realtà, ciascuna nel proprio settore, l’AVI e l’ECAD operano da anni all’insegna dell’originalità delle proposte, dell’innovazione e della modalità di intervento. L’AVI lo fa tramite una delle forme certamente più all’avanguardia dell’assistenza per la persona con disabilità, attraverso cioè la figura dell’assistente personale per realizzare i principi della Vita Indipendente; l’ECAD, invece, lo fa soprattutto attraverso l’iniziativa La memoria degli altri, creando una serie di originali modalità culturali per celebrare il Giorno della Memoria del 27 gennaio.
Proprio in quest’ultima occasione, tra l’altro, le due organizzazioni ebbero modo di lavorare insieme, per ricordare lo sterminio delle persone con disabilità progettato dal regime nazista, con un evento multispettacolare, intitolato Pulling down, andato in scena nel 2008 nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma.
«Il teatro – spiegano i promotori del Premio Teatro e Disabilità – è stato scelto tra le varie arti poiché più di altre comunica direttamente attraverso la fisicità e la corporeità emozioni e concetti vissuti anche dalle persone con disabilità. Esso, infatti – sebbene sia arte della finzione – non nasconde sulla scena né la mente né il corpo e la sua storia ha tanti personaggi caratterizzati da condizioni di disabilità, che hanno avuto successo verso il pubblico: dalla cecità di Edipo, alla deformazione di Riccardo III, sino alla follia di Enrico IV. Il teatro, insomma, utilizzando un linguaggio capace di trasformare il disagio in esperienza scenica e visionaria, sollecita in autori e spettatori modalità comunicative in grado di superare barriere pregiudiziali che da sempre condizionano l’approccio nei confronti della disabilità, considerata esclusivamente come “problema” piuttosto che come condizione relativa agli esseri viventi, feconda di stimoli e potenzialità. Il modo in cui è percepita la disabilità è strettamente correlato a come essa è rappresentata dai mezzi di comunicazione, valutata come fenomeno marginale e argomento da relegare all’interno di spazi specialistici. Dare voce alle persone che hanno una storia di disabilità da raccontare può essere un’occasione per conoscerne il percorso umano e artistico e riflettere in modo diretto sulle tematiche culturali legate alla disabilità stessa».
Questo Premio di Drammaturgia, quindi, può realmente rivelarsi come una bella opportunità, per chi scrive, per chi fa teatro e per chi ne fruisce. Chi opera in quel mondo, infatti, potrà avere a disposizione nel tempo un archivio di testi dove il mondo della disabilità e la persona con disabilità saranno presentati in accordo con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, favorendone il ritorno nella società reale e avendo a disposizione un panorama cospicuo di personaggi umani da cui attingere e da poter interpretare, secondo i nuovi modelli di vivere e intendere la disabilità.
Il pubblico, poi, avrà un maggior numero di spettacoli sulla disabilità ai quali assistere e sui quali riflettere e operare. (S.B.)