Stefano è nato in Brasile ed è stato adottato da noi, insieme al fratello minore, quando aveva quasi 7 anni. La sua storia è simile a quella di tanti meninos de rùa, i bambini di strada delle città brasiliane che vivono nelle favelas. Viveva grazie a piccoli espedienti e girovagava per le strade della sua città.
Solo lui sa cosa ha visto, fatto e subìto: a noi non ci è stato concesso di conoscere quel tanto che ha vissuto prima di incontrarci. Tuttora ne siamo in gran parte all’oscuro. Sapevamo per certo, però, che aveva difficoltà all’udito: non parlava, non ti guardava in viso, correva, scappava sempre e, soprattutto, era evidente e impressionante che, piccolo così, non sapesse giocare. Sembrava non ne comprendesse il senso.
In Brasile – quando lo abbiamo conosciuto e abbiamo passato con lui alcuni giorni prima dell’adozione – non sapeva nemmeno giocare con un pallone, non sapeva né afferrarlo né tirarlo.
Una volta in Italia è stata definita la sua diagnosi: una sordità associata a una disabilità intellettiva importante. «Sono queste le cause dei suoi problemi comportamentali», ci dissero.
Ha iniziato immediatamente una serie di terapie riabilitative e psicologiche. Ha imparato tante cose, prima di tutto a comunicare, poi a parlare e a stare con gli altri, ha imparato anche a giocare, finalmente. Non solo: ha trovato nello sport la sua dimensione ideale; è come se ne avesse colto subito il valore.
Finito il percorso scolastico, ha frequentato una scuola alberghiera per sala bar, ma, ad oggi, non è ancora riuscito ad inserirsi nel mondo del lavoro: le sue difficoltà hanno avuto la meglio sulla nostra determinazione, poiché con il tempo sono sorti tanti problemi e fatiche.
Il mercato del lavoro non sempre è in grado di creare opportunità e accogliere le persone con disabilità intellettive. Con il supporto dei servizi sociali, Stefano è stato inserito in diverse cooperative per ragazzi “speciali”. Purtroppo nemmeno queste sanno sempre valorizzare le abilità.
Parallelamente a questi continui tentativi di inserimento nella vita sociale piuttosto fallimentari, Stefano aveva iniziato un percorso sportivo: prima con il basket, poi con il calcio e infine con l’atletica. Si è sempre allenato con ragazzi “normodotati” e alla fine, comprensibilmente, si è stancato, scoraggiato da tante piccole e grandi sconfitte, quando si rendeva conto di non riuscire come gli altri.
Per un periodo abbiamo assecondato il suo momento di stanchezza e abbiamo sospeso lo sport. In un momento di crisi però, abbiamo deciso di provare ancora questa strada. Fu allora che incontrammo la Polisportiva Sole di Lissone (Monza-Brianza), team di Special Olympics, il movimento internazionale dello sport praticato dalle persone con disabilità intellettive.
Oggi sono ormai quattro anni che Stefano gioca a basket ininterrottamente: allenamenti, partite, eventi locali, nazionali e internazionali. Esperienze continue che per lui sono estremamente positive.
Aveva iniziato questo secondo percorso sportivo in un momento in cui la sua autostima era molto bassa e la verità è che non riusciva a trovare un posto nel mondo dove sentirsi accettato per quello che è. Attraverso lo sport, invece, vive in un ambiente familiare, informale, ma anche estremamente educativo, sia con le sue regole tecniche nel gioco di squadra, sia con i suoi valori di correttezza e onestà dentro e fuori il campo di gioco.
In Special Olympics la palestra diventa un ambiente dove ogni atleta viene valorizzato e incoraggiato a dare il meglio di sé. L’ottimo lavoro dei tecnici emerge chiaro nella costanza, nell’autonomia e in quella voglia di stare con gli altri cresciute enormemente in Stefano.
Il momento sportivo è diventato significativo anche per noi genitori, utile per condividere e fare rete con altre famiglie che vivono una condizione simile alla nostra.
La convocazione come atleta titolare ai Giochi Mondiali Special Olympics di Abu Dhabi del marzo scorso è stata una vera sorpresa: inizialmente Stefano non era cosciente della grandiosa opportunità che gli era stata offerta, non capiva… Poi, però, quando ha cominciato a firmare autografi anche prima della partenza, è cresciuto nell’entusiasmo.
Come genitori, quindi, ci sentiamo di consigliare le esperienze nel mondo dello sport e soprattutto di fare propria la filosofia di Special Olympics.
Stefano oggi frequenta la Polisportiva Sole, una realtà fatta a misura per lui, dove si impegna e punta al suo massimo, dove non solo lui, ma ogni atleta, viene valorizzato per quello che è e che sa fare: tutti sono importanti e insieme vivono esperienze inclusive e anche incredibili, se solo ripensiamo alle difficoltà dell’inizio.
Quando abbiamo conosciuto Stefano aveva 7 anni e non sapeva giocare con un pallone, non sapeva né afferrarlo né tirarlo. Oggi di anni ne ha 31 e ha giocato a basket persino in un evento mondiale. Non lo dimenticheremo mai!
Genitori di Stefano Mariani, atleta Special Olympics, il movimento internazionale dedicato allo sport praticato da persone con disabilità intellettiva. Il presente teso è già apparso nel sito di Special Olympics Italia e viene qui ripreso, con alcuni adattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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