È stato sottoscritto dalla Fondazione ASPHI (Tecnologie Digitali per migliorare la Qualità di Vita delle Persone con Disabilità), insieme a CFU Italia (Comitato Fibromialgici Uniti), alla CISL e alla Fondazione ISAL (Ricerca sul dolore), un protocollo per la realizzazione di una ricerca sul disagio lavorativo delle persone con fibromialgia.
«L’iniziativa – spiegano i promotori – mira a mettere in evidenza le barriere e i facilitatori che hanno influenza sulla qualità del lavoro, intesa non solo come prestazione lavorativa, ma anche come qualità delle relazioni, livello di partecipazione, comunicazione e tutti gli aspetti che compongono la vita professionale di una persona all’interno di un’organizzazione. A tal proposito, questo studio intende offrire un importante contributo, supportato da dati quantitativi e qualitativi, nel percorso di consapevolezza, rivolto al mondo del lavoro e alla società, circa le problematiche legate al dolore cronico e a tutte le sue conseguenze, soprattutto quando queste all’esterno non sono di immediata percezione».
Nelle scorse settimane, dunque, è partita la fase di diffusione e somministrazione di un questionario legato alla ricerca, rivolto alle persone con fibromialgia che lavorano o che abbiano lavorato.
«I risultati – aggiungono ancora i promotori della ricerca – porteranno alla produzione di un strumento quanto mai utile per l’approccio al mondo delle imprese, le quali, assumendo maggiore competenza sull’argomento, potranno eliminare pregiudizi e barriere, con positive ricadute sul proprio ruolo sociale e sulla propria reputazione». (S.B.)
A questo link è disponibile un testo di approfondimento sull’iniziativa. Per ulteriori informazioni: info@asphi.it; cfuitalia@gmail.com.
La fibromialgia
La fibromialgia (sindrome fibromialgica) è una malattia caratterizzata da dolore cronico diffuso, associato alla presenza di punti dolorosi (tender points).
Questa sindrome conta più di cento sintomi (astenia e fatica cronica, disturbi del sonno, stato confusionale, disturbi della vista, fibroso o “nebbia mentale”, allergie, mioclonie, ipersensibilità, palpitazioni cardiache, dolore toracico, disturbi digestivi, dolore pelvico…), molti dei quali altamente invalidanti, che peggiorano la qualità di vita.
La complessa presentazione clinica di questa sindrome è da sempre oggetto di dibattito e gode di poco interesse nella “gerarchia delle malattie”. La ragione di questa scarsa considerazione deriva dall’incertezza circa l’eziopatogenesi e le migliori modalità terapeutiche. Negli ultimi dieci anni, tuttavia, essa è stata meglio definita attraverso studi che hanno stabilito le Linee Guida per la Diagnosi. Questi studi hanno dimostrato la presenza, nei pazienti con sindrome fibromialgica, di una componente “genetica” predisponente e di anomalie dei sistemi di percezione e trasmissione del dolore a livello del sistema nervoso centrale.
La fibromialgia rappresenta in sostanza un problema reale, che si lega a peggioramento della qualità di vita di chi ne è affetto, spesso ad alterazione dei rapporti familiari, a costi importanti per esami, visite e ricerca di terapie. Chi ne soffre è “intrappolato” in una specie di limbo, poiché non è considerato come malato dalle Istituzioni, ed è ritenuto sano dalla collettività. Quindi vive in uno stato d’ ansia continuo, sia nell’ambiente familiare che nel campo lavorativo: tutto ciò non fa che peggiorare la malattia.
La fibromialgia non si scopre con gli esami del sangue abituali e nemmeno con radiografie o risonanza magnetica. L’incertezza della terapia e la mancata ricerca scientifica portano pertanto il malato fibromialgico a vivere in una situazione di stallo dalla quale non vede via d’uscita.
(a cura di CFU Italia)
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