Avevamo già dato notizia, qualche settimana fa, dell’importante convegno promosso proprio in questi giorni in Svezia (3 e 4 ottobre), presso l’Università di Lund, intitolato The Protection of Persons with Disabilities during Armed Conflicts (“La tutela delle persone con disabilità durante i conflitti armati”), appuntamento organizzato dallo svedese Raoul Wallenberg Institute of Human Rights and Humanitarian Law, presieduto da Gerard Quinn, insieme alla NATO (programma Science for Peace and Security Programme), all’EDF (European Disability Forum), all’USICD (United States International Council of Disabilities) e all’organizzazione LUMOS (Protecting Children. Providing Solutions), con la collaborazione attiva di Janet E. Lord dell’Università statunitense di Harvard.
Lo avevamo segnalato approfondendo la notizia di quella che aveva costituito una novità assoluta per il Consiglio di Sicurezza dell’ONU – l’organo delle Nazioni Unite incaricato di mantenere la pace e la sicurezza internazionali, ma anche con altri importanti compiti – ovvero la prima Risoluzione (n. 2475-2019) approvata all’unanimità, con la quale si era chiesto agli Stati Membri e alle parti direttamente coinvolte, il 20 giugno di quest’anno, di tutelare le persone con disabilità in situazioni di guerra, in particolare da violenze e abusi, garantendo tra l’altro che abbiano accesso alla giustizia, ai servizi di base e all’assistenza umanitaria senza alcun ostacolo.
A ricaduta diretta di quella Risoluzione, la due giorni in Svezia – ove le organizzazioni di persone con disabilità del nostro Paese sono rappresentate da Giampiero Griffo e Luisella Bosisio Fazzi – costituisce un’opportunità quanto meno preziosa, per riflettere su un futuro programma di tutela delle persone con disabilità durante i conflitti armati.
Senza dubbio alcuno, infatti, sono proprio le persone con disabilità a vivere, negli scenari di guerra, la maggior condizione di vulnerabilità, ritrovandosi spesso senza i servizi e i supporti necessari a salvare la propria vita e tale questione, già nel mese precedente alla Risoluzione di giugno del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, era stata sottolineata con forza in una propria relazione da António Guterrez, segretario generale delle Nazioni Unite, che aveva appunto evidenziato i rischi maggiori per le persone con disabilità, durante i conflitti armati, e chiesto per loro una tutela più efficace, tramite «un approccio tematico più completo».
Il convegno di Lund riunisce dunque esponenti di gruppi della società civile, esperti di diritto umanitario internazionale, nonché della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, il cui undicesimo articolo, va ricordato, è dedicato proprio alle Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie.
Durante i lavori, in particolare, sono previste testimonianze anche dirette sull’esperienza vissuta delle persone con disabilità in situazioni di guerra, con tutti i rischi connessi, sia quelli più generali, sia quelli più specifici, derivanti ad esempio da singole forme di disabilità, come i problemi della vista. Tutto ciò potrà certamente servire a fare emergere una serie di buone pratiche che potranno contribuire ad accrescere il raggio d’azione del diritto umanitario internazionale, anche in termini molto concreti. (S.B.)
Ringraziamo Luisella Bosisio Fazzi per la collaborazione.
Per un approfondimento sulla due giorni di Lund in Svezia, oltreché per visionare il programma completo, accedere a questo link nel sito dell’EDF (European Disability Forum).
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