Secondo uno studio pubblicato qualche tempo fa dalla rivista internazionale «Lancet», si stima che nel mondo vi siano 253 milioni di persone con disabilità visive, delle quali 36 milioni sono cieche, mentre 217 milioni hanno disturbi visivi gravi o moderati. Il 90% di essi vive nei Paesi del Sud del mondo.
Un altro dato riguarda il 55% dei casi di cecità che sono dovuti a cataratta e di questi solo il 5% sono presenti nei Paesi occidentali, mentre il restante 50% si colloca in quelli del Sud del mondo.
«Nei Paesi del Sud del mondo – sottolinea Massimo Maggio, direttore di CBM Italia, componente nazionale dell’organizzazione umanitaria impegnata nella cura e nella prevenzione della cecità e disabilità evitabile nei Paesi del Sud del mondo – essere ciechi significa non potere andare a scuola, non potersi difendere dai pericoli, non poter lavorare. Significa vivere isolati ed emarginati. Ma la cecità si può prevenire e curare, con interventi tempestivi e mirati. Ben otto casi su dieci, infatti, possono essere prevenuti, ma anche risolti. Ecco perché da sempre la nostra organizzazione si prende cura delle persone con disabilità visive che vivono in Paesi come quello di Leah».
Leah è una piccola ugandese di 3 anni e fin dalla nascita è affetta da cataratta bilaterale congenita. In Uganda, dove vive insieme ai genitori e al fratellino Lincoln, essere cieca significa rischiare di morire ogni giorno a causa di incidenti, maltrattamenti e abusi. Leah trascorre le sue giornate seduta fuori casa, non ha amici, non va a scuola, è esclusa e derisa.
È per le bambine e i bambini come lei che, in occasione della Giornata Mondiale della Vista di domani, 10 ottobre – evento promosso dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) di cui ci siamo già ampiamente occupati in altra parte del giornale – che CBM Italia ha lanciato la sua nuova campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi, denominata Fermiamo la cecità. Insieme è possibile, con l’obiettivo appunto di salvare dalla cecità 1 milione e 600.000 bambine, bambini, donne e uomini che vivono in dodici Paesi di Africa, Asia e America Latina, attraverso ventisei progetti di prevenzione e cura. Il tutto tramite screening visivi nelle scuole e nei villaggi, visite oculistiche, operazioni chirurgiche, percorsi di riabilitazione, allestimento di cliniche mobili oftalmiche, distribuzione di antibiotici, costruzione di pozzi, attività di formazione professionale di medici e operatori, oltreché, naturalmente, di sensibilizzazione sulle attività previste dai progetti. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Anita Fiaschetti (anita.fiaschetti@cbmitalia.org).
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