Si chiama Percorsi di vita e disabilità. Strumenti di coprogettazione, l’importante libro recentemente pubblicato dalla professoressa Cecilia Marchisio dell’Università di Torino, edito da Carocci [se ne legga già una nostra ampia presentazione a questo link, N.d.R.].
Il volumetto di 150 pagine e 10 di bibliografia è totalmente pervaso dallo spirito e dalla terminologia della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Vi viene infatti continuamente usato, ad esempio, il termine capability, che giustamente si definisce di difficile traduzione corretta in italiano. Renderlo come “capacità”, ad esempio, non ne coglie l’aspetto dinamico e aperto verso il futuro che la parola inglese racchiude.
Capability, poi, viene affiancato nel testo dal termine – anch’esso abituale nella cultura dell’ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], ma soprattutto presente nella citata Convenzione ONU – di empowerment, cioè l’azione di apprendere facendo.
Altro termine fondamentale che dà il titolo stesso al libro è coprogettazione, con il quale si vuole sottolineare che l’apprendimento di nuove capacità è frutto del dialogo tra educatore e allievo e non di interventi unidirezionali del solo educatore.
Situato in tale contesto, il termine capability può più correttamente essere inteso come possibilità di acquisire nuove capacità, come potenziali di apprendimento che si sviluppano facendo, provando e riprovando, coi rischi delle sperimentazioni, ma con l’autenticità dell’esperienza personale e non dell’“imboccamento” da parte di un terzo.
Questa impostazione culturale e metodologica è fortemente innovativa nei confronti degli apprendimenti delle persone con disabilità, tenendo conto infatti che normalmente l’atteggiamento educativo verso le stesse è molto limitato, scarsamente innovativo e ripetitivo.
Si parte di solito dalla diagnosi, si vede quali siano le capacità residue e su queste si fonda il loro stesso consolidamento, senza alcun tentativo di esplorare oltre. Così, ad esempio, se la diagnosi di un alunno con disabilità evidenzia che egli non ha capacità di astrazione, si imposta la sua formazione come addestramento a rafforzare le capacità di prassi operative. O parimenti, se si vuole impostare un progetto sul cosiddetto “Dopo di Noi”, si parte dal presupposto che la persona non sia capace di essere autosuffciente e si pensa subito a un istituto o – per essere più “moderni” – a una casa famiglia o a un gruppo appartamento.
Normalmente, insomma, non si tenta nemmeno di provare a ipotizzare un progetto di vita nella propria abitazione, sostenuto da personale di assistenza domiciliare.
Solo di recente, in base ad alcuni “approcci di coprogettazione capacitante” si stanno sperimentando ipotesi di coprogettazione di vita autonoma singola o in piccoli gruppi, come fa ad esempio l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). In queste sperimentazioni gli educatori verificano sul campo quali difficoltà incontrano le persone con disabilità intellettive o relazionale a vivere da sole o in piccoli gruppi, sostenute da assistenti domiciliari ed educatori. In questo modo si dà attuazione piena all’articolo 19 della Convenzione ONU, centrato appunto su Vita indipendente ed inclusione nella società.
In tal senso, il libro di Marchisio traduce correttamente il termine inglese Indipendent Living con vita autonoma, “indipendentemente” dalla situazione di disabilità. Ciò significa che la vita di queste persone non è una perenne ripetizione di pratiche standardizzate quotidiane, ma la sperimentazione continua di nuove esperienze. Se poi le sperimentazioni non danno i risultati sperati, si correggono i progetti o si accantonano; se invece gli esiti sono positivi, si migliorano e si procede in questa direzione di apertura al futuro.
Questo nuovo “approccio apprenditivo” dovrebbe essere sempre più utilizzato per la realizzazione e l’applicazione dell’articolo 14 della Legge 328/00 sul progetto di vita individuale, sostenuto, economicamente, dai finanziamenti e dagli orientamenti della Legge 162/98 sui progetti di vita per le persone con disabilità, che ad esempio l’ABC Sardegna (Associazione Bambini Cerebrolesi) sperimenta positivamente ormai da molti anni.
E di coprogettazione parla pure il Decreto Legislativo 96/19, correttivo del precedente Decreto 66/17 sull’inclusione scolastica, espressamente all’articolo 6, dove precisa che il progetto educativo personalizzato è parte integrante, in età scolare, del progetto di vita di cui al citato articolo 14 della Legge 328/00; anzi la novità, rispetto alle norme precedenti, è che alla formulazione del progetto di vita partecipa attivamente, secondo le proprie capacità, anche la persona con disabilità interessata. E qui la locuzione «secondo le sue capacità» deve ormai intendersi non con il concetto tradizionale statico, ma con il nuovo concetto di capability, in cui si deve tenere conto, sempre in via sperimentale, dei «desideri e delle aspirazioni» dell’alunno con disabilità, termini che si rinvengono anche nella Legge 6/04 sull’amministrazione di sostegno.
Il volume pubblicato da Cecuilia Marchisio, dunque, rafforza tutte le normative citate, sostenendole con gli orientamenti che le animano a livello culturale, sociale e operativo.
Presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), della quale è stato vicepresidente nazionale. Responsabile per l’Area Normativo-Giuridica dell’Osservatorio sull’Integrazione Scolastica dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down).
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