A più di dieci anni dall’approvazione della Legge 328/00 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), assai più nota anche come “Riforma dell’assistenza”, si deve purtroppo prendere atto di un quasi nulla di fatto, in particolare pensando all’articolo 14 di quella norma, ove si prevedeva che, al fine di «realizzare la piena integrazione delle persone disabili […] nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali», predisponessero, «su richiesta dell’interessato» (o di chi lo rappresenta) «un progetto individuale».
Ebbene, nel Cilento, in Campania, così come in tante altre parti d’Italia, questa legge sembra essere realmente un’utopia e a farne le spese sono purtroppo sempre le persone con disabilità, che rimangono confinata in realtà difficili, in luoghi dove all’indifferenza sociale va unito ogni tipo di sopruso e di atto discriminatorio di vario genere.
Gli unici servizi dedicati alle persone con disabilità continuano ad essere espletati dagli ormai “tramontati” Piani Sociali di Zona, servizi offerti in maniera sommariamente inidonea alle reali esigenze della persona con disabilità. Per non parlare poi della mancata competenza – in termini di requisiti e anche di capacità – che spesso appartiene a chi è chiamato a svolgere un ruolo socio-assistenziale ed educativo nell’ambito delle proprie mansioni. Termini infatti quali “OSA” (Operatore Socio Assistenziale) oppure “OSS” (Operatore Socio Sanitario) – che indicano qualifiche professionali abilitanti all’esercizio di lavori in ambito sociale – risultano sconosciuti anche da parte di sedicenti “addetti ai lavori” e allo stato attuale una persona con disabilità che voglia usufruire di questi “servizi” è costretta a informarsi in modo proprio o tramite passaparola. Se poi è abbastanza fortunata, otterrà quanto richiesto non come suo Diritto, ma semplicemente come un “favore concesso”.
Il principio sul quale dovrebbe fondarsi ogni Istituzione o Assessorato Sociale sarebbe quello di garantire pari dignità e uguali diritti. Pochi, però, si preoccupano di destinare a questo – con la creazione di un apposito fondo – anche solo un centesimo di quanto elargito dai contribuenti e quindi dallo Stato.
La preoccupazione e l’interesse di chi amministra consiste infatti solo nello sperperare risorse finanziare, per costruire opere che nella maggioranza dei casi non risultano nemmeno a norma di legge.
Sfido gli increduli o chiunque si trovi su una sedia a rotelle a provare ad accedere in un qualsiasi edificio pubblico, anche di recente costruzione, e seppure esista la tutela per chi, da Cittadino disabile, voglia accedere agli atti che lo riguardano, non sempre questo risulta così facile.
Niente da dire, ovviamente, sulla mancata applicazione dell’articolo 14 della Legge 328/00, che, purtoppo, è un dato di fatto praticamente impossibile da contestare. Solo una breve nota di commento, invece, sulle parole di Biagio Astore, quando «sfida gli increduli o chiunque si trovi su una sedia a rotelle a provare ad accedere in un qualsiasi edificio pubblico anche di recente costruzione»: purtroppo spesso è ancora così, ma altrettanto spesso – come dimostrano varie storie che raccontiamo anche da queste pagine – le “barriere sono cadute” in varie zone del nostro Paese e frequentemente proprio per l’azione diretta delle persone con disabilità e delle associazioni che le rappresentano.
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