«Dal punto di vista legale, questa si può configurare come una forma di discriminazione a danno delle persone con disabilità. Infatti, il Decreto Legislativo 216/03 (Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro), che trova applicazione tanto nel settore pubblico che in quello privato, vieta qualsiasi discriminazione diretta o indiretta relativamente “all’accesso all’occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione”(articolo 3, lettera a)».
A che cosa si riferisce Carmela Anna Lisa Abrizio, avvocato che collabora con la SIDIMA (Società Italiana Disability Manager)? Alla vicenda riguardante Francesca Cicirelli, ventottenne pugliese, assistente sociale e persona con disabilità motoria, laureata in Servizio Sociale e regolarmente iscritta all’Albo, ma che rischia tuttavia di restare esclusa dal mercato del lavoro. Infatti, i bandi di concorso pubblico indicano quasi sempre, tra i requisiti di ammissione, il possesso della patente di guida B, incompatibile con la sua disabilità.
«Ma la patente di guida – chiedono e si chiedono dalla SIDIMA – è davvero necessaria per svolgere il lavoro di assistente sociale? Nella realtà dei fatti non è così, se è vero che molti assistenti sociali, con e senza disabilità, già lavorano senza mai guidare la macchina di servizio, tanto meno trasportando utenti».
Cicirelli, in ogni caso, ha inoltrato comunque la propria domanda di partecipazione al concorso presso il Comune di Brugherio (Monza-Brianza), venendo però appunto esclusa per la mancanza della patente di guida.
Ha quindi segnalato il problema sia all’Ordine degli Assistenti Sociali che al Dipartimento delle Pari Opportunità e al Dipartimento per la Famiglia e la Disabilità della Presidenza del Consiglio, senza però ottenere un aiuto concreto. Ha pertanto deciso di chiedere aiuto al Servizio Legale della SIDIMA, organismo particolarmente sensibile al tema dell’inclusione lavorativa.
Secondo la diretta interessata, «si tratta di un problema che non riguarda solo i concorsi per assistenti sociali. L’impressione, infatti, è che a volte il possesso della patente sia richiesto, nei bandi pubblici di concorso, un po’ per prassi, senza valutare se sia davvero necessario, e senza considerare che le persone con disabilità spesso hanno già modi alternativi per muoversi, magari con un proprio assistente. Nel caso specifico degli assistenti sociali, poi, è noto che in alcune città essi si muovono tutti abitualmente solo con il mezzo pubblico e che in certi servizi hanno mansioni che non richiedono proprio di spostarsi dall’ufficio. Porre dunque il requisito del possesso della patente B nel bando di concorso, significa impedire di lavorare a molte persone con disabilità, senza valutare la concreta compatibilità tra quello specifico servizio e quella specifica persona».
Sono concetti, quelli espressi da Ciciretti, ribaditi anche da Rodolfo Dalla Mora, presidente della SIDIMA, che dichiara: «A parte che in molti casi muoversi con un’automobile non è necessario, c’è un altro dato importante cui bisogna pensare, nell’ottica della “vita indipendente”: chi dice che a guidare l’eventuale macchina debba essere il lavoratore stesso? E se la persona con disabilità ha un proprio assistente personale che guida il mezzo al posto suo? O se decide di prendere un taxi? Alla luce di questo elemento, ritengo senz’altro discriminatorio richiedere il possesso della patente per l’accesso a praticamente tutte le mansioni lavorative, a parte quelle strettamente legate al trasporto di persone o di merci».
«La normativa – ricorda Albrizio – richiede al datore di lavoro di mettere in campo “accomodamenti ragionevoli” tra le esigenze dell’ente e del lavoratore con disabilità; prevedendo eccezioni solo nei casi in cui una data caratteristica, in questo caso il possesso della patente, sia “requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività medesima”. Ma che la patente B sia sempre essenziale è tutto da dimostrare».
Sulla questione, oltretutto, c’è anche un chiaro precedente giurisprudenziale, come ha sottolineato l’UNAR, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni, che interpellato sull’argomento, ha ricordato come la richiesta del possesso della patente di guida al momento della presentazione della domanda di ammissione a un concorso sia già stata ritenuta illegittima da una Sentenza della Pretura di Bologna del 29 giugno 1998. «Il possesso della patente B – hanno dichiarato dall’UNAR – può essere legittimamente richiesto solo se la mansione lavorativa consiste nel trasporto di persone o merci, un compito generalmente non richiesto a un’assistente sociale. Non appare quindi giustificato richiedere la patente quando l’uso dell’automobile, di servizio o propria, è finalizzato soltanto a raggiungere sedi di lavoro o a svolgere visite domiciliari, tanto più che ciò escluderebbe senza motivo non solo le persone con disabilità, ma anche coloro che, pur non avendo la patente B, si muovono tranquillamente con altri mezzi, ad esempio un ciclomotore».
«Chiediamo quindi agli Enti Pubblici – conclude Dalla Mora – di valutare sempre molto attentamente se inserire il possesso della patente B tra i requisiti di ammissione a un concorso e come SIDIMA siamo disponibili ad offrire assistenza legale a chi intenda contestare bandi di concorso discriminatori per le persone con disabilità». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: stampa.sidima@gmail.com (Salvatore Ferragina).
Articolo raccolto e pubblicato in relazione al progetto “JobLab – laboratori, percorsi e comunità di pratica per l’occupabilità e l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità” (Progetto finanziato ai sensi dell’articolo 72 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117. Annualità 2017.)
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