Tre medici e un funzionario pubblico, tre domande e otto minuti di visita. Il responso? «Suo figlio autistico di 10 anni non è più grave!». A segnalarci la vicenda è lo staff di Autismo Parliamone, portale realizzato e gestito da genitori di bambini autistici, che non sono intenzionati ad arrendersi alla malattia dei loro figli.
Pochi i commenti da spendere. Ci basta condividere l’amara riflessione di Autismo Parliamone («Con quanta faciloneria nel nostro Paese si cercano di combattere i falsi invalidi, colpendo di sana pianta quelli veri») e naturalmente dare spazio ai brani più significativi della lettera con cui il papà del ragazzo, marchigiano di Fano (Pesaro-Urbino), ha denunciato l’accaduto.
«Una passaggiata in auto di 20 minuti, parcheggi e ti rechi in un edificio pubblico dell’ASUR territoriale [Azienda Sanitaria Unica Regionale, N.d.R.], l’Ufficio della Prevenzione e Igiene. Non c’è praticamente nessuno, appuntamento alle 8,30 del mattino. Siamo noi due, i genitori, e Alessio, nostro figlio autistico di 10 anni. Un ragazzo bravissimo, intelligente, robusto… sa parlare, sa cantare, sa l’inglese, conosce l’informatica, è bravo a scuola. Molto bello. Tutti vorrebbero un figlio così. Già, noi genitori ne siamo innamorati e ne siamo orgogliosi, come siamo orgogliosi di avere sacrificato sette anni della nostra vita, il nostro lavoro, tutto ciò che avevamo, pur di farlo migliorare, pur di garantirgli una minore dipendenza dal “prossimo adulto” (anche considerato che visto il veloce degrado della società, di “prossimi adulti” che potranno sostituirsi a noi per garantirgli una sufficiente e dignitosa vita futura, ne vediamo ben pochi all’orizzonte…).
Ora non ho voglia di entrare nel merito della disabilità. Chi ha voglia di informarsi di cosa sia l’autismo, di come si affronta, di come si combatte, sa benissimo di cosa parliamo. Chi ha desiderio di informarsi di quanto sia grave e disabilitante per il soggetto colpito e per i suoi familiari, potrà farlo semplicemente leggendo qualche testimonianza da parte delle famiglie o delle persone serie che queste ultime incontrano.
Chi ha desiderio (o capacità) di misurare la gravità, dovrà invece fare la grande cortesia di informare per bene anche noi genitori, visto che noi sappiamo solo una cosa: il nostro percorso ha permesso ad Alessio di non essere violento, di essere più “gestibile”, intelligente, di sperare in un futuro milgiore. Ma la strada è ancora lunga. Non esistono cure, ma trattamenti terapeutici portati avanti da coloro che ne hanno le possibilità economiche, come testimoniato in documenti ufficiali anche dai medici di riferimento del Centro Autismo della Regione Marche di Fano.
Le uniche attività che possiamo permetterci per Alessio sono quelle di socializzazione che conduciamo faticosamente noi, rubando il tempo al lavoro e alle nostre passioni e hobby (siamo persone normali e avremmo voluto averne anche noi, come tutti gli altri Cittadini). Cerchiamo inoltre di dare al ragazzo gli strumenti necessari per coltivare le sue, di passioni, che, insieme alla scuola e agli operatori sociosanitari – pochi e disarmati -, vengono utilizzate anche come ausilio di trattamento.
Non abbiamo assistenza particolare se non qualche ora settimanale per portare Ale a comprare un gelato o a fare un giro in bicicletta ai giardinetti. Non abbiamo mai avuto particolari agevolazioni, non abbiamo mai acquistato un ausilio con i soldi dell’ASUR. Né abbiamo particolari agevolazioni dalla Legge 104: pochissime le giornate sfruttate in sette anni, diciamo il 2 o 3 % dei giorni sacrificati al lavoro, in tutto una trentina di giornate rimborsate a 50 euro ciascuna; poi un permesso straordinario goduto dalla mamma pochi mesi fa, più per il fatto che l’altro nostro figlio – nato in situazione di difficoltà, visto che soffre per le attenzioni particolari che nota verso il fratello – ha avuto per oltre cinque mesi gravi problemi di salute: 500 euro al mese in tutto, per sei mesi. Non male come aiuto da parte dello Stato in sette anni…
Una cosa avevamo, documentata anche da una sorta di denuncia “epistolare” da me rivolta ai vari servizi qualche anno fa. Alla mia domanda di aiuti per il rimborso delle spese sostenute per curare nostro figlio, la Regione e il Comune mi avevano risposto che dovevamo “accontentarci dei tanti aiuti continuativi” che già ci venivano erogati. Addirittura il funzionario della Regione Marche mi parlò di una serie di iniziative e di corsi di formazione per le quali la Regione spendeva tanti fondi, ma nulla di tutto questo veniva utilizzato da Alessio, se non qualche sporadica visita ogni quattro o cinque mesi, nei primi anni di cura, al Centro di Fano.
Insomma, un assegno “per la gravità del caso” di circa 1.100 euro all’anno, questo avevamo! E grazie a tale “consistente” contributo, ogni nostra richiesta di intervento serio veniva a cadere, visto che eravamo ritenuti dei “privilegiati”…».
La storia di Emanuele, il papà di Alessio, continua con il racconto delle numerose difficoltà economiche della sua famiglia, comuni, purtroppo, a quelle di tante altre famiglie italiane, in questi “particolari” anni di crisi. E ora, per quel figlio con autismo, che dopo otto minuti di visita è stato dichiarato “non più grave”, salteranno anche quei 1.100 euro all’anno…
Emanuele conclude la sua accorata denuncia affermando che «stavolta non intende fermarsi di fronte a nulla». La visibilità che abbiamo voluto dare alla sua vicenda – quasi un “caso-simbolo” delle crescenti situazioni di grave disagio che vivono nel nostro Paese le persone con disabilità e le loro famiglie e che quotidianamente denunciamo – coincide con il nostro totale sostegno a lui e a tutti coloro che si trovano in situazioni analoghe, con l’auspicio che dare sempre più forza a queste voci contribuisca anche a superare il difficile momento attuale, oltrechè, naturalmente, a far risolvere i singoli casi nel miglior modo possibile. (S.B.)
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