Quando la discriminazione è sottile e chirurgica

di Camillo Gelsumini*
Basta infatti leggere con un minimo di attenzione i contenuti del progetto della Regione Abruzzo, denominato "Voucher Friendly" e consistente nel dare 300 euro al mese per sei mesi a delle donne che si occupino della cura di disabili, anziani e non autosufficienti, per capire le reali caratteristiche di un'iniziativa fatta solo per "alcuni" e che esclude a priori la stragrande maggioranza delle possibili fruitrici. Un'iniziativa che non può fare altro che accrescere la rabbia di chi a fatica arriva a fine mese, tra mille gravi problemi e in perfetta solitudine

Primo piano di ruota di carrozzina. Sullo sfondo altre persone disabili e nonAccade in Abruzzo, nel periodo che va dal 27 luglio al 16 agosto, cioè proprio quando, notoriamente, tutti sono attenti e al lavoro… Senza poi nessun preventivo accenno al mondo della disabilità (quando il caro Assessore Regionale sa che ha a disposizione fior di disability manager, consulenti gratis). E quando dal 1° luglio, “grazie” ai tagli ai fondi per i piani sociali, è stata quasi azzerata, nei fatti, l’assistenza. Tutto, insomma, come se si volesse “riparare”. Sarà un caso? Un’ingenuità?

In sostanza, la Regione Abruzzo ha  avviato un progetto denominato Voucher Friendly (dubbia anche la correttezza del titolo inglese), consistente nel dare 300 euro al mese per sei mesi a delle donne che si occupino della cura di disabili, anziani e non autosufficienti.
Bellissima idea, è il primo pensiero. In un momento in cui non esistono più gli assegni di cura, sembra che si voglia tentare almeno di rimediare. Quando però si va a vedere nel dettaglio chi può usufruire di questa opportunità, ci si rende subito conto che essa è riservata, “chirurgicamente”, solo a donne che lavorano o che, inoccupate, frequentano corsi di formazione o che sono titolari di borse lavoro.
E tutte le altre? In particolare quelle “legate” alla branda dei figli ventiquattr’ore al giorno che non hanno tempo per un lavoro dipendente e lo hanno abbandonato da anni perché senza scelta? O quelle che hanno un figlio minorenne o che da decenni sono al capezzale di figli che hanno avuto la “sfortuna” (?) di diventare maggiorenni? E le mogli o le compagne di disabili i quali oltre ad aver avuto il “cattivo gusto” di diventare maggiorenni hanno “perversamente proseguito”, addirittura con l’aberrazione di farsi una famiglia e – … orrore! – dei figli?

Ma andiamo avanti: quelle donne potranno avere rimborsi su spese documentate per assistenza, riabilitazione, trasporto ecc. ecc., naturalmente anticipando i soldi. Alcune considerazioni: mi si può spiegare quale famiglia che riesce a fatica a pagarsi alcune ore al giorno di assistenza, può pagare i contributi regolarmente? A mia conoscenza solo quelle ricche! E chi si può pagare autonomamente la riabilitazione – che oltretutto dovrebbe essere sanitaria e quindi un problema dell’ASL – se non ha disponibilità finanziarie?

A questo punto abbiamo più di qualche sospetto che, ben lungi dal trattarsi di ingenuità, la definizione “chirurgica” delle persone selezionate e degli oggetti rimborsabili (sarebbe forse meglio chiamarli Enti? Istituti?, Centri?), abbiano nomi e cognomi precisi. Come al solito, quindi, si agisce di nascosto, come al solito si fanno le cose solo per “alcuni”, come al solito prendendo in giro tutti gli altri!
Cari Signori, alla luce soprattutto di quello che dovrà ancora accadere a settembre, della vera e propria “carneficina sociale” già in corso e che porterà a un peggioramento della situazione a livelli inaccettabili, volete per favore rendervi conto che non è possibile continuare come bellamente fate? Volete rendervi conto che ogni azione del gener diventa una provocazione?
E tuttavia capiamo anche che per chi non ha problemi di sopravvivenza, di schiene rovinate a furia di sollevare “pesi morti” (i disabili), di arrivare a fine mese trascinandosi tra mille problemi e soprattutto in solitudine, di vomito per i pannoloni da cambiare, di pappagalli o pale da svuotare, di piaghe da decubito da curare, di “matti” da seguire e inseguire tutto il giorno, soprattutto per chi, non avendo questi problemi, manca anche di un minimo di empatia, capiamo che non ci si possa nemmeno rendere conto che la rabbia cresce, monta come la marea, forse come uno tsunami. Ma uno tsunami, in genere, spazza via tutto ciò che incontra.

*Disability manager. Presidente della UILDM di Pescara (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).

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