Sempre si è detto che le parole sono come le pietre. Pesano, fanno male (specie a chi le riceve in testa…), ma possono fare anche del bene.
Se mi è lecito ricordarlo, una versione ufficiale del “Libro dei Libri” inizia con «In principio era il Verbo, ed il Verbo era presso di Dio ed il verbo era Dio». Più chiaro di così…
Tornando sulla Terra, esaminiamo invece due parole che iniziano con “pan”, termine, credo, di origine greca (ricordate il dio Pan, quel burlone spesso un po’ alticcio?). La prima è pandemia, dal significato chiarissimo, ovvero malattia che interessa tutto il mondo. La seconda, panacea, è l’esatto opposto dell’altra: è la magica pozione che cura ogni male, pandemie comprese.
Ma le persone con disabilità che cosa c’entrano? Sono le persone che anche in questi giorni hanno la maggiore esperienza utile da trasmettere alle persone senza disabilità, pensando ad esempio alla resilienza, ovvero all’arte e alla scienza di resistere elasticamente alle situazioni avverse.
Le persone con disabilità gravissima e i loro caregiver che le assistono domiciliarmente giorno e notte sono la “vetta dell’Everest della resilienza”.
Perciò direi che all’ultimo bellissimo slogan lanciato da tanti operatori sanitari, ovvero «noi in corsia, voi a casa», si potrebbe anche aggiungere che «noi a casa ci siamo sempre stati!».
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