Le persone con autismo, il lavoro e la “costruzione di una cattedrale”

di Marino Bottà*
«Una volta - scrive Marino Bottà - a chi gli chiedeva se il suo lavoro fosse faticoso, uno scalpellino rispose: “Sto costruendo una cattedrale!”. Questa risposta avrebbe potuto darla una persona con autismo, per la quale il lavoro è una medicina per un dolore che non conosciamo e che non possiamo ignorare. Per queste persone serve un “sarto del lavoro”, che sappia prendere le loro misure e coglierne lo spirito. Sono infatti proprio i più deboli che avrebbero bisogno di adeguati servizi di sostegno. Ricordiamocelo anche quando sarà passata l’attuale emergenza»
L'ultimo Carnevale nelle scuole speciali (immagine fornita da Marino Bottà)
L’ultimo Carnevale nelle scuole speciali (immagine fornita da Marino Bottà)

Annina frequentava il Centro di Lecco, dove era stata inserita da poco. Scendeva le scale interne, aggrappata alla ringhiera in ferro. Piangeva. Un pianto dirotto a tutti incomprensibile.
Annina era autistica. Così aveva detto il professore di Psicologia Speciale. Nessuno di noi riusciva a interagire con lei. Era lei che decideva se ridere, piangere o pronunciare poche parole indecifrabili, accompagnate da uno sfarfallio delle dita che portava davanti alla bocca. Quando piangeva angosciava tutti i compagni che la guardavano senza comprendere cosa le fosse successo. Non so come mai, ma un giorno le chiesi: «Cosa c’è, Capitano?». Smise immediatamente di piangere e cominciò a ridere. Il nostro rapporto continuò così. Quando la incrociavo la chiamavo Capitano, poi sorrideva.

Negli Anni Settanta Annina rappresentava una novità. Nessuno di noi aveva mai conosciuto un giovane autistico. Erano pochi i disabili diagnosticati come tali. Gli insegnanti della scuola pubblica, in quei tempi, si inorgoglivano nel dire che avevano in classe uno studente autistico. Col passare del tempo aumentarono. Si cominciò a parlare di spettro autistico, e molto dopo di sindrome di Asperger.
Il primo giovane con questa sindrome lo collocai in una cooperativa sociale. L’esito non fu positivo; decisi allora di inserirlo in una piccola azienda che si occupava di software. Lo seguii per alcuni mesi in tirocinio, poi fu assunto a tempo indeterminato. Successivamente seppi che l’azienda ne aveva assunti altri due, pur non avendone più l’obbligo.

Oggi, nel mondo, sono circa 67 milioni le persone che manifestano disturbi dello spettro autistico. Sono persone con percezioni, sensibilità, capacità che le caratterizzano. Il lavoro è per loro un bisogno vissuto in modo non omologato da condizionamenti e regole sterili.
Quando li vedo impegnati, mi ricordano l’aneddoto di un letterato francese, il quale narrò di avere incontrato lungo la strada per Chartres, tre “piccapietre” [scalpellini, N.d.R.,]. Il primo svolgeva il suo lavoro con rabbia e alla domanda di cosa stesse facendo gli rispose in modo scontroso: «Eh, lo state ben vedendo, devo fare un lavoro stupido e faticoso: un disastro!». Il secondo aveva un viso tranquillo e alla stessa domanda rispose  in modo più pacato: «Beh, sto cercando di guadagnarmi da vivere. È un lavoro faticoso, certo, ma lo faccio con piacere perché almeno ho il vantaggio di essere all’aria aperta». Il terzo, infine, era addirittura sorridente e alla stessa domanda rispose così: «Sto costruendo una cattedrale!».
Le persone con autismo sono come quest’ultimo: per loro il lavoro è un bisogno, una medicina per un dolore che non conosciamo e che non possiamo ignorare. A queste persone serve un “sarto del lavoro”, un artigiano che sappia prendere le loro misure, ma soprattutto cogliere lo spirito di chi indosserà quell’abito.
Le persone con autismo autistiche necessitano di un vero collocamento mirato e di un accompagnatore attento ai loro sentimenti ed emozioni. Nulla in loro è superficiale, la superficialità non appartiene al loro mondo, e chi li affianca, se li vuole aiutare, li deve comprendere e rispettare.
Le difficoltà di inserimento non sono riconducibili alle loro personali problematicità e alla mancanza di incentivi alle aziende. Il Legislatore, infatti, ha previsto adeguate agevolazioni economiche e strumentali alle imprese. Ha cercato di facilitare l’assunzione delle persone con disabilità complesse, attraverso l’abbattimento dei costi di lavoro fino al cento per cento, con finanziamenti a carico del Fondo Nazionale e del Fondo Regionale. E tuttavia, il sostegno economico non è sufficiente; servono servizi di mediazione e di accompagnamento al lavoro, che siano in grado non solo di favorire l’ingresso nel mondo del lavoro, ma anche di perseguirne il mantenimento.

Il Collocamento Disabili e i Servizi Territoriali mancano purtroppo delle necessarie esperienze, competenze e sensibilità per poter operare con efficacia e successo. I risultati deludenti conseguiti in due decenni ne sono l’incontestabile prova. I Servizi, però, non devono essere lasciati soli in questo difficile compito: altri soggetti sociali li devono affiancare e spronare verso quella collaborazione che hanno sempre rifiutato.
Comunque qualche cosa si sta muovendo. Si sono affacciate al mercato del lavoro altre realtà; mi riferisco a Specialisterne, Auticon e ad aziende come la TXT di Milano.
Specialisterne è un’agenzia per il lavoro che si occupa di collocare unicamente persone con disabilità dovuta all’autismo, mentre la Società Auticon è un’azienda del settore ITC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) che assume solo giovani con sindrome di Asperger. La Società TXT e-solutions di Milano, infine, ha promosso un’Isola Formativa inizialmente a favore di cinque giovani con autismo ai quali cui se ne affiancheranno altri nei cinque anni programmati.
Non sono a conoscenza di altre analoghe esperienze, ma sicuramente a livello locale ci sono iniziative che non conosco; so invece di un  proliferare di progetti promossi da piccole Associazioni che operano con molta buona volontà,  con scarse risorse, e senza alcun supporto organizzativo, tecnico, economico da parte degli Uffici Provinciali e dei Servizi Territoriali.

Al Paese non serve disporre di un sistema di collocamento che aiuti i “disabili-abili”: loro sanno già dove andare! Sono i più deboli che hanno bisogno di servizi adeguati di sostegno.
Non so se riusciremo ad ottenere più attenzione dalle Istituzioni e dai servizi competenti, ma il futuro prossimo invita ad abbandonare il diffuso atteggiamento di delega, e consiglia una nuova partecipazione.
Se si vuole dare vita ai sogni di migliaia di persone senza diritto al lavoro bisogna esserci. Non dimentichiamo che quello che noi stiamo vivendo in queste settimane, con l’emergenza legata al coronavirus, per molte persone con disabilità è una condizione esistenziale. Non è il giusto modo di vivere per nessuno! Ricordiamocelo anche dopo!

Già responsabile del Collocamento Disabili e Fasce Deboli della Provincia di Lecco (marino.botta@umana.it).

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