«Non si dice voglio, si dice vorrei!». «Ma tu chi sei per dirmi cosa devo dire?». «Sono la ragione, non capisci che questo non è il momento di fare rivendicazioni?». E l’istinto: «Perché? Ogni giorno ci sono dimostrazioni di solidarietà da quando c’è ’sto virus: hai presente i flash mob? In questo momento complesso, dove #restiamoacasa e facciamo a meno del cinema, del teatro, del ristorante, troviamo il modo per sostenerci a vicenda restando #lontanimavicini, attraverso striscioni sui balconi che ci ricordano che #andràtuttobene. La gente, anche se per un’assurda circostanza, si è fermata a pensare e oggi più che mai dire le cose come stanno è importante. Voglio “atterrare” sul balcone di ogni famiglia e raccontare la verità, perché, se oggi non diciamo chiaramente come stanno le cose, quando #tuttoquestofinirà, noi rimarremo qui senza aver mosso neanche una vibrazione nei cuori degli uomini e delle donne».
«Non capisco bene, cosa vorresti?», chiede la ragione. «Ti faccio un esempio», risponde l’istinto. «Non voglio che il prosciutto crudo sia senza conservanti, vorrei sapere gli ingredienti per poter scegliere quale mangiare; non voglio che tutte le magliette siano al 100% cotone, vorrei sapere la composizione per scegliere quale indossare; non voglio che tutti gli elettrodomestici siano accessibili, vorrei sapere quali lo sono per comprare quelli che posso usare. Voglio abbattere le barriere sensoriali! Ci sono cantieri non segnalati, semafori che non emettono suoni, cacche di cane lasciate sui marciapiedi! E agli sportelli? Il personale si rivolge al mio accompagnatore e non a me, come se non fossi in grado di comprendere! La maggior parte dei film manca di audiodescrizioni e, anche in tempi di coronavirus, alcune campagne di informazione alla TV sono soltanto immagini con sottofondo musicale… Peccato che a me le immagini non arrivino. Ci dicono #fermiamoloinsieme, ma purtroppo non tutte le app, i documenti e le autocertificazioni sono accessibili! Per non parlare di quando aspetti l’autobus e non sai qual è il tuo, quando devi prenotare una visita e ti chiedono di leggere il codice sulla ricetta, quando entri in un sito e la sintesi vocale ti dice: “vuoto, vuoto, vuoto”, perché qualcuno si è dimenticato di realizzarlo seguendo delle semplici regole, ma forse è più figo dire design for all! Ancora non capisci? Sono non vedente!».
In questi giorni di coronavirus, molti pensieri attraversano la mia mente… e accetto di essere timorosa e coraggiosa, irritata e innamorata, istinto e ragione.
Ho parlato con l’istinto, con la ragione, ora voglio parlare con il cuore. E voglio dire che è meraviglioso riacquistare la propria autonomia, comprare e leggere un libro dallo smartphone, inviare e ricevere mail, sentirsi social, giocare a carte, essere guidati da un dolcissimo cane guida, poter impostare una lavatrice e fare la spesa attraverso una app accessibile, riconoscere un farmaco grazie alla scritta Braille…
Voglio dire che ogni domanda che mi è stata rivolta all’interno della mostra-percorso Dialogo nel buio [iniziativa della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano, N.d.R.] è stata un’opportunità di confronto e crescita per entrambi. Voglio dire quanto è importante incontrare le persone nel luogo dove l’essere diversi è un valore, come a Dialogo nel buio. Ma soprattutto voglio muovere le vostre anime, perché vorrei che da oggi fossimo, finalmente, #diversimauguali.
Guida di Dialogo nel buio, iniziativa della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano. Il presente testo – qui riproposto per gentile concessione, con minimi riadattamenti al diverso contenitore – è stato prodotto nell’àmbito di tale iniziativa (titolo originario: “Voglio o vorrei?”). Ringraziamo per la collaborazione Franco Lisi, direttore scientifico dell’Istituto.
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