Rinviare il nuovo Piano Regionale per la Non Autosufficienza della Lombardia

Numerose organizzazioni della Lombardia, impegnate per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, hanno chiesto alla propria Regione di rinviare l’avvio del nuovo Piano Regionale per la Non Autosufficienza alla fine dell’emergenza coronavirus, per non creare ulteriori fonti di stress a numerose persone e famiglie coinvolte. Inoltre, il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della Federazione LEDHA ha rilevato alcuni aspetti problematici sotto il profilo della legittimità, in due recenti Deliberazioni sul medesimo tema, prodotte dalla Giunta Regionale Lombarda

Foto di ombre che precedono e spòingono una carrozzina, di cui si vede la parte inferioreNumerose organizzazioni della Lombardia, impegnate per la tutela dei diritti delle persone con disabilità (se ne legga in calce l’elenco completo), hanno chiesto alla propria Regione di rinviare l’avvio del nuovo Piano Regionale per la Non Autosufficienza, tramite una lettera inviata a Stefano Bolognini, assessore regionale alle Politiche Sociali, Abitative e Disabilità, oltreché al direttore generale del settore, Giovanni Daverio. Se da un lato, infatti, le organizzazioni hanno accolto favorevolmente le iniziative dell’Assessorato che tramite le ultime Deliberazioni di Giunta, ha previsto la continuità di intervento per i mesi a venire, semplificando le domande di accesso alle Misure B1 e B2 per le persone con disabilità grave e gravissima, dall’altro lato, però, restano convinte che «la strada maestra rimanga quella di rinviare l’applicazione del nuovo Piano Regionale alla fine dell’emergenza Covid-19 e di continuare a garantire continuità alle stesse condizioni dei mesi passati a tutte le persone prese in carico, concentrando così le energie nella gestione dei nuovi ingressi», come si legge nella lettera.
«Infatti – si legge ancora – le procedure previste per la presentazione della domanda, per quanto semplificate, presentano un grado di difficoltà non indifferente e un’ulteriore fonte di stress per una parte significativa delle persone e delle famiglie coinvolte, persone che, a causa delle misure restrittive imposte per ridurre la diffusione del coronavirus, si trovano a vivere in condizioni particolarmente faticose e spesso con un limitato supporto dall’esterno».

Ma non solo. Il rinvio del Piano Regionale per la Non Autosufficienza, infatti, che ha un costo stimato in 12 milioni di euro, si renderebbe necessario anche per sanare alcuni aspetti problematici sotto il profilo della legittimità, contenuti nelle Deliberazioni di Giunta Regionale n. 2720 del 23 dicembre 2019 e n. 2862 del 18 febbraio 2020. A dirlo sono i legali del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone c on Disabilità), che vi hanno dedicato una specifica analisi.
Sarebbero dunque quattro, secondo il Centro, i passaggi che destano maggiore perplessità, a partire dalla richiesta di presentare l’ISEE ordinario (di questo e della differenza con l’ISEE socio sanitario si legga nel box in calce), per accedere alla Misura B1 (finalizzata a garantire la permanenza a domicilio e nel proprio contesto di vita delle persone con disabilità gravissima) e per definire la platea dei beneficiari. La Regione Lombardia, infatti, ha scelto di utilizzare la situazione economica del nucleo familiare del beneficiario del contributo, al posto dell’ISEE sociosanitario, come previsto dalla normativa nazionale.
Inoltre, la Regione Lombardia ha stabilito il divieto assoluto di presentazione della domanda (e quindi di accesso al contributo) nel caso di ISEE superiori a 50.000 euro, «una richiesta che – sottolineano i legali del Centro Antidiscriminazione – risulta in evidente contrasto con quanto stabilito nel Piano Nazionale per la Non Autosufficienza, oltre che nel Decreto del Presidente del Consiglio 159/13».
E ancora, un ulteriore elemento di criticità sarebbe dato dalla richiesta di residenza in Lombardia da almeno due anni per accedere ai benefìci del Fondo, una richiesta che discrimina in particolare i minori con disabilità con un’età inferiore a due anni nati in un’altra Regione italiana e i minori con disabilità nati all’estero in caso di ricongiungimento familiare.
«La Corte Costituzionale – ricordano a tal proposito dal Centro Bomprezzi – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del limite basato sul tempo di residenza anagrafica in Regione Lombardia, ritenendo illogico premiare le persone che restano stanziali su un territorio, a scapito di una valutazione del bisogno, che deve sempre guidare gli interventi sociali».
E infine, un quarto elemento di criticità è rappresentato dal requisito della «capacità di esprimere la propria volontà», per accedere ai progetti di vita indipendente, «parametro – secondo i legali del Centro Bomprezzi – da considerarsi vago, privo di base scientifica e culturale, oltre che senza alcun riferimento normativo, e quindi illegittimo, se non discriminatorio».

«A fronte di queste criticità – commenta Laura Abet, avvocato del Centro Antidiscriminazione – chiediamo alle Regione Lombardia di intervenire con urgenza per modificare questi passaggi, anche al fine di evitare il ricorso alla magistratura da parte delle associazioni, delle persone con disabilità e dei loro familiari». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it.

La lettera di cui si parla nella presente nota è stata sottoscritta da: LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap); AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica); AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla); ANFFAS Lombardia (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale); ANGSA Lombardia (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici); Associazione Famiglie SMA; Associazione Aldo Perini; AUS Niguarda (Associazione Unità Spinale); Comitato 16 Novembre; Comitato Lombardo per la Vita Indipendente; Comitato Uniti per l’Autismo; Huntington ONLUS, UILDM-Comitato Regionale Lombardo (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).

ISEE ordinario e ISEE socio sanitario
L’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) serve a fornire una valutazione della situazione economica delle famiglie, tenendo conto del reddito di tutti i componenti, del loro patrimonio e di una scala di equivalenza che varia in base alla composizione del nucleo familiare. Esso tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove siano presenti persone con disabilità o non autosufficienti. L’ISEE è necessario per l’accesso alle prestazioni sociali la cui erogazione dipende dalla situazione economica familiare.
L’ISEE ordinario (o standard) contiene le principali informazioni sulla situazione anagrafica, reddituale e patrimoniale del nucleo familiare. Questo tipo di Indicatore vale per la maggior parte delle prestazioni.
L’ISEE socio sanitario è utile per l’accesso alle prestazioni sociosanitarie, come l’assistenza domiciliare per le persone con disabilità e/o non autosufficienti, l’ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali per le persone che non possono essere assistite a domicilio. Le persone con disabilità maggiorenni possono scegliere un nucleo più ristretto rispetto a quello ordinario. Per esempio, una persona maggiorenne disabile non coniugata e senza figli, che vive con i genitori, in sede di calcolo ISEE può dichiarare solo i suoi redditi e patrimoni.
(fonte: INPS)

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