«Per la prima volta nel nostro Paese sarà possibile diagnosticare la SMA (atrofia muscolare spinale) in fase pre-sintomatica, mediante la ricerca del difetto genetico. La diagnosi precoce consentirà di avviare tempestivamente il trattamento specifico dei bambini SMA, in maniera da garantire uno sviluppo motorio sovrapponibile a quello dei bambini non affetti»: avevamo presentato così, poco più di un anno fa, il primo progetto pilota italiano per lo screening neonatale dell’atrofia muscolare spinale, che aveva preso il via nel Lazio e in Toscana.
Nei giorni scorsi, come avevamo segnalato anche sulle nostre pagine, sono stati presentati i primi interessanti risultati raggiunti da quel progetto pilota, coordinato dal Dipartimento di Scienze della Vita e Sanita Pubblica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Campus di Roma e realizzato in collaborazione con i Centri Nascita e le varie Istituzioni Regionali, nonché grazie all’impegno dell’Associazione Famiglie SMA e dell’OMAR (Osservatorio Malattie Rare) e al supporto non condizionato di Biogen Italia.
«Oltre 30.000 neonati nel Lazio e in Toscana – informano da Famiglie SMA – sono stati sottoposti a screening neonatale per l’atrofia muscolare spinale e sei bambini sono stati identificati con diagnosi di SMA, malattia che, com’è noto, indebolisce progressivamente le capacità motorie ed è la prima causa di morte genetica infantile. Questo progetto pilota ha consentito per la prima volta in Italia la possibilità di un test genetico universale – volontario e gratuito – per i bambini nati nel Lazio e in Toscana. Una piccola goccia di sangue prelevata dal tallone, dunque, che rappresenta una svolta storica per la comunità di pazienti con SMA, perché la diagnosi precoce, unita a terapie efficaci, è in grado di cambiare la storia naturale della malattia».
«La diagnosi non sarà più una condanna, ma un salvavita», sottolinea in tal senso Daniela Lauro, presidente di Famiglie SMA, riferendosi soprattutto al fatto che dal 2017 è arrivata la prima terapia al mondo (Spinraza) in grado di rallentare, e in alcuni casi di arrestare, l’avanzata della patologia.
«Quel farmaco – spiegano infatti da Famiglie SMA – ha portato dei bambini con diagnosi predetta di SMA grave e con un’aspettativa di vita inferiore ai due anni per la storia naturale della malattia, ad avere invece nella maggior parte dei casi tappe di sviluppo motorio sovrapponibili a quelle dei bambini non malati, fino ad acquisire la deambulazione autonoma. In alcuni altri casi, inoltre, la malattia non si è manifestata o lo ha fatto in forma lieve».
Oltre che per i risultati ottenuti dal progetto pilota di Lazio e Toscana, soddisfazione è stata espressa anche per l’adesione dei Centri Nascita (circa il 95% nel Lazio e il 100% in Toscana), così come per quella dei genitori (l’85% nel Lazio e il 90% in Toscana).
Si tratta per altro di dati ancora parziali, perché entro il 4 settembre 2021, data di conclusione del progetto biennale, si conta di offrire una diagnosi precoce a circa 20 bambini di cui l’80% affetto da SMA I o SMA II, le forme più gravi della malattia. «In appena nove mesi – dichiara tuttavia Daniela Lauro – questo studio ha già cambiato il destino di sei neonati e delle loro famiglie, pur se l’obiettivo resta più ambizioso: dimostrare cioè che è possibile estendere l’esperienza di queste due Regioni a livello nazionale, così come già avviene negli Stati Uniti, dove lo screening neonatale per la SMA è stato inserito nell’elenco di quelli raccomandati».
«I risultati entusiasmanti degli studi nei bambini pre-sintomatici – afferma Eugenio Mercuri, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile presso la Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS di Roma – e l’accesso alle nuove terapie rendono sempre più urgente l’identificazione precoce di questi bambini e bambine».
«Sebbene i dati siano ancora preliminari – aggiunge Danilo Tiziano, responsabile del progetto e docente associato di Genetica Medica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Campus di Roma – questo studio ha già raggiunto traguardi importanti, diffondendo la consapevolezza e la conoscenza della SMA, ciò che ha consentito di creare un’eccellente rete collaborativa con i Centri Nascita e permesso di sviluppare una piattaforma tecnologica in grado di effettuare oltre mille test genetici a settimana in maniera quasi del tutto automatizzata».
Dal canto suo Maria Alice Donati, responsabile della Struttura Operativa Complessa di Malattie Metaboliche e Muscolari Ereditarie del Centro di Eccellenza di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer di Firenze, afferma che «i neonati toscani e laziali hanno un’opportunità di salute in più. Come già per altre malattie che dispongono di screening neonatale da anni, infatti, la storia naturale della SMA verrà consistentemente modificata».
Tra coloro che hanno partecipato all’incontro di presentazione dei risultati del progetto, vi sono stati anche Stefania Saccardi, assessora regionale alla Salute della Toscana, Carlo Dani, coordinatore della Rete Neonatale sempre per la Toscana e Alessio D’Amato, assessore regionale alla Sanità e all’Integrazione Socio-Sanitaria del Lazio.
«Questo progetto – dichiara Saccardi – ci rende orgogliosi, anche perché è il primo in Italia e uno dei pochi in Europa. La Toscana ha messo in campo le sue migliori eccellenze come il Meyer di Firenze, che con il Gemelli di Roma è impegnato in prima linea nella lotta contro questa grave malattia genetica. Nonostante l’emergenza epidemiologica dovuta al Covid-19 – aggiunge -, siamo andati avanti e gli ultimi cinque Centri Nascita hanno aderito a inizio maggio. Abbiamo promosso su tutto il territorio, in stretta collaborazione con l’associazione Famiglie SMA, una campagna informativa che ha raggiunto tutti i Punti Nascita e le sedi territoriali».
«Abbiamo la consapevolezza – conferma Dani – di poter cambiare concretamente la vita dei bambini e delle loro famiglie e questo ha portato a un’adesione totale: ad oggi, infatti, in tutti i ventiquattro Centri Nascita della Toscana è possibile eseguire lo screening per la SMA».
«A un anno dall’inizio del Progetto che ci pone all’avanguardia in Europa in tema di prevenzione – afferma quindi D’Amato –, siamo felici di avere raggiunto oltre 25.000 neonati nel Lazio e ci auguriamo che il percorso intrapreso diventi quanto prima un esempio per tutto il territorio italiano».
E a proposito dell’Europa, citata sia da Saccardi che da D’Amato, va ricordato che al momento, oltre all’iniziativa promossa in Lazio e Toscana, ne esistono soltanto altre due in corso, rispettivamente in due Länder della Germania e in una Regione del Belgio.
«Come Associazione di pazienti – conclude Daniela Lauro – non possiamo che essere orgogliosi degli obiettivi raggiunti, che stanno disegnando un nuovo futuro per la nostra comunità. L’Italia è leader in Europa in tema di screening neonatale, ma dal 2018 non è mai stato attuato l’“Emendamento Volpi” alla Legge 167/16 [“Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle malattie metaboliche ereditarie”, N.d.R.] che consentiva di estendere lo screening anche alle malattie neuromuscolari. Nello scorso mese di febbraio è stato ufficialmente approvato anche l’“Emendamento Noja”, che stabilisce un termine preciso entro cui il Ministero della Salute dovrà completare il processo di ampliamento del panel di malattie diagnosticabili tramite screening. Tale termine avrebbe dovuto coincidere con lo scorso mese di giugno, e pur essendo consapevoli che l’emergenza legata al Covid-19 possa avere ritardato le tempistiche, torneremo certamente a sollecitare le Istituzioni perché lo screening esteso anche alla SMA non può più attendere!». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa Associazione Famiglie SMA (Michela Rossetti), gdgpress@gmail.com.
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