Ciò che l’Italia dovrebbe fare per i bambini e i ragazzi, con e senza disabilità

In vista del 20 novembre, Giornata Internazionale del Diritto dell'Infanzia e dell'Adolescenza, presentiamo un'ampia e approfondita analisi dedicata alle Osservazioni Conclusive e alle Raccomandazioni espresse nei confronti del nostro Paese dal Comitato ONU che si occupa del monitoraggio e dell'applicazione, nei vari Stati, della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza, approvata il 20 novembre 1989. E per tutti i bambini e i ragazzi - con disabilità o meno - la situazione non è certo allegra, tra tagli di risorse, leggi non applicate, dati mancanti e pratiche discriminatorie

Bimba in carrozzina vicina a coetanea in biciclettaDomenica 20 novembre sarà la Giornata Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, perché proprio il 20 novembre 1989 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite promulgò la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che è diventato in seguito il Trattato finora più ratificato nella storia dell’umanità. L’Italia lo ha fatto nel 1991, con la Legge 176/91 e da quel momento i diritti dei bambini e dei ragazzi sono diventati un obbligo per il nostro Stato.
Elemento non certo secondario, riguardante quella Convenzione, è che siamo di fronte anche al primo documento internazionale sui diritti umani di stampo generalista (non rivolto cioè specificamente a una categoria di destinatari), che ha dedicato un articolo (il 23°) al tema della disabilità.
Recentemente il Comitato dell’ONU preposto al monitoraggio della Convenzione, dopo avere esaminato il Rapporto del Governo Italiano e quello Supplementare delle Organizzazioni Non Governative, ha pubblicato le proprie Osservazioni Conclusive e le Raccomandazioni al nostro Paese.
Se ne occupa per il nostro sito – con la seguente, approfondita analisi – Luisella Bosisio Fazzi, presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).

La Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (d’ora in poi CRC) è una delle ultime nate (1989) tra le fonti del diritto internazionale dei diritti umani ed è la “più ratificata” nella storia delle relazioni fra Stati. Possiamo affermare in tal senso che il ventesimo secolo si è chiuso con il riconoscimento dei diritti fondamentali della persona e nel nome dei bambini.
Questa dichiarata centralità dei bambini, delle bambine e degli adolescenti nella storia (ricordando che nella definizione di “bambini” si considerano tali quelli di età compresa tra gli zero e i diciotto anni), li rende importanti e preziosi per la storia stessa del mondo intero ed è un valido motivo per meditare su ciò che di bene e di male ha prodotto l’umanità nei loro confronti.

La CRC  è un documento particolarmente interessante essenzialmente per due motivi:
a) è una Convenzione, cioè un documento giuridicamente vincolante, con validità pressoché universale (lo strumento che rende una Convenzione vincolante è la ratifica nazionale. Da ricordare che a oggi praticamente solo gli Stati Uniti non hanno ratificato la CRC);
b) è stato il primo documento internazionale sui diritti umani di stampo generalista (cioè non specificamente rivolto a una categoria di destinatari) a dedicare un articolo (il 23°) al tema della disabilità.
La presenza di quest’ultimo articolo, per altro, non limita in alcun modo l’applicazione di tutta la Convenzione alla situazione del bambino con disabilità, che quindi, come tutti, deve poter godere di diritti collegati ad alcuni princìpi fondamentali:
– Non-discriminazione (articolo 2)
– Migliori interessi del bambino (articolo 3)
– Sopravvivenza e sviluppo (articolo 6)
– Partecipazione attiva del fanciullo (articolo 12).

Nel testo della CRC si possono raggruppare i diritti in quattro grandi temi:
– partecipazione (diritto di espressione e associazione, articoli 12 e 15; diritto di accesso all’informazione, articoli 13 e 17; diritto di partecipazione alla vita culturale e artistica, articolo 31);
– realizzazione (diritto all’istruzione, articoli 28 e 29; diritto alla famiglia, articoli 20 e 21; diritto per le minoranze alla propria lingua, cultura, religione, articolo 30; diritto di esprimere pienamente i propri talenti e le proprie potenzialità, articolo 29; diritto per i disabili a cure speciali, articolo 23);
– sopravvivenza e benessere (diritto a un livello di vita sufficiente, articoli 3 e 27; diritto a una vita sana e sicura, articoli 6 e 27; diritto alla salute e ai servizi sanitari, articoli 24, 25 e 26; diritto allo svago e al riposo, articolo 31);
– protezione (diritto a trattamenti speciali in caso di arresto, articoli 37 e 40; diritto a speciale protezione in caso di guerra, articoli 38 e 39; diritto a protezione contro lo sfruttamento, i! maltrattamento e l’abuso, articoli 19, 32 e 34).

Prima di illustrare l’esame dell’Italia da parte del Comitato ONU sulla CRC di Ginevra, vale la pena ricordare brevemente come funziona il meccanismo di tale esame che – come per ogni Convenzione – è obbligatorio per ogni Stato che abbia sottoscritto e ratificato il documento ed è contenuto negli articoli dal 42° al 45°.
Ogni cinque anni, quindi, ogni Stato Parte ha l’obbligo di sottoporre al Comitato ONU della CRC un Rapporto sullo stato di attuazione della Convenzione nel proprio Paese. Il Rapporto Governativo è pertanto uno strumento concreto per promuovere la responsabilizzazione dello Stato verso gli obblighi assunti nei confronti dei diritti dell’infanzia.
I Rapporti dei Governi devono seguire la struttura definita dallo stesso Comitato ONU, che ha predisposto delle linee guida per la redazione dei rapporti periodici, raggruppando i vari articoli della Convenzione nei seguenti gruppi tematici:
I. misure generali di attuazione (articoli 4, 42 e 44 paragrafo 6);
II. definizione di minore (articolo 1);
III. Princìpi generali (articoli 2, 3, 6 e 12);
IV. Diritti civili e libertà (articoli 7, 8, 13-17 e 37a);
V. Ambiente familiare e misure alternative (articoli 5, 9-11, 18 paragrafi 1-2, 19-21, 25 e 27 paragrafo 4);
VI. Salute e assistenza (articoli 6, 18 paragrafo 3, 23, 24, 26 e 27 paragrafi 1-3);
VII Educazione, gioco, attività culturali (articoli 28, 29 e 31);
VIII. Misure speciali per la tutela dei minori (articoli 22, 38, 39, 40, 37b-d e 32-36).

Il Rapporto viene predisposto dai Governi, anche attraverso Gruppi di Lavoro Interministeriali. Una volta ultimato, esso viene inviato al Comitato ONU e ne deve venir data ampia diffusione all’interno del Paese.
Tanti bambini con le teste ravvicinateIl Comitato ONU si riunisce a Ginevra tre volte all’anno, per un periodo di quattro settimane, di cui tre dedicate alla sessione plenaria e una alla pre-sessione, per valutare la situazione dell’infanzia nei Paesi rispetto ai quali è previsto l’esame.
Nel corso della pre-sessione, l’organismo incontra a porte chiuse le delegazioni delle Organizzazioni Non Governative (d’ora in poi ONG) e le coalizioni di ONG che hanno inviato informazioni scritte sotto forma di Rapporto, nonché l’Unicef e le altre agenzie ONU.
Nella sessione plenaria, invece, avviene l’incontro tra le delegazioni governative e i membri del Comitato ONU. A conclusione della pre-sessione – in preparazione della sessione plenaria e per avere chiarimenti in merito alle tematiche ritenute critiche – il Comitato ONU invia al Governo una lista di argomenti in forma di quesiti, cui il Governo stesso deve rispondere per iscritto nei termini indicati.
Nel corso della sessione plenaria, dunque, i membri del Comitato incontrano le delegazioni governative e la discussione si svolge sulla base dei documenti prodotti (Rapporto Periodico Governativo; Rapporto Supplementare prodotto dalle ONG; Risposte fornite alla lista di quesiti). Qui le ONG possono essere presenti, ma solo come osservatori, mentre solo i membri del Comitato ONU e i rappresentanti del Governo prendono parte alla discussione.
Il percorso ha termine con le Osservazioni Conclusive del Comitato, documento pubblico con cui viene reso noto il parere sullo stato di attuazione della Convenzione nel Paese in questione, sottolineando i progressi compiuti ed evidenziando i punti critici, oltreché invitando il Governo a intervenire laddove non vi sia congruità, anche attraverso la richiesta esplicita di modifiche legislative.

Una presentazione, questa, forse sin troppo ampia, ma utile a comprendere il processo di monitoraggio dell’attuazione della Convenzione e la sua articolazione.
Tornando dunque all’esame dell’Italia, il Governo e il Gruppo di Lavoro per il Monitoraggio della CRC hanno presentato, nel gennaio e nel novembre del 2009, rispettivamente il terzo e quarto Rapporto Governativo (il primo era stato del 1995 e il secondo del 2000) e il secondo Rapporto Supplementare (il primo era stato del novembre 2001) [del secondo Rapporto del Gruppo CRC si legga ampiamente nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.].
Le ONG appartenenti al Gruppo CRC – nel periodo intercorso tra il primo e il secondo Rapporto Supplementare – hanno redatto annualmente un aggiornamento, al fine di garantire il costante monitoraggio e avere momenti di confronto da far confluire nel documento finale.
A propria volta il Comitato ONU ha indicato nel 20 settembre 2011 la sessione plenaria di esame del Rapporto Governativo Italiano, mentre il 20 giugno precedente aveva invitato il Gruppo CRC a presentare il suo Rapporto Supplementare e a illustrare i punti critici in esso contenuti. Successivamente all’incontro con le ONG, il Comitato ha inviato al Governo Italiano una serie di argomenti (List of Issues) da chiarire, con l’invito a rispondere entro il 4 agosto, in preparazione alla seduta del 20 settembre.
In ottobre, quindi, sono state pubblicate le Osservazioni Conclusive sull’esame e le Raccomandazioni al nostro Governo, indicando il 4 aprile 2017 come data dell’invio del prossimo Rapporto.

A questo punto vale la pena ripercorrere questi anni di monitoraggio – che hanno portato alla redazione del Rapporto Supplementare – alla luce anche del lavoro svolto e dei risultati ottenuti dal movimento italiano della disabilità. Per questo vorrei tornare a quando il  Comitato ONU per i Diritti dell’Uomo istituì – dopo l’adozione della CRC – un Comitato per i Diritti del Fanciullo (CRC Committee), allo scopo di monitorare appunto le azioni dei Governi nell’ambito specifico della Convenzione.
Nel 2000 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite intendeva valutare i dieci anni di vita della CRC, istituendo una Sessione Speciale. Quest’ultima, originariamente prevista per il settembre del 2001, ma rinviata a causa degli attentati alle Torri Gemelle, si svolse a New York nel maggio del 2002.
Sempre nel 2000, nel nostro Paese, su iniziativa dell’Unicef Italia, si era  costituito un Tavolo Nazionale di Coordinamento delle Associazioni che si interessano di infanzia, denominato PIDIDA (Per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza), in vista di quella Sessione Speciale. Tale Coordinamento si propose di continuare a esistere anche dopo la scadenza del 2001 e aveva attivato alcuni gruppi di lavoro, vale a dire:
1. Partecipazione di bambini e adolescenti.
2. Lavoro minorile.
3. Esclusione e minori stranieri.
4. Stop all’uso dei bambini soldati.
5. Cooperazione.
6. Rapporto supplementare al rapporto governativo sulla Convenzione (Gruppo CRC).
Alcune associazioni – attive nel campo dell’infanzia e dell’infanzia con disabilità, associate al Consiglio Nazionale sulla Disabilità (CND) – si erano  impegnate a indirizzare la loro partecipazione al Coordinamento PIDIDA, in modo che fosse presa nella dovuta considerazione la situazione del bambino con disabilità  in Italia, in quanto si erano rese conto che quest’ultimo risultava praticamente “invisibile” in una realtà così significativa. Ciò si è concretizzato nella partecipazione alla redazione del Rapporto Supplementare al Rapporto Governativo sullo Stato dell’Infanzia in Italia, discusso a Ginevra dal Comitato Internazionale sui Diritti del Fanciullo il 16 gennaio 2003.
Durante quello stesso anno 2003, quindi, è iniziata la partecipazione diretta del CND al gruppo di lavoro sulla Convenzione del Fanciullo (il più volte citato Gruppo CRC), per verificare l’attendibilità delle preoccupazioni di quelle associazioni che già avevano partecipato ai lavori in vista della Sessione Speciale.
Bimbo con disabilità insieme alla madreL’impegno del Consiglio Nazionale sulla Disabilità ha evidenziato soprattutto che laddove lo Stato sia realmente interessato a migliorare le proprie prassi nella prospettiva del superiore interesse del fanciullo, l’attività di monitoraggio internazionale costituisce una reale opportunità; basti pensare, ad esempio, all’impatto prodotto dall’applicazione della Convenzione sull’approvazione di una Legge come la n. 285 del 1997 (Disposizione per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza).
Inoltre, l’esperienza che ha visto – nel periodo 2000-2002 – un gruppo di realtà dell’associazionismo italiano studiare le politiche nazionali in vista della presentazione al Comitato di esperti di un Rapporto Supplementare a quello del Governo, ha dimostrato che tale partecipazione consente un ulteriore passo in avanti, poiché l’analisi dell’attività di uno Stato, da parte del mondo non governativo, consente di guardare ai temi legati all’infanzia in modo molto più completo.
Di contro, però, l’elaborazione del Rapporto ha anche messo in evidenza che le realtà più attive nella tutela dell’infanzia tendono a considerare il bambino con disabilità al di fuori della loro “programmazione” e che lo stesso modello di report proposto dal Comitato internazionale confina la disabilità in uno spazio a sé, nel quadro delle attività a difesa della salute, ciò che chiaramente veicola in qualche modo un’idea non inclusiva.

A questo punto, quindi, il CND ha ritenuto necessario partecipare al Gruppo di Lavoro del Monitoraggio della CRC per  elaborare in maniera più ampia le tematiche che riguardano il bambino con disabilità in tutte le fasce della sua vita, per poter dare strumenti di lettura della sua situazione, alla luce dell’approccio di diritti anche a realtà che non hanno come mission primaria la disabilità.
Il Consiglio Nazionale sulla Disabilità ha partecipato direttamente attraverso propri delegati (oltre a chi scrive, Claudia Corsolini, Pierluigi Cenci e Ines Alves), oppure attraverso la partecipazione di Associazioni aderenti, quali l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di persone con Disabilità Intellettiva e/o relazionale) – rispetto alla quale va segnalato il prezioso lavoro di Simonetta Capobianco – e L’abilità. Inoltre, nei lavori di analisi si è avvalso delle competenze specifiche presenti all’interno della rete FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Il risultato di tutto questo lavoro si è via via disvelato con la lettura dei Rapporti Annuali, dove la condizione di disabilità non è stata più relegata nel quinto capitolo sulla salute, ma si è “diffusa” in tutti gli altri ambiti.
Da dire poi che l’azione di mainstreaming [ove per “mainstreaming” si intende l’inserimento delle politiche riguardanti la disabilità in tutte quelle più generali, N.d.R.] ha fatto sì che ogniqualvolta non sia citato specificamente il bambino con disabilità, questo sta a significare che la sua condizione è simile a quella dei bambini senza disabilità. Non più, quindi, un'”invisibilità”, ma, al contrario, un’uguaglianza di situazione.

Arriviamo dunque al citato appuntamento del 20 giugno scorso, dove una delegazione del Gruppo CRC – composta da otto organizzazioni – è stata ascoltata dal Comitato ONU, rispondendo a una quarantina di domande sulla situazione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia e sulle politiche e legislazioni in atto, con il supporto anche di un’ampia documentazione statistica.
Ciò ha consentito di definire la lista di priorità (List of Issues, disponibili – in inglese – cliccando qui) sulle quali lo Stato Italiano è stato chiamato a rispondere nella sessione del successivo mese di settembre. In precedenza, il Gruppo CRC aveva inviato al Comitato il proprio secondo Rapporto Supplementare e le Schede di Aggiornamento pubblicate in occasione del ventesimo anniversario dalla ratifica della Convenzione in Italia (27 maggio 1991).
Quindi, dopo la pubblicazione della lista di priorità, il nostro Governo ha inviato in agosto le proprie risposte scritte.
Nell’attesa dell’incontro di settembre, il Consiglio Nazionale sulla Disabilità – che nel frattempo insieme al CID.UE (Consiglio Italiano dei Disabili per i Rapporti con l’Unione Europea) aveva fondato il FID (Forum Italiano sulla Disabilità), per unire in un unico Consiglio la rappresentanza presso l’EDF (European Disability Forum) – ha avviato un’azione di pressione sul Comitato ONU, in collegamento con lo stesso EDF e con l’IDA (International Disability Alliance), redigendo uno specifico documento dove sono stati sottolineati i punti più critici e specifici della condizione di disabilità. Ha inoltre inviato, sempre al Comitato ONU, una nuova scheda di aggiornamento anche attraverso il Gruppo CRC. Senza nemmeno trascurare, infine, il pressante lavoro svolto a Ginevra dagli uffici dell’IDA e quello del Gruppo italiano delle ONG, con l’organizzazione di incontri personali con i membri del Comitato, al solo scopo di chiarire fino in fondo le questioni critiche.

Durante la sessione di settembre, dunque, tra le varie questioni sollevate dai membri del Comitato ONU allo Stato Italiano, vanno segnalate innanzitutto la preoccupazione per il taglio alle risorse dedicate all’infanzia e all’adolescenza, ma anche il ritardo nell’identificazione dei “Livelli Essenziali delle Prestazioni concernenti i Diritti Civili e Sociali delle persone” (LEP), la discriminazione su base regionale, l’incremento della povertà minorile e della dispersione scolastica, la situazione dei minori stranieri e l’accoglienza di quelli non accompagnati, la questione dell’accesso all’istruzione dei bambini e adolescenti con disabilità e la condizione degli edifici scolastici.
Il Comitato ha chiesto inoltre chiarimenti in merito alla nomina del Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza e dei Garanti Regionali, oltreché sulla discriminazione dei minori rom, sinti e camminanti e sul funzionamento del sistema di giustizia minorile.
Alla fine, il Comitato ha inviato all’Italia e reso pubbliche le proprie Osservazioni Conclusive, raccomandando al Governo del nostro paese di identificare i citati “Livelli essenziali delle Prestazioni”, per garantire l’accesso a diritti fondamentali come la salute, l’assistenza, la protezione e l’istruzione a tutti i bambini e gli adolescenti presenti in Italia, e per combattere la discriminazione regionale (punto 3).
Ragazzino in carrozzina con la madreViene poi chiesto di garantire risorse adeguate, sia a livello nazionale (punto 14) che internazionale (punto 23), di combattere la povertà minorile (punto 58) e la discriminazione nei confronti delle popolazioni rom (punto 80), di rivedere la Legge 94/09 [“Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, N.d.R.] (punto 69) e di adottare procedure unificate e standard per l’accertamento dell’età dei minori stranieri non accompagnati (punto 67).
E ancora, il Comitato ha espresso particolare preoccupazione per la mancanza di un fondo per l’implementazione del Piano Nazionale sull’Infanzia (punto 11), per i tagli alla scuola (punto 61) e per la mancanza di insegnanti di sostegno in alcune realtà italiane (punto 46), nonché per la carenza di dati sui minori con disabilità relativi alla fascia di età da 0 a 6 anni.

Attualmente le Osservazioni Conclusive sono disponibili solo in inglese (cliccare qui), mentre l’Unicef si è impegnata a produrne presto la traduzione. Per altro l’Ufficio Legale della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), grazie a Giulia Grazioli, ha elaborato fornito la traduzione dei punti 45 e 46, dedicati ai minori con disabilità.
Ebbene, pur nella sinteticità del documento, si deve prendere atto che il Comitato dell’ONU è certamente andato “dritto al cuore” delle questioni, evitando inutili demagogie. Vediamo come:

Minori con disabilità
«45. Il Comitato rileva con rammarico la limitazione di informazioni sui bambini con disabilità fornite nel suo rapporto dallo Stato Parte [l’Italia, N.d.R.]. Pur accogliendo favorevolmente gli sforzi compiuti al fine di integrare i bambini con disabilità nel sistema scolastico, il Comitato osserva con preoccupazione il fatto che la disabilità è ancora vista come un “handicap” invece che essere approcciata con lo scopo di assicurare l’inclusione sociale dei bambini con disabilità, e il fatto che esistono differenze fra le varie Regioni nell’assegnazione degli insegnanti di sostegno. Il Comitato è inoltre preoccupato per l’inefficienza e i ritardi in riferimento all’attenzione particolare da dedicare ai bambini con disabilità nella prima infanzia e per la mancanza di dati statistici riguardanti i bambini con disabilità di età fra gli 0 e i 6 anni.
46. Il Comitato raccomanda che lo Stato Parte riconsideri le proprie politiche e i programmi attualmente in vigore per assicurare un approccio incentrato sui diritti umani in relazione ai bambini con disabilità e promuova informazione ed iniziative di formazione per garantire che le autorità governative competenti e la comunità in generale siano sensibilizzati su tali tematiche.
Il Comitato inoltre raccomanda che lo Stato Parte fornisca un numero adeguato di insegnanti di sostegno nelle scuole di ogni ordine e grado, affinché i bambini con disabilità possano avere accesso ad una educazione inclusiva di alta qualità.
Inoltre, il Comitato raccomanda che lo Stato Parte raccolga dati specifici e scomposti sui bambini con disabilità, inclusi i bambini con età dagli 0 ai 6 anni, al fine di adattare le proprie politiche e i programmi in conformità a tali necessità.
Il Comitato incoraggia infine lo Stato Parte a tenere in considerazione il Commento Generale del Comitato n. 9/2006 sui diritti dei bambini con disabilità [grassetti redazionali nei testi di questi due punti, N.d.R.]».

Ora, pertanto, ricomincia il lavoro del Gruppo CRC che partendo da queste Osservazioni Conclusive e dall’analisi della situazione quotidiana dei bambini in Italia, si prepara al prossimo appuntamento del 2017.

*Presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).

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