Ma perché dover dichiarare la propria fragilità per ottenere rispetto?

di Simona Lancioni*
Affida il suo appello a Facebook Francesca Masi, quarantacinquenne e madre con le difese immunitarie molto basse a causa di un recente trapianto di midollo. Suo figlio di 10 anni tornerà a scuola tra pochi giorni e lei riflette su quello che potrebbe succedere se i suoi compagni e gli/le insegnanti non dovessero rispettare le misure introdotte per contenere la diffusione del Covid-19. La sua situazione e le sue preoccupazioni non sono molto dissimili da quelle di tante persone che, per motivi diversi (disabilità, età, altre condizioni di fragilità), in caso di contagio rischierebbero la vita
Francesca Masi insieme al figlio di 10 anni
Francesca Masi insieme al figlio di 10 anni

«Ho 45 anni e sono reduce (termine scelto con cognizione, lo stesso che si usa per i soldati dopo una guerra) da un trapianto di midollo da donatore. Cioè un estraneo si è fatto infilare un ago in un osso da dei medici per prelevare il midollo osseo che poi altri medici avrebbero infuso a me per guarirmi da un cancro nel sangue. Un gesto di solidarietà umana enorme!»: inizia così l’appello che Francesca Masi affida alla sua pagina Facebook e che, mentre scriviamo, ha già superato le 10.000 condivisioni.
Le sue maggiori preoccupazioni sono suscitate dalla prossima riapertura delle scuole: «Adesso sono a circa 50 giorni dal trapianto e sono ancora molto fragile, sono una paziente immunodepressa (con le difese immunitarie, cioè quelle cellule che ci proteggono dalle malattie, che hanno valori molto bassi nel sangue). Ho un bimbo di 10 anni che tra pochi giorni dovrà andare a scuola. Vista la mia situazione, se i compagni o gli insegnanti (spero proprio che non accada!) non indossano la mascherina e non prendono le precauzioni che ormai conosciamo tutti a tutela del contagio da Covid, io rischio la vita. E lui questo lo sa».

Suo figlio lo sa, ma non tutti e tutte hanno questa consapevolezza: «Scrivo perché magari una persona non si rende conto che una cosa banale come avvicinarsi a mio figlio per chiedergli qualcosa senza mascherina genera in lui (con ragione!) uno stato di agitazione e paura, in lui come in tutti i bimbi che a casa (anche senza aver reso la notizia pubblica come ho fatto io con una certa sfacciataggine) hanno un genitore immunodepresso, o un fratellino o un nonno».

È importante comprendere che le nostre scelte, le nostre condotte hanno delle ricadute dirette sulla vita degli altri/e: «La vita di ognuno di noi dipende, in questo momento più che in altri periodi, dal comportamento degli altri, e non dovrebbe esserci bisogno di dichiarare la propria fragilità per avere il rispetto, il rispetto agli altri lo dobbiamo a prescindere proprio perché non sappiamo che situazione hanno a casa». E Francesca Masi ama la vita, quella vita «che una persona molto generosa e alcuni medici molto in gamba hanno lottato (studiato anni, con sacrifici e costruzione di competenza) per salvarmi».
Da ciò l’appello rivolto a tutti i genitori: «Care mamme e babbi, perdete 10 minuti del vostro tempo a rendere consapevoli e responsabili i vostri figli rispetto alle norme igieniche straordinarie di questo periodo perché è importante che imparino a rispettare le regole, ma più di tutto è importante che imparino davvero cos’è l’empatia: rispettare l’altro anche se non sai la sua vita com’è, rispettarlo nella sua riservatezza rispetto a faccende intime e difficili, perché le malattie e i problemi esistono anche quando non siamo noi ad averli».

La situazione e le preoccupazioni di Masi non sono molto dissimili da quelle di tante persone che, per motivi diversi (disabilità, età, altre condizioni di fragilità), in caso di contagio rischierebbero la vita.

Responsabile di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito le presenti riflessioni sono già apparse e vengono qui riprese – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.

Share the Post: