Non è la prima volta che dobbiamo occuparci delle “carenze” riguardanti le persone con disabilità, presenti nel 15° Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni, coordinato dall’Istat e attualmente in corso. E proprio dall’Istat auspichiamo di ricevere prima o poi qualche risposta anche in questo ambito.
Sono una Cittadina italiana, tenuta a compilare il Censimento, ma anche madre adottiva di una persona adulta con disabilità grave, di 34 anni, priva di autonomia, che ha frequentato per qualche anno una scuola normale, quindi una scuola speciale e dai 16 anni è stata inserita in un Centro Diurno per Disabili di Milano.
Ebbene, lui nel Censimento non ci sta. Può risultare solo come un giovane adulto, che vive ancora in famiglia (questi bamboccioni!), analfabeta (strano, con l’obbligo scolastico) e “fancazzista” (non lavora, non studia, non segue corsi professionali ecc.). Questi, infatti, sono gli unici dati che possono emergere se compilo il Censimento su di lui, che esce tutti i giorni di casa per andare al suo Centro e che non è un recluso, ma come faccio a scriverlo?
I dati pseudo-sanitari della casella rosa possono non essere compilati per la privacy, ma se anche li compilassi, sarebbero solo giustificativi del motivo per cui «non esce di casa». E questo sarebbe falso, perché – accompagnato e in carrozzina – lui esce ogni giorno.
La disabilità colpisce milioni di Italiani. Alcuni hanno raggiunto comunque un certo grado di autonomia. Moltissimi no. E sono quelli che sono stati letteralmente “cancellati dal Censimento”.
Perciò mi arrabbio, come madre, che deve sostenere una fatica per accudire e assistere il proprio figlio, amato come gli altri due. Ma ignorato dallo Stato.
*Neurologa. Madre di una persona con disabilità.
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