Sono cresciuta in una famiglia di sportivi: mia madre, appassionata di atletica, è stata insegnante di educazione fisica e ora che è in pensione è una coach Special Olympics [Special Olympics è il movimento internazionale dello sport praticato dalle persone con disabilità intellettiva e/o relazionale, N.d.R.], mentre mio padre, pallavolista, ha giocato anche in serie A.
Io e mio fratello eravamo un po’ predestinati, quindi, e abbiamo iniziato sin da piccolissimi a “vivere in palestra”, appassionandoci della pallavolo. Purtroppo io ho dovuto smettere abbastanza presto di giocare a causa di un infortunio, a vent’anni, cosa che mi ha dato quasi per caso l’occasione di iniziare ad allenare un piccolo gruppo di minivolley e palla rilanciata.
In poco tempo ho capito che il ruolo del tecnico mi piaceva molto e ho iniziato la mia formazione. L’anno successivo la società locale mi chiese se volessi iniziare a seguire anche il gruppo dell’ADSO di Savona (Associazione Sindrome di Down di Savona), che utilizzava proprio la stessa palestra: la squadra era composta solo da atleti con disabilità intellettiva, che partecipavano agli eventi Special Olympics di diverse discipline, ma che erano appassionati di pallavolo, sport che all’epoca il nostro programma nazionale non prevedeva.
Non potevo ancora immaginare quanto questo mi avrebbe cambiato la vita! Anno dopo anno il numero di atleti è aumentato, così come quello dei partner che hanno iniziato a partecipare ai nostri allenamenti.
Ricordo ancora benissimo la prima telefonata con il professor Alessandro Palazzotti, interessato a quello che stavamo facendo ad Albisola (Savona), per capire se il suo sogno di inserire la pallavolo tra le discipline proposte da Special Olympics Italia potesse realizzarsi.
Nel 2011, dopo sei anni di allenamenti, ci giunse l’inaspettata notizia della convocazione per i Giochi Mondiali Special Olympics di Atene, un’esperienza travolgente sotto tanti punti di vista: lì ho capito davvero la potenza del programma Special Olympics di cambiare la vita delle persone, con e senza disabilità.
Di ritorno da Atene mi arrivò una notizia ancora più inaspettata: la pallavolo unificata sarebbe diventata disciplina dimostrativa in Italia e il ruolo di coordinatrice tecnica nazionale era stato affidato a me.
Per mia natura sono portata spesso a domandarmi «sarò adeguata? Riuscirò a farcela?», ma accettare quella proposta si è rivelata, nonostante l’ansia da prestazione iniziale, una delle decisioni migliori della mia vita: la soddisfazione che provo nel vedere nascere nuovi team, nel ricevere gli aggiornamenti dalle squadre ormai “storiche”, nel sapere che oggi in Italia centinaia di atleti e partner [i “partner” sono gli atleti senza disabilità che si misurano assieme a quelli con disabilità nello Sport Unificato, N.d.R.] possono provare gioia praticando questa disciplina così inclusiva e affascinante, è davvero immensa e supera, anche se non tutti ci credono, quella già grandissima per avere vissuto negli anni altre esperienze incredibili come i Giochi Mondiali Special Olympics di Los Angeles e Abu Dhabi.
Oggi faccio anche parte del gruppo di esperti di Sport Unificato di Special Olympics Europa-Eurasia e del Volleyball Resource Team di Special Olympics International, con la possibilità di collaborare con persone di ogni parte del mondo per sviluppare ulteriormente questo sport, orgoglio che si unisce a quello del poter lavorare fianco a fianco ai colleghi dello staff tecnico nazionale di Special Olympics, sia della pallavolo unificata, sia delle altre discipline.
Dico spesso che mi sento un po’”il coach dei team”, perché il mio ruolo da coordinatore tecnico nazionale si concretizza nell’ascoltare le problematiche che si sono presentate in qualche squadra in giro per la penisola, per valutare insieme ai vari tecnici le possibili soluzioni, spronare le Associazioni Sportive ad organizzare tornei e meeting, contribuire alla formazione degli allenatori attraverso i seminari Coach for Inclusion e aggiornare il più possibile la nostra rete su cosa si sta facendo nel mondo italiano della pallavolo unificata.
Ascoltare, spronare, coinvolgere, confrontarsi e formare (e continuare a formarsi): queste a mio parere sono le chiavi per essere un buon tecnico! A chi mi chiede cosa sia necessario nello specifico per essere un buon coach Special Olympics, rispondo che è sempre importante ricordare che gli allenamenti proposti devono essere adeguati alle capacità e alle potenzialità dei giocatori del team, atleti e partner: tutti devono essere seguiti con la stessa attenzione e accompagnati al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Indubbiamente è necessario anche essere a conoscenza delle caratteristiche dei pallavolisti Unified del proprio team, per essere certi che gli esercizi proposti siano sicuri per tutti, e sapere adattare sia gli esercizi tecnici che le modalità di comunicazione delle consegne.
Lo Sport Unificato è uno strumento potentissimo di inclusione sociale, che consente davvero di cambiare il mondo! Spero che sempre più partner si avvicinino alla disciplina della pallavolo: non c’è alcun requisito necessario, solo la voglia di impegnarsi insieme ai propri compagni di squadra, seguendo le indicazione degli allenatori.
Far parte di un Team Unified cambia, sia per gli atleti, sia per i partner, il modo con cui si guarda agli altri, permette di capire che tutti hanno dei talenti, tecnici e non, che vengono fuori quando se ne ha l’opportunità.
Spesso i ricordi più significativi che i componenti di una squadra di pallavolo unificata hanno non sono legati a particolari vittorie, ma proprio all’essenza stessa di essere un team, al coinvolgimento che tutti provano all’interno di un gruppo in cui nessuno giudica o è giudicato. Si può vivere così lo sport nella sua essenza più pura: durante un evento una partner mi ha detto «la pallavolo è bella, ma la pallavolo unificata è molto meglio!», e io sono decisamente d’accordo!
Nei giorni scorsi si è conclusa la Settimana della Pallavolo di Special Olympics (Volleyball Week), iniziativa tutta italiana che, con modalità particolari legate alla situazione che tutti stiamo vivendo, ha comunque coinvolto in ogni regione team, istituti scolastici, squadre federali (anche di altissimo livello!), sostenitori, fan e grandi testimonial.
Le #SQUADREaRETE che si sono unite in questa iniziativa sono moltissime e speriamo che, quando si potrà nuovamente tornare realmente in campo, il numero degli atleti e dei partner, ma anche dei loro tifosi, sia ulteriormente cresciuto! Un solo avviso per chi proprio nella scorsa settimana ha conosciuto il programma Special Olympics, grazie alla Volleyball Week: una volta entrati in questo mondo di sport, impegno, sfide e inclusione non potrete più farne a meno!
Coordinatrice tecnica nazionale della pallavolo unificata di Special Olympics Italia.
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