Dimenticateci il 21 marzo, ricordateci gli altri 364 giorni dell’anno!

«Noi esistiamo sempre, non solo il 21 marzo: forse sarebbe meglio essere dimenticati per un giorno e ricordati invece tutti gli altri 364 giorni dell’anno»: è un messaggio forte, quello delle persone con sindrome di Down e dei loro familiari che fanno riferimento all’Associazione ANFFAS, lanciato, in vista della Giornata Mondiale delle Persone con Sindrome di Down del 21 marzo, in una lettera inviata alla ministra delle Disabilità Stefani. Un messaggio che parla di diritti negati, di stigma, di vaccinazioni ancora non garantite, ma anche di autodeterminazione e autorappresentanza

Giovane con sindrome di Down con dito puntato«Noi esistiamo sempre, non solo il 21 marzo: forse sarebbe meglio essere dimenticati per un giorno e ricordati invece tutti gli altri 364 giorni dell’anno»: lo hanno scritto le persone con sindrome di Down e i loro familiari che fanno riferimento all’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), in una lettera inviata in vista della Giornata Mondiale delle Persone con Sindrome di Down del 21 marzo alla ministra delle Disabilità Erika Stefani, in attesa di vederla direttamente durante l’ANFFAS Day online del 27 marzo, centrato sul tema Liberi di scegliere, dove e con chi vivere, già ampiamente presentato in altra parte del nostro giornale.
«Questa lettera – commenta Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS – è un vero e proprio appello, che vede le persone con sindrome di Down dell’ANFFAS e i loro familiari rivolgersi, per tramite dell’Associazione, alla ministra Stefani, per far capire in maniera diretta tutto quello che hanno passato, ma anche quello che non vogliono più vedere accadere, ossia servizi mancanti, offese, pregiudizi e tanto altro ancora».

Scritta infatti in linguaggio Easy to Read (“facile da leggere e da comprendere”), la lettera contiene le speranze, le paure e le aspettative delle migliaia di persone con sindrome di Down e dei loro familiari che fanno parte dell’ANFFAS e che hanno vissuto a causa della pandemia in corso momenti terribili che purtroppo ancora sembrano non avere fine.
«Una lettera – sottolineano dall’Associazione – che parla di diritti negati, di offese, di servizi sanitari e riabilitativi carenti o mancanti, di inclusione scolastica e inserimento lavorativo ancora di là da venire, di vaccinazioni ancora non garantite, di identificazione della persona con la sua sindrome, facendo quindi ben capire come il concetto di “persona al centro di tutto” sia ancora molto lontano dall’essere effettivo nella nostra società».
«Una lettera – aggiungono – che assume un tono di dolore quando vengono ricordati i durissimi momenti che molte persone con sindrome di Down, risultate tra quelle maggiormente esposte ai rischi connessi al contagio, hanno dovuto affrontare in questa pandemia, spesso ricoverate senza poter avere l’assistenza dei propri familiari, portate e lasciate quindi da sole in ospedale, dove purtroppo il personale non sempre è in grado di gestire situazioni di emergenza con chi ha una disabilità intellettiva o un disturbo del neurosviluppo e si ritrova ricoverato, in un posto e con persone che non conosce, con la sua vita completamente stravolta ed enormi difficoltà a farsi capire e a capire ciò che sta accadendo. Ma è anche un testo che ripone speranza nel futuro, che sottolinea fattori importanti come l’autodeterminazione, l’autorappresentanza – purtroppo ancora oggi non conosciuti e non da tutti presi in considerazione – nonché gli sforzi compiuti per affrontare la pandemia».

«Sono persone – annota ancora Speziale – che non chiedono di tornare al “prima” del Covid, perché quel “prima” non va comunque bene, non riporta ad una società che riconosce pieni diritti e pari opportunità, ma, anzi, ad un sistema che stigmatizza e non include, ma emargina. Chiedere dunque di non essere ricordati in un giorno universalmente riconosciuto come “il loro” indica che le persone con sindrome di Down sono davvero stanche di non vedere rispettati i propri diritti e oggi lo possono dire dalla loro diretta voce».

«Quello che ci auguriamo – conclude il Presidente dell’ANFFAS – è che le nostre parole non cadano nel vuoto, ma vengano invece prese nella giusta considerazione, perché mai come oggi è necessario un forte cambiamento nella nostra società, sotto ogni punto di vista e siamo fermamente decisi a fare in modo che questo avvenga, dando la piena disponibilità a collaborare, perché non vogliamo più essere spettatori, ma protagonisti attivi. E perché è compito dello Stato e responsabilità delle comunità rimuovere le barriere alla partecipazione e garantire pieni diritti e pari opportunità. L’auspicio, dunque, è che la ministra Stefani faccia proprio questo appello e ci aiuti a raggiungere tali obiettivi». (S.B.)

A questo e a questo link sono disponibili i testi della lettera inviata alla ministra delle Disabilità Stefani, rispettivamente in versione tradizionale e in versione “facile da leggere e da comprendere”. Per ulteriori informazioni: comunicazione@anffas.net.

La Giornata Mondiale sulla Sindrome di Down
Si tratta di un appuntamento internazionale – voluto da DSI (Down Syndrome International) e sancito ufficialmente anche da una Risoluzione dell’ONU del 2012 – nato per diffondere una maggiore consapevolezza e conoscenza sulla sindrome di Down, per creare una nuova cultura della diversità e per promuovere il rispetto e l’inclusione nella società di tutte le persone con sindrome di Down.
La scelta della data del 21 marzo non è casuale: la sindrome di Down, infatti, detta anche trisomia 21, è caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più – tre invece di due – nella coppia cromosomica n. 21 all’interno delle cellule.
Connect (“Connettere”) è il tema scelto per la Giornata di quest’anno, allo scopo appunto di mettere in connessione la comunità mondiale delle persone con sindrome di Down, per continuare a sostenere pari diritti e opportunità in un anno come questo che ha visto la pandemia, in tutto il mondo, costringere ciascuno ad adattare i modi stessi in cui si resta connessi e uniti.

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