Perché non ripartire con musei pienamenti accessibili?

di Stefania Delendati*
Tempo di pandemia, la cultura si reinventa: emblematico è il caso dei musei – quasi 5.000 quelli aperti al pubblico nel nostro Paese -, fisicamente chiusi ma visitabili virtualmente, con modalità che si avvicinano molto a quelle utilizzate dalle persone con disabilità le quali, incontrando ostacoli a volte insuperabili, da sempre devono usare il web per coltivare le loro passioni. Ma perché non sfruttare questo periodo sospeso per costruire una ripartenza all’insegna della piena accessibilità? Alcune esperienze già felicemente attuate dimostrano che sarebbe del tutto possibile
Maria Venditti di fronte alla "Venere in conchiglia" nel Parco Archeologico di Pompei
Maria Venditti di fronte alla “Venere in conchiglia” nel Parco Archeologico di Pompei

Tempo di pandemia, la cultura si reinventa. Emblematico è il caso dei musei, fisicamente chiusi ma visitabili virtualmente, con modalità che si avvicinano molto a quelle utilizzate dalle persone con disabilità, le quali, incontrando ostacoli a volte insuperabili, da sempre devono usare il web per coltivare le loro passioni. Ma perché non sfruttare questo periodo sospeso per costruire una ripartenza all’insegna della piena accessibilità? Alcune esperienze dimostrano che è possibile, ma cominciamo snocciolando qualche dato.

L’Italia dei musei conta un patrimonio quantificabile in quasi 5.000 istituzioni aperte al pubblico, diffuse capillarmente: in un Comune italiano su tre è presente almeno una struttura museale, alcuni paesi con meno di 2.000 abitanti arrivano a contare sino a 5-6 piccole istituzioni di carattere storico-artistico (dati ISTAT).
Le Regioni più “ricche” sono la Toscana (553), l’Emilia Romagna (454), la Lombardia (433), il Piemonte (411), il Lazio (357) e il Veneto (304). Avviata, ma ancora incompleta, la digitalizzazione del patrimonio. Solo il 10% dispone di un catalogo digitale e soltanto un’istituzione su dieci è visitabile in modo virtuale. Limitato anche l’utilizzo di tecnologie interattive: meno della metà, infatti, fornisce ai visitatori supporti come smartphone o tablet, sale multimediali, tecnologia QR Code e percorsi di realtà aumentata.

Meglio sul fronte della comunicazione: oltre la metà, infatti, ha un sito web dedicato e un account sui social media. Parecchio da fare anche sul piano dell’accessibilità. Malgrado questo patrimonio di bellezza e cultura sia in grado di mobilitare più di 128 milioni di visitatori all’anno, nonostante il nostro Paese vanti eccellenze assolute come Pompei per tutti, il più grande itinerario archeologico fruibile del mondo, numerose realtà presentano barriere fisiche e sensoriali che impediscono alle persone con disabilità il pieno accesso delle risorse disponibili.
Appena il 53% dei musei italiani è attrezzato con rampe, bagni accessibili ed elevatori (Umbria, Emilia Romagna, Lombardia e Lazio le Regioni più virtuose), poco più di uno su dieci (12%) offre percorsi tattili e informativi per persone ipovedenti e non vedenti, principalmente in Puglia, Veneto, Sardegna e Lazio, mentre per quanto riguarda l’assistenza specializzata, le strutture più fruibili si trovano in Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e nella Provincia Autonoma di Bolzano.

L’indagine ISTAT non fa cenno alle barriere della comunicazione che impediscono la partecipazione alla cultura delle persone sorde. Qualcosa ultimamente si è mosso, ed è bello che sia capitato proprio nel 2020, l’anno primo della pandemia. È accaduto nel cuore dell’Emilia Romagna, a Parma, nel Museo d’Arte Cinese ed Etnografico e nel Museo Diocesano. Con il progetto congiunto Insieme al Museo, nel maggio dello scorso anno si sono aggiudicati il secondo posto nel bando promosso dal Comune nell’àmbito di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020-2021. L’iniziativa che hanno elaborato si rivolge appunto alle persone con deficit cognitivi e ai loro caregiver. Attraverso un’esperienza multisensoriale e interattiva, guidata da operatori formati appositamente, si potranno visitare gli spazi espositivi delle due realtà, concludendo il percorso con una pausa caffè insieme, per vivere il museo come luogo di convivialità. Per sedimentare il ricordo, inoltre, verrà consegnato materiale fotografico da portare a casa. Va detto che entrambe le storiche istituzioni della Città Ducale sono da tempo impegnate in progetti di inclusione.
Le sale espositive del Museo Cinese ed Etnografico, restaurate nel 2012, sono prive di barriere architettoniche e dotate di pannelli ed espositori ad altezza adatta alle persone in sedia a rotelle; nel 2017 il Museo Diocesano è stato oggetto di un’iniziativa per potenziare l’accessibilità del complesso monumentale di Piazza Duomo a Parma, comprendente anche la Cattedrale e il Battistero, mediante un percorso tattile con modelli 3D.

Finiti dunque i tempi del museo-luogo statico
che conserva ed espone, oggi esso diventa un serbatoio che promuove l’inclusione nella vita civile, sociale e culturale, fornendo nuovi stimoli di relazione al di fuori degli ambienti di cura e domestici.

Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Musei, una ripartenza nel segno dell’accessibilità”). Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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