Farida, che lotta contro lo stigma della disabilità in un Paese dell’Africa

di Angelo Ravasi*
In un Paese dove le donne sono spesso ai margini, tanto più se hanno una disabilità, Farida Bedwei, ingegnere e cofondatrice di una società di tecnofinanza, cui venne diagnosticata poco dopo la nascita una paralisi cerebrale, non si è fermata di fronte ad alcun muro e sta trovando il modo di far capire che la disabilità non può e non dev’essere uno stigma, rivolgendosi soprattutto ai bambini e alle bambine. Lo fa anche tramite un fumetto da lei stessa creato, la cui protagonista è una supereroina con paralisi cerebrale, che non si ferma davanti a nulla grazie alle sue stampelle
Farida Bedwei
Farida Bedwei

Ci vuole fantasia e molto coraggio, cose che non mancano a Farida Bedwei. Ingegnere del software ghanese e cofondatrice di Logicifel, una società fin-tech [financial-technology, N.d.R.] in Ghana, scrittrice e creativa. Per combattere un handicap, di cui lei stessa soffre, e dimostrare che le persone con disabilità hanno punti deboli e punti di forza come tutti gli altri, si inventa un fumetto, una supereroina, anche lei con paralisi cerebrale, che non si ferma davanti a nulla grazie alle sue stampelle che diventato il simbolo della sua forza, del suo superpotere.

Farida è una donna che si è fatta strada in una società, quella ghanese ma un po’ di tutta l’Africa, dove possono solo i maschi. Nel continente africano le donne, pur essendo il vero motore della società in generale e di quella familiare, non hanno ancora la considerazione che meritano. Anzi, sono spesso vessate, messe ai margini, sono precluse loro quelle attività, quei lavori che i maschi pretendono di tenersi per sé, perché non “adatti” alle donne. Insomma, la presunzione maschile regna sovrana. Ma Farida è riuscita laddove molti maschi non sono stati in grado di affermarsi.
Oltreché donna, però, Bedwei ha anche una disabilità. Un’onta in Africa. La disabilità, infatti, non è certo accettata, anzi è vista come una maledizione che piomba cupa sulla famiglia. Non è stato così per Farida. Anzi è diventata il motore stesso della sua esistenza.

Il giorno dopo la nascita a Farida viene diagnosticata una paralisi cerebrale. È nata a Lagos in Nigeria e ha trascorso la sua prima infanzia vivendo in tre Paesi diversi – Dominica, Grenada e Regno Unito – a causa del lavoro di suo padre con il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite. All’età di 9 anni la sua famiglia si traferisce in Ghana. Per la giovane Farida la famiglia è stata fondamentale. Il padre capisce la passione per computer della ragazza all’età di 15 anni e da lì parte la sua carriera.
Munita di stampelle a causa della sua disabilità, Farida non si è fermata davanti a nessun muro. Li ha superati con grande abilità. Ma non le è bastato tutto ciò. Non è sufficiente fare carriera, nonostante donna e disabile. Vuole fare qualcosa di più. Trovare il modo di dire a tutti, in particolare ai bambini, che la disabilità non è un impedimento, anzi è una forza. Lei stessa, in un’intervista ad «Africanews», ha spiegato che le «persone con disabilità sono descritte come deboli, ma abbiamo punti deboli e punti di forza come tutti gli altri ed è ora che l’attenzione si sposti da ciò che non possiamo fare a ciò che possiamo fare».

Copertina del libro "Definition of a Miracle" di Farida Bedwei
La copertina del libro “Definition of a Miracle” di Farida Bedwei

Così inizia la sua battaglia in difesa dei diritti delle persone con disabilità. Scrive un libro intitolato Definition of a Miracle, che lei stessa definisce come un «racconto di fantasia di alcune esperienze che ho avuto da bambina, crescendo con paralisi cerebrale in Ghana».
Come in molti Paesi africani, e il Ghana non fa differenza, esistono leggi per la difesa dei diritti dei disabili, ma rimangono sulla carta, hanno poca efficacia. Non riescono a incidere sulla realtà, faticano a scalfire le credenze e le superstizioni ancestrali. Leggi che rimangono lettera morta [il Ghana ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità il 31 luglio 2012, N.d.R.].

Farida, dunque, si chiede cosa possa fare per cambiare le cose. Come far capire, soprattutto ai bambini, che la disabilità non è uno stigma, che anche con delle stampelle puoi fare ciò che vuoi e non sei da meno degli altri, i cosiddetti “normodotati”. Che puoi essere un eroe, anche se devi usare dei bastoni per poterti muovere. Nasce così un fumetto che ha come protagonista la supereroina Karmzah. Farida crea un personaggio straordinario, una guerriera (che poi è lei) che usa le stampelle – che l’aiutano a camminare – per combattere contro i cattivi e difendere i deboli. Con quelle due stampelle fa acrobazie in volo, corre e salta, ma guai a perderne una.
L’idea di creare il fumetto – diventato un cartone con l’animazione creata dal team Leti Arts in Ghana, società di videogiochi di Accra – è nata per dare consapevolezza ai bambini con paralisi cerebrale di poter essere fieri di se stessi e far comprendere che si possono fare tante cose, dalle più normali alla più straordinarie. Quelle stampelle, che per molti sono un impiccio, qualcosa da nascondere, per Karmzah (alter ego dell’archeologa Morowa Adjei) sono la sua forza, il potere di supereroina deriva proprio da quelle stampelle, senza le quali non potrebbe fare nulla.
«Karmzah – racconta Farida – suona come il nome di una guerriera senza fronzoli, che sconfigge i cattivi. Con i suoi limiti, ha la paralisi cerebrale e cammina con le stampelle, ma combatte e fa acrobazie da supereroe».

Il presente testo è già apparso nella testata «Africarivista.it», con il titolo “Il coraggio di Farida, che lotta contro lo stigma della disabilità” e viene quei ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contesto – per gentile concessione.

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