Occupiamoci di quel M.O.S.T.R.O.

di Giorgio Genta
Ovvero del "Modulo Onnicomprensivo Sinergico alle Tecniche Riabilitative Olistiche", manufatto (nel senso letterale di "fatto a mano") realizzato da Giorgio Genta, di cui ci eravamo già occupati qualche tempo fa, presentandolo all'interno di una "nuova categoria di ausili", quelli cioè per "persone senza disabilità", da intendersi come genitori delle persone con gravissime disabilità i quali - con il passare dei decenni - vedono declinare le proprie energie fisiche. E siamo certi che l'ironia leggera con cui lo stesso Genta si occupa del M.O.S.T.R.O. aiuterà ancor di più a comprendere la serietà di tali questioni

Un'immagine del M.O.S.T.R.O. di Giorgio GentaChe le cose più serie possano essere oggetto di ironia, è noto da tempo immemorabile. Qualche volta con apprezzabili risultati, talvolta meno.
Ironia, humour e satira spesso si rivolgono ad esempio verso i Palazzi del Potere e chi, a vario titolo, li abita. Nonché verso le costumanze di questi ultimi. Un piccolo esempio? La definizione del termine tesoretto. Detto vezzeggiativo, infatti, era tradizionalmente usato dalle madri per indicare i figli più piccoli, assieme alla variante “tesoruccio”, assai usata dalle nonne verso i nipoti. Poi il termine arrivò in politica e venne ad indicare certe somme miracolosamente recuperate nei meandri dei bilanci degli enti e bramatissime da molti per nobili fini (ad esempio la riduzione delle tasse). Recentemente, invece, con tale dizione si è passati ad indicare un coacervo di beni di lusso – preferibilmente ori e diamanti, ma anche ville con vista sul patrimonio artistico nazionale – ammassati da amministratori e/o figure di spicco di partiti politici.
Risparmio poi ai Lettori l’esempio del termine “rimborso”, in relazione ai signori di cui sopra…

Ma torniamo alle cose serie e cosa vi è di più serio e sacro della riabilitazione? Nulla. Eppure, con il dovuto rispetto, anche sulla riabilitazione si può fare dell’ironia, meglio se lieve.
A questo punto non sono certo che definire quanto segue come M.O.S.T.R.O. ne sia un esempio ben riuscito. Non tremino per altro i bimbi: non si tratta di Cerberi, Orchi o Idre, ma solo del Modulo Omnicomprensivo Sinergico alle Tecniche Riabilitative Olistiche, nato dall’esigenza di chi scrive di riunire – per mancanza di spazio e di forze fisiche – il lettino da fisioterapia e il piano di statica in un unico manufatto (nel significato più letterale possibile del termine, cioè “fatto a mano”, come si è già potuto leggere su queste pagine all’articolo Quando passano gli anni ovvero ausili per persone… senza disabilità, disponibile cliccando qui) e  magari anche di ospitare materiale da cambio (pannolini, pannoloni, traverse, fazzolettini detergenti, tovaglioli vari, contenitori biancheria, ecc).
Il M.O.S.T.R.O. – in ossequio al suo acronimo – ha un aspetto davvero orribile. Alcuni malevoli vi trovano una sinistra rassomiglianza con tavoli da tortura medievali o persino con il tavolo tristemente noto, usato per il condannato all’iniezione letale in alcuni degli Stati Uniti.
Il M.O.S.T.R.O. in semplice «versione da fisioterapia», senza cioè gli appoggi laterali, per l'uso come piano di staticaTralasciando però le maldicenze, veniamo all’essenziale: assolve il M.O.S.T.R.O. alle funzioni per le quali è stato concepito? Gagliardamente, risponde l’autore. In sinergia infatti con l’elevatore a binario – ecco  da dove salta fuori il termine “sinergico”! – si trasporta Silvia dal letto al tavolo in versione “nuda”, vale a dire con il solo materassino impermeabile sopra il ripiano di compensato e si procede all’igiene mattutina della ragazza. Quando è pronta, linda e abbigliata con tutina griffata, la si solleva di circa 30 centimetri, si pone sotto di lei il materassino antidecubito e si procede con i 45 minuti di fisioterapia, terminata la quale la si risolleva, si toglie il materassino antidecubito, la si riposiziona sul tavolo, si sistemano le spinte laterali di contenimento, il poggiapiedi, il poggiatesta e oplà, con un sano sforzo di sollevamento sulle cerniere, si pone il tutto (Silvia compresa) in posizione quasi verticale.

L’autore è conscio – scrivendo a suo tempo a vanvera – di avere promesso lumi sul meccanismo motorizzato che avrebbe dovuto svolgere la verticalizzazione “a sforzo zero”: ebbene, fu un terribile eccesso di ottimismo! A tutt’oggi, infatti, sono naufragati miseramente i tentativi fatti con pistoni a gas, motori elettrici e con una piccola centrale nucleare a plutonio (soluzione non tanto ecologista): forse i macchinari avrebbero anche funzionato, ma al prezzo, davvero insostenibile, di eliminare i tre ripiani sottostanti al tavolo, utilissimi per riporvi ogni cosa.
E quindi il movimento avviene ancora “a trazione animale” e il sottoscritto – a mo’ di mulo che fa girare la macina – ne è il fornitore!

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