Nei pensieri dell’uomo della strada con disabilità, l’attuale momento politico ed economico è vissuto come una sorta di lungo incubo dal risveglio assai incerto. Con sgomento ha assistito infatti al crollo delle poche certezze che sorreggevano la sua esistenza. Uno Stato “relativamente sociale”, una società “parzialmente aperta” all’integrazione e soprattutto il lento, ma costante procedere di una serie di conquiste legislative e di costume che promettevano – se non un domani migliore – almeno la possibilità di non tornare indietro.
Nel giro di pochi mesi tutto questo appare in discussione e rischiamo di restare travolti dal “crollo del tempio”, di quel tempio ove un giusto scacciò i mercanti.
Dopo decenni di follie finanziarie, dunque, ora tutto il disponibile e gran parte dell’indisponibile viene rastrellato per puntellare un altro tempio, quello della finanza, che sino a pochi anni fa si ergeva superbo sulla rocca più alta.
A una finanza cosiddetta “creativa” – perché tremenda generatrice di “mostri apocalittici” (i quattro cavalieri tradizionali, pestilenza, guerra, carestia e morte hanno solo cambiato nome e ora si chiamano: partecipazione alla spesa sanitaria; tetti reddituali per le pensioni di invalidità; azzeramento del fondo per la non-autosufficienza; mancanza di risorse destinate alle politiche sociali) – è seguito il “deserto” provocato da un’intollerabile imposizione fiscale che tutto sacrifica al “dio del pareggio” in bilancio.
Quello che ci attende è forse una sorta di nuovo Medioevo, con pochi prìncipi potentissimi arroccati nei loro superbi manieri e stuoli sterminati di servi della gleba che cavano la terra con zappe di legno, vessati, rapinati, privati di ogni dignità? E ultime tra gli ultimi, moltitudini di mendicanti colpiti più che dalla maledizione di Dio dalla malvagità degli uomini, a domandare improbabili elemosine agli angoli delle strade?
Perché questa tremenda visione non diventi realtà per le persone con disabilità, è necessario elaborare una strategia che coinvolga l’intera società e che parta da una rinascita culturale di quei valori che sino a vent’anni fa hanno permesso un progresso civile che – visto a ritroso – appare straordinario.
E se nuove risorse non si possono generare senza quell’agognata crescita resa peraltro assai improbabile dal peso fiscale, cerchiamo almeno di eliminare sprechi e ruberie. Dal “meno sprecato” e dal “meno rubato”, infatti, si potrebbero ricavare somme ingentissime e destinarne la metà a placare la “fame dei banchieri anseatici” e l’altra metà a produrre nuovo lavoro, nuovi redditi, nuove politiche sociali.
Il nuovo Presidente della Repubblica (francese) come primo atto di governo si è ridotto lo stipendio e con effetto immediato. Ah, la France, la douce France… Da noi invece…
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