Riabilitazione, scuola, assistenza: sono occorsi quindici anni di storie individuali, viaggi, convegni, conferenze, dibattiti, polemiche sui giornali e commissioni ministeriali con lavori mai pubblicati per definire in tre parole quello che lega le nostre “famiglie con disabilità“ e riassume quanto crediamo di meglio oggi sia fattibile per un figlio che nasca gravemente disabile o lo divenga nella prima infanzia.
Attraverso lo studio e la pratica delle metodiche riabilitative – senza essere fisioterapisti o riabilitatori – le nostre famiglie hanno ricavato quello che a loro è parso più adatto al proprio figlio, sia sotto il profilo motorio che sotto quello intellettivo e relazionale, spesso in armonia con i professionisti del settore, ma talvolta anche in vivace contrasto.
Riabilitazione “dalla parte dei genitori”, per stabilizzare, migliorare, prolungare un’esistenza naturalmente difficile.
Poi la scuola che davvero ha aperto le porte della società ai nostri ragazzi. E se non le ha aperte spontaneamente, sono state le famiglie ad abbattere quelle che restavano ostinatamente chiuse. Anche nei tribunali.
La scuola a tutti i livelli, dalle materne all’università. Quella scuola nella quale i nostri ragazzi ottengono spesso risultati straordinari, con tante cose da insegnare ai compagni e ai professori, ad iniziare dai valori veri dell’esistenza.
E infine l’assistenza, intesa nel suo significato migliore, che è quello di stare assieme, di aiutare con partecipazione. Che significa anche ottenere quanto si ha diritto di avere, ciò per cui abbiamo lavorato e dato. Anche economicamente.
Assistenza che implica conoscenza e collaborazione con i servizi sul territorio, che spesso vanno stimolati e qualche volta informati.
È soprattutto grazie al miglioramento e all’umanizzazione dell’assistenza, specie quella domiciliare, che la prospettiva di vita per i nostri ragazzi oggi non si discosta significativamente da quella delle “persone senza disabilità” e sta così scomparendo quella tragica “forbice esitenziale” così marcata sino a pochi decenni fa.
È questo dunque “l’ABC pensiero”: riabilitazione, scuola, assistenza, il tutto che ruota sulla centralità compartecipata della famiglia, primario simbolico di questa “équipe concorde” che ha in carico i nostri ragazzi.
*Per ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi) – Federazione Italiana.
Giorgio Genta è presidente dell’ABC Liguria (Via S. Amico, 15, 17025 Loano – Savona, abclig@tin.it).
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