Dai telegiornali alle prime pagine dei quotidiani, una delle notizie di questi giorni che più sconcerta, perduta tra le varie ed eventuali dell’affaire Bankopoli, riguarda la drammatica situazione di segregazione ed emarginazione emersa a seguito di un intervento degli agenti della mobile di Pescara.
Una donna di 52 anni, con grave disabilità intellettiva, è stata “liberata” dopo una reclusione forzata durata trent’anni, rinchiusa com’era all’interno di un bagno di sei metri quadri. Una condizione di degrado cui la madre l’ha fatta languire – almeno stando a quanto riportato dagli organi di informazione – per un sentimento di vergogna.
Ancor più che l’ignoranza del genitore, descritto pure come «aggressivo», il quale sembra avere accolto i poliziotti «con urla e improperi», desta preoccupazione un’ignoranza ben più grave cui viene dato poco risalto: la non conoscenza palesata dai servizi territoriali delle problematiche di questa donna e dell’evidente disagio in cui versava la sua famiglia.
Giuseppina aveva alle spalle un’esperienza di istituzionalizzazione e riceveva da due anni una pensione di invalidità che ritirava mensilmente, accompagnata dalla madre. Nemmeno quindi in quest’ultimo arco di tempo, che avrebbe dovuto segnare la sua uscita da una presunta “invisibilità”, gli operatori sono stati in grado di farsi carico delle esigenze della donna e di garantire la tutela della sua salute e dei suoi diritti.
La mancanza di Livelli Essenziali di Assistenza e i continui tagli messi in atto in questi anni dal Governo verso i finanziamenti destinati ai servizi sociali sono una delle cause del ritardo o dell’inesistenza di questo tipo di azioni.
Come più volte ribadito negli ultimi mesi dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), queste politiche sciagurate hanno indebolito fortemente la capacità degli Enti Locali di garantire interventi fondamentali ad evitare situazioni di tale emarginazione. E lo stato delle cose non può che andare ad aggravarsi.
La “libertà” riconquistata da Giuseppina, infine, ha un sapore amaro. “Liberata” da uomini in divisa per essere traghettata verso forme di segregazione silenziose come il “suo” bagno, ma meno capaci di destare scandalo sulle prime pagine dei giornali. Se questa è Libertà…
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