Nei giorni scorsi ho telefonato al CUP Regionale del Piemonte, il Centro Unico di Prenotazione. L’operatrice, gentilissima, mi ha informato che il primo posto libero per la colonscopia di cui ho bisogno sarebbe stato il 7 marzo 2023! Mi rendo conto: sembra – questa – una notizia di carattere strettamente personale che può tranquillamente passare inosservata. In realtà non è detto che sia esattamente così e proverò sinteticamente a spiegarne le ragioni, sottolineando che non più di una settimana addietro ho richiesto un elettrocardiogramma e altri esami specialistici per mio figlio Gabriele – autistico adulto di 40 anni -: la risposta, in questo caso, è stata ottobre 2022!
È per questo, ed è partendo dai numeri contenuti nelle date, che ritengo di poter dire che forse la questione è meno personale di quanto si creda e assume, viceversa, una connotazione oggettiva che attiene ai fortissimi limiti (uso il termine più gentile che mi viene in mente) della Sanità Pubblica, con pesantissime ricadute sui caregiver e sui loro cari.
I primi, a prezzo di enormi sacrifici, tentano disperatamente – come tutti sanno – di surrogare i compiti che sarebbe dovere (dovere) dello Stato adempiere in modo puntuale e diretto. È paradossale, ma sarebbe più giusto dire “vergognoso”, che non solo ciò non avviene (e c’è la beffa di una Legge sempre annunciata, ma mai realizzata a tutela dei caregiver), ma addirittura se ne complica la vita, non facendosi carico della loro salute, rendendoli in questo modo ancora più fragili, indifesi e impotenti davanti alle realtà spesso drammatiche che soffrono quotidianamente.
Per quanto riguarda le persone con disabilità, queste mostruose liste di attesa rendono naturale attendersi un loro costante progressivo declino, perché all’insufficienza di altri tipi di interventi (ad esempio quelli di natura cognitivo comportamentale, se parliamo di autismo), non possono aggiungersi i ritardi spaventosi sul versante clinico/diagnostico.
Mi sia permesso di ricordare qui alcuni punti programmatici alla base del documento presentato in occasione della manifestazione nazionale che abbiamo tenuto il 9 settembre dello scorso anno come Famiglie Unite per l’autismo [se ne legga sulle nostre pagine a questo link, N.d.R.].
Alla richiesta di garantire percorsi ospedalieri dedicati con personale formato a gestire le persone autistiche complesse (e in generale, le persone non collaboranti e/o non autosufficienti) per le cure mediche e le indagini, prendendo spunto dalla Rete DAMA [“Disabled Advanced Medical Assistance”, ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”, N.d.R.], non si è data ad oggi alcuna risposta.
A quella, altrettanto sacrosanta, che anche nei Pronto Soccorso di ogni Provincia regionale siano predisposti percorsi preferenziali e vi sia personale medico e paramedico formato nell’accoglienza e cura delle persone autistiche, anche al fine di gestire in modo adeguato gli eventuali casi di acuzie, non è seguita alcuna iniziativa concreta. Né ci sono state iniziative rispetto alla raccomandazione che i casi di acuzie prevedano percorsi di post acuzie utili a riprendere e rimodulare pienamente ed efficacemente i Progetti di Vita personalizzati, anziché rappresentare il pretesto per un utilizzo eccessivo, dannoso e senza soluzione di terapie farmacologiche che ledono i diritti individuali e minano nel profondo la salute fisica e psichica dei nostri cari.
Nulla è cambiato: permangono ritardi e insufficienze che spesso sconfinano in una vera e propria negligenza, di cui nessuno continua purtroppo a pagare il prezzo. Alle nostre sacrosante rivendicazioni continuano a non essere date risposte concrete.
La sola speranza che ci è rimasta è che la mozione unitaria sull’autismo presentata alla Camera nei giorni scorsi trovi, ora che è stata approvata, la necessaria applicazione. Per antica esperienza, per altro, che mi deriva dagli… antichi anni che mi porto dietro, non posso tuttavia non rimarcare che le mozioni (di cui non discuto il valore simbolico e l’importanza) sono meri atti di indirizzo, appelli rivolti al Governo affinché prenda finalmente atto della drammatica condizione in cui versano centinaia di migliaia di careviger e di persone autistiche con disabilità. Io e mio figlio siamo solo due esempi, e tutt’altro che da prima pagina: un anno di attesa nel mio caso, 8 mesi lui!
Che fare? Due cose, innanzitutto: 1) rafforzare la mobilitazione; 2) unire in fretta le forze senza rincorrere sterili distinguo di sigle e siglette che non giovano a nessuno.
Per parte mia, non solo aggiungo che sono nettamente e fermamente contrario a sotterfugi che spingono verso strutture sanitarie private o in direzione di altri escamotage di piccolo cabotaggio, ma – mi sia permesso di dirlo con tutto il cuore al Presidente del Consiglio e alle forze politiche che unanimemente hanno salutato con una standing ovation la sua recente performance in Parlamento – che il Governo di un Paese civile meglio farebbe a non spendere soldi per produrre e inviare armi all’Ucraina (piuttosto faccia avere alla popolazione viveri e medicinali), ma investire sulla salute dei cittadini. Soprattutto di quelli più deboli e debolissimi ai quali non si è mai rinunciato a chiedere, spudoratamente, pesantissimo sacrifici.
Padre di un uomo con autismo (www.facebook.com/autismoIN). Autore dei libri “Mio figlio è autistico” e “L’identità invisibile. Essere autistico, essere adulto”.
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