Egregio presidente del Consiglio, più passa il tempo e più crescono i miei dubbi, che solo alcune risposte chiare e nette potrebbero fugare. Facciamo finta che sia un’intervista, tanto so già che non riceverò una risposta immediata, mi basterebbe, in fin dei conti, vedere che i fatti riescono a mettere in fuga le paure. E dunque, ecco le domande…
1. Come pensa che le famiglie delle persone con disabilità possano affrontare un eventuale ulteriore carico di spesa, in caso di riduzione delle agevolazioni sinora previste? Con quali risorse economiche?
2. Come mai ritiene sensato che ci sia un leggero beneficio nel pagamento dell’IMU [Imposta Municipale Unica, N.d.R.] solo per quelle famiglie in cui vivono persone non autosufficienti, ma più giovani di 26 anni? Lei ritiene che al compimento del ventiseiesimo anno, improvvisamente, la disabilità sparisca?
3. Perché nella riforma del lavoro non ha pensato di inserire in modo ragionato e nuovo l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità? Per caso pensa che sia tutto a posto? Ha una vaga idea di quante siano le persone disabili senza lavoro?
4. Non crede che sia il caso di interrompere il piano straordinario di controlli dell’INPS sulle certificazioni di invalidità che, dati alla mano, si è rivelato un clamoroso fiasco, con notevole spesa pubblica e percentuali altissime di ricorsi (vinti dalle persone disabili)?
5. Come pensa di controllare per davvero l’efficacia in Italia della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità? Con un Osservatorio senza poteri e che non si sa neppure quando e se viene convocato? A proposito: lei l’ha mai letta?
6. Come ritiene di valorizzare il percorso di istruzione delle persone con disabilità, premessa minima per costruire dei Cittadini alla pari, se nel frattempo la scuola riduce tempi e numeri del sostegno, e aumenta invece il numero degli alunni per classe, mentre diminuiscono i fondi per garantire i servizi di appoggio? Oppure anche lei ritiene che il modello italiano di integrazione scolastica sia superato, e si debba tornare alle “scuole speciali”, magari camuffate dalle tecnologie?
7. Le faccio un piccolo test: lei, caro premier, ha una vaga idea di che cosa si intenda per “Vita Indipendente”? Domanda di riserva: le dice niente la Legge 162/98? E se le dico le sigle LEA o LIVEAS [rispettivamente Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria e Livelli Essenziali di Assistenza Sociale, N.d.R.], si accende qualche lampadina? Le lascio qualche giorno per consultarsi con i “tecnici”.
8. Visto che sui numeri lei indubbiamente è forte, mi spiega in che modo i Comuni dovrebbero far fronte alle spese per i servizi destinati alle persone con disabilità, se nel frattempo i fondi stanziati dallo Stato, attraverso le Regioni, sono stati tagliati dell’85 per cento?
9. Non crede che l’ansia e l’angoscia di tante famiglie, che addirittura decidono di scendere in piazza, e di manifestare pubblicamente, siano un motivo sufficiente per ripensare, seriamente, alle misure di welfare che il suo Governo, peraltro sulla scia del precedente, sta prendendo? Che cosa dovrebbe succedere di peggio?
10. Sinceramente non l’ho mai sentita neppure lontanamente accennare al tema della disabilità e dei diritti di cittadinanza delle persone con disabilità in Italia. Capisco che non è un tema nelle sue corde, ma mi piacerebbe sapere che idea se n’è fatta, di questo mondo. Crede che i disabili italiani siano un peso, un fardello costoso, oppure una risorsa da valorizzare, un mondo da esplorare?
Caro Monti, non voglio metterla in difficoltà. Però ci pensi: sono domande semplici, persino banali per chi vive sulla propria pelle questi problemi. Stiamo parlando di tre milioni di italiani, più le famiglie. Come diceva il maestro Manzi, non è mai troppo tardi. Grazie per l’attenzione. Buon lavoro…
*Direttore responsabile di Superando.it. Il presente testo – qui ripreso con alcuni riadattamenti al contesto – è apparso anche in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog, con il titolo Dieci domande a Monti.