Più forte l’amministratore di sostegno

di Salvatore Nocera
Un'importante Sentenza del Tribunale di Venezia valorizza la Legge 6/2004 sull'amministratore di sostegno. L'auspicio è che molti altri giudici procedano in questo modo e soprattutto che il Parlamento si avvi verso l'eliminazione di un istituto anacronistico come quello dell'interdizione

Immagine che simboleggia l'istituto dell'amministratore di sostegnoLa Legge 6/2004, che ha introdotto in italia la nuova figura dell’amministratore di sostegno, ha avuto finora una sorte assai diversa presso le sedi giudiziarie. Infatti, molti tribunali continuano a ritenere fondamentale come mezzo di tutela delle persone non autonome nella cura dei propri interessi solo l’interdizione e l’inabilitazione, di tradizione romanistica, relegando il nuovo istituto dell’amministratore di sostegno ad ipotesi meno gravi e residuali.
Altri tribunali invece, in numero crescente, ritengono il nuovo istituto il punto di forza dell’assistenza giuridica per le persone impossibilitate in tutto o in parte a provvedere temporaneamente o per sempre alla cura dei propri interessi e relegano l’interdizione e l’inabilitazione a figure residuali, solo quando sono l’unico modo per tutelarle.

A tal proposito, il Tribunale di Venezia, con una Sentenza del 12 Settembre 2005, non solo si aggiunge a questa crescente schiera innovativa, ma va ben oltre, ritenendo l’amministrazione di sostegno l’istituto che molto meglio dell’interdizione può garantire la tutela di tali persone.
Questa sentenza rigetta infatti la richiesta di interdizione di una persona psicologicamente disturbata che si sentiva perseguitata dai vicini di casa e viveva isolata con problemi psichici per i quali era assistita dal Centro di Salute Mentale dell’ASL.

Si tratta di un provvedimento interessantissimo, perché argomenta sulla necessità giuridica di fondare la scelta dell’amministratore di sostegno sugli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, in quanto la Legge 6/2004 garantisce, molto più dell’interdizione, i diritti delle persone una volta qualificate dal Codice Civile come «incapaci di intendere e di volere».
Tra i diritti umani, infatti, la Sentenza ritiene debba annoverarsi anche quello riconosciuto dall’articolo 1 della nuova legge che vuole la tutela di queste persone «con la minore limitazione possibile della loro capacità di agire giuridicamente».
Inoltre, l’articolo 3 comma 2 della Costituzione fa obbligo alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono l’eguaglianza di fatto dei cittadini. Il Tribunale di Venezia ritiene quindi correttamente che l’obbligo della Repubblica sia rivolto anche ai magistrati, i quali debbono adottare provvedimenti «solidaristici», ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione stessa, consistenti proprio nel garantire servizi e sostegni che migliorino la qualità della vita delle persone più svantaggiate.
Ancora un’annotazione: il provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno, puntando ad una migliore qualità della vita degli amministrati, ne garantisce anche una migliore salute, e, sotto questo profilo, il Tribunale cita pure le norme della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.
Questo per quanto riguarda l’impianto formalmente normativo.

Il Tribunale di Venezia, però, dimostra anche che il progetto giuridico personalizzato predisposto dal Giudice Tutelare su misura dei bisogni di ciascun beneficiario dell’amministrazione di sostegno è a quest’ultimo decisamente più giovevole che non la nomina di un tutore, ciò che lo priva invece – totalmente – della capacità di agire e che si preoccupa fondamentalmente della conservazione del suo patrimonio e molto meno della sua vita quotidiana, dei bisogni, degli interessi esistenziali, delle aspettative e aspirazioni. Infatti, con l’interdizione, non si può modellare un progetto di vita personale, come invece è previsto dall’amministrazione di sostegno.
Un progetto giuridico personalizzato – sostiene il Tribunale – può pure prevedere la predisposizione di un progetto riabilitativo, gestito dall’ASL e di uno sociale, gestito dal servizio sociale di territorio, unitamente con l’apporto del volontariato, dei familiari e delle reti informali di solidarietà.
Il ruolo quindi dell’amministratore di sostegno non è solo quello di essere un legale rappresentante o assistente, ma quello di un consigliere  che segue da presso la persona che comunque può svolgere gli atti necessari della vita quotidiana.

Restando proprio alla possibilità di compiere atti giuridici della vita quotidiana, senza  la necessità di togliere la capacità al beneficiario di agire giuridicamente, il Tribunale si pone due importanti problemi, che risolve in modo molto rasserenante.
Il primo di essi riguarda eventuali atti che eccedano i poteri attribuiti al beneficiario dal Giudice Tutelare con il provvedimento personalizzato. In tali casi, si ricorrerà all’annullamento di tali atti e quindi il beneficiario è tutelato ai sensi dell’articolo 428 del Codice Civile.
Quanto al secondo problema, si tratta dell’eventuale responsabilità civile dell’amministratore per  eventuali danni arrecati dal beneficiario a terzi.
Siccome l’articolo 2047 del Codice Civile impone a chi ha la custodia di una persona incapace, di risarcire il danno da essa provocato, il Tribunale ha precisato che nel provvedimento personalizzato il Giudice Tutelare possa espressamente escludere la responsabilità dell’amministratore per tali fatti.
Infine, la Sentenza veneziana ha applicato all’amministratore di sostegno le norme dettate per il tutore provvisorio, nominando un amministratore di sostegno provvisorio, in modo che la persona – prima ancora che il Giudice Tutelare cui la pratica è stata rinviata provveda a nominare l’amministratore definitivo – non rimanga temporaneamente priva di assistenza giuridica.

La Sentenza del Tribunale di Venezia del 12 settembre 2005 è senz’altro esemplare per la lucidità delle argomentazioni, per l’attenzione umana alla dignità e alla qualità della vita delle persone svantaggiate, per il coraggio con cui ha rotto un vero e proprio tabù, ovvero quello della necessità di interdizione nei casi di soggetti con turbe psichiche gravi.
In molti passaggi del testo si colgono gli echi dei penetranti scritti di Paolo Cendon, considerato “il padre della legge” per il suo impegno professionale e culturale su questi problemi.
Ci si augura a questo punto che tanti altri giudici abbiano la stessa capacità di penetrazione dello spirito e della lettera della nuova Legge 6/2004, ma ancor di più ci si augura che sentenze come questa creino una nuova cultura giuridica che spinga il Parlamento ad abrogare definitivamente – come ha già fatto ad esempio la Germania – il vetusto e anacronistico istituto dell’interdizione, dal momento che l’amministratore di sostegno risponde molto meglio alla tutela della sfera giuridica ed esistenziale delle persone svantaggiate.

Il testo integrale della Sentenza del Tribunale di Venezia del 12 settembre 2005, è disponibile – a cura del nostro sito – cliccando qui.

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