Utilizzare uno spazio non accessibile alle persone con disabilità per allestire e organizzare mostre aperte al pubblico rappresenta una discriminazione. Ne siamo stati convinti fin dal primo momento, quando, su segnalazione della LEDHA Monza e Brianza, i legali del nostro Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi hanno iniziato a occuparsi della vicenda dell’Arengario di Monza [di tutta la vicenda si legga già ampiamente anche sulle nostre pagine a questo link, N.d.R.]. Era il gennaio 2020 e in quel periodo presso la bellissima struttura del centro storico di Monza era in programma una mostra dedicata al fotografo Steve Mc Curry. Una mostra che -hanno scritto i giornali locali- ha riscosso un grandissimo successo di pubblico, ma di cui non hanno potuto godere le persone con disabilità motoria.
A due anni e mezzo di distanza il Tribunale di Milano (un ente terzo, giova ricordarlo) ci ha dato ragione, riconoscendo la discriminazione indiretta. «L’omessa predisposizione da parte dell’amministrazione di misure volte a eliminare le barriere architettoniche in un luogo destinato alla frequentazione collettiva, sebbene possa apparire una condotta neutra, è idonea a incidere, di fatto, nella sfera soggettiva di tutti i portatori di disabilità motoria», ha scritto il Giudice nella Sentenza. Un testo lungo e articolato (disponibile a questo link) in cui si sottolinea anche come, a seguito della scelta del Comune di Monza di organizzare un ciclo di mostre (sei in totale) in uno spazio non accessibile le persone con disabilità motoria «sono state estromesse in via ingiustificata dalla partecipazione alla vita sociale».
Dalla prima lettera inviata dal nostro Centro Antidiscriminazione al Comune di Monza alla Sentenza sono trascorsi due anni e mezzo. Un periodo di tempo molto lungo in cui -nonostante la pandemia da Covid i nostri rappresentanti, quelli della LEDHA Monza e Brianza e quelli del CRABA (Centro Regionale per l’Accessibilità e il Benessere Ambientale), hanno incontrato gli esponenti del Comune, ci sono stati scambi di e-mail, l’invio di nuove diffide.
Per la nostra Federazione si tratta di una prassi consolidata: il dialogo con le Amministrazioni locali (di tutti i colori e di tutti gli orientamenti politici) rappresenta infatti il primo passo nonché la strada più veloce per la risoluzione dei problemi delle persone con disabilità che -ricordiamo – il nostro Centro Antidiscriminazione assiste gratuitamente.
Se il Comune avesse dato ascolto alle nostre richieste e avesse lavorato per trovare una soluzione di compromesso, sarebbe stato possibile evitare il ricorso – con il conseguente dispendio di denaro pubblico – e si sarebbero organizzate delle mostre in spazi accessibili veramente a tutti.
Come ricordiamo spesso, l’accessibilità non è un tema che riguarda solo le persone con disabilità motoria, se è vero che anche una mamma con il passeggio o un anziano che fatica a salire le scale avrebbero potuto trarne ugualmente beneficio.
Il dialogo, però, presuppone la disponibilità da parte di due soggetti a confrontarsi per trovare un compromesso e risolvere un problema o, in questo caso, far cessare una discriminazione.
La nostra richiesta, fin dal principio è sempre stata chiara: trasferire le mostre presso uno spazio accessibile, in attesa di rendere accessibile alle persone con disabilità motoria l’Arengario. Dopo un anno di trattative e incontri, di fronte all’indisponibilità del Comune ad accogliere le nostre richieste, è stato inevitabile presentare il ricorso in tribunale, che è stato depositato nel maggio dello scorso anno.
Siamo per altro sempre estremamente riluttanti nel fare ricorso ai Tribunali per ottenere giustizia. Parlano chiaro, in questo senso, i numeri delle relazioni annuali del nostro Centro Antidiscriminazione: nel corso del 2021, a fronte di 720 interventi di consulenza legale, abbiamo presentato solo due ricorsi ex Legge 67/06 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, N.d.R.].. Quando lo facciamo promuoviamo ricorsi contro Amministrazioni prescindendo dal colore politico.
Il nostro ruolo, da sempre, vuole essere quello di sollecitare le Amministrazioni locali a “correggere il tiro”, ad adottare le migliori normative esistenti e a migliorare le politiche, in linea con i princìpi universali, quando si presentano problemi o situazioni di potenziale discriminazione. Un’attività che da parte nostra richiede lavoro, studio e impegno, ma che necessita, dall’altra parte, di disponibilità all’ascolto e al compromesso. Una combinazione che, purtroppo, non sempre si verifica.
Le barriere presenti nelle nostre città sono ancora tante, troppe. Si dovrebbero fare certamente più segnalazioni pubbliche e forse anche più ricorsi: noi saremo sempre al fianco delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni che vorranno intraprendere queste strade. Ma non è questa la prima né tanto meno l’unica strada che vogliamo perseguire e siamo sempre disponibili al dialogo con le Istituzioni, ma dev’essere un dialogo costruttivo e rispettoso dei princìpi e delle norme a tutela di tutti i cittadini, compresi quelli con disabilità.
La LEDHA è la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
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