La legislazione inglese relativa ai diritti delle persone con disabilità è regolata principalmente da due atti del Parlamento: uno è il Disability Discrimination Act (DDA), risalente al 1995, l’altro è il DDA 2005, approvato lo scorso anno, che è andato ad integrare il precedente provvedimento.
Uno degli arricchimenti più significativi apportati dalla legislazione più recente è stato quello riguardante l’estensione della tutela per le persone con patologie progressive – come il cancro, l’HIV o la sclerosi multipla – a partire dal momento stesso della diagnosi.
Tali persone, infatti, erano già tutelate dalla legislazione vigente, ma solo dal momento in cui i sintomi della patologia cominciavano a manifestarsi nella loro gravità, compromettendo la loro capacità lavorativa.
Questa condizione veniva a creare una situazione in cui i datori di lavoro senza scrupoli avrebbero agito nel pieno rispetto dei propri diritti, optando per il rifiuto di una persona cui fosse stata diagnosticata una seria patologia, prevedendo cioè per il futuro un’anticipata interruzione del rapporto lavorativo.
La nuova legge vieta invece la discriminazione diretta o in altre parole il rifiuto di assumere una persona in quanto – ad esempio – HIV positiva.
Il DDA 2005 fa riferimento ai datori di lavoro anche nel momento in cui fissa come loro dovere lo sviluppo di “accorgimenti ragionevoli” che tengano conto della disabilità del dipendente.
Com’è ormai noto, questo sta a significare che nel caso della presenza di una persona con disabilità fisica, il responsabile dovrebbe impegnarsi a rendere l’ambiente di lavoro accessibile, a provvedere alla realizzazione di servizi igienici anch’essi accessibili e all’eliminazione di barriere che potrebbero rendere il lavoro di queste persone più difficile a causa della disabilità.
Per le persone con disabilità sensoriali le azioni dovrebbero invece comprendere la messa a punto di un sistema appropriato di illuminazione, la presenza di tecnologia assistita (display in braille ecc.) o anche l’assunzione di un dipendente aggiunto per il supporto alla persona con disabilità, nello svolgimento del suo lavoro.
Il livello dell’”accorgimento” dipende da quello che una corte potrebbe considerare come “ragionevole”: generalmente, più importante è la compagnia, più soldi ci si aspetta che spenda per questi interventi.
Oggi dunque anche le persone che presentano patologie progressive reclamano “accorgimenti ragionevoli”, ciò che si traduce in permessi lavorativi per gli appuntamenti in ospedale, disposizioni di lavoro più flessibili, break di riposo più frequenti o anche nel cambiamento delle sedie dell’ufficio o in altri aggiustamenti che possano aiutarli a superare il dolore cronico.
Alcuni datori di lavoro sono stati presi in contropiede dalla nuova legge, entrata in vigore durante l’inverno dello scorso anno. La loro “confusione”, poi, è aumentata perché un gruppo di persone che in teoria non potrebbero essere definite “disabili” – specie quelle i cui sintomi non si siano ancora esplicitati – sono ora protette da una legislazione che contempla gli stessi diritti riguardanti le persone con disabilità.
(Giuliano Giovinazzo)
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